È proprio vero che in questo Paese non si sa mai a che santo votarsi. Un anno e mezzo fa, all’inizio del lockdown ci davano per spacciati. Ma soprattutto noi stessi ci davamo per spacciati. Sulla scorta di approfonditissime analisi di molti commentatori, apparentemente tra i più informati, italiani e stranieri, si diceva che non ci saremmo mai più ripresi, non ci saremmo più rialzati da una crisi come questa, di portata epocale, dopo un blocco quasi totale delle attività produttive, il mondo imprenditoriale azzerato e tanti mesi chiusi in casa da bravi e obbedienti cittadini. È stato un periodo lunare. Sembrava di stare sulla prua del Titanic dopo la collisione con un iceberg, in pieno Oceano Atlantico, in attesa di affondare. E senza ciambella. Proprio una brutta sensazione. Un’impressione da fine dell’Impero che immagino abbia creato non pochi stati di depressione in molte persone, giovani e anziane, perché non bastava soffrire d’ansia a causa del pericolo d’essere infettati, ma ci venivano fatte vedere nubi nerissime all’orizzonte, costretti a temere seriamente per il nostro futuro.
Adesso invece, sembra di stare un palmo da terra, sospesi come per magia, dopo un’estate di vittorie strepitose nel calcio europeo e ai giochi olimpici di Tokyo. Anche l’economia ha fatto un salto di qualità che non ti aspetti, che nessuno si aspettava, un balzo davvero di notevoli dimensioni. Par di capire come nessun’altro in Europa, perché si parla di un PIL che va oltre il 6%. Numeri da secondo dopoguerra. Una crescita alla cinese. Una crescita strepitosa e irrefrenabile che oggi fa gridare al miracolo quegli stessi commentatori che annunciavano sventure. Adesso come un anno e mezzo fa, di tutto questo non ci sono analisi convincenti che giustifichino queste affermazioni e dunque, un’altra volta, bisogna prendere per buono quel che ci viene detto. Adesso siamo i migliori in tutto. Nello sport, nell’economia e nella politica, visto che abbiamo saputo catturare, come si dice, il miglior fico del bigoncio, nelle vesti del nostro presidente del consiglio.
Ma è mai possibile che in pochi mesi quel che sembrava una Caporetto sia diventato un Eden? Siamo davvero di fronte a un miracolo? Per capire, non essendo degli specialisti, ancora una volta, con pazienza, bisognerà affidarsi a quegli stessi commentatori che sguazzano nei talk-show, capaci di analisi mirabolanti e di rimasticazioni congiunturali da fare invidia a un cammello, fatte di “insopportabili semplificazioni narrative”, tutte sempre a sfavore del Paese, perché dire che tutto va male è l’unica maniera per avere visibilità. Qualcuno, per la verità, come stanno le cose lo studia e lo scrive, ma evidentemente non conviene tenerne conto, per cui nessuno o quasi si accorge che, non da ieri, “Siamo la seconda economia manifatturiera in Europa. Come il rapporto di Confindustria ricorda a livello mondiale ci troviamo al settimo posto nella graduatoria dei paesi produttori e al nono in quella degli esportatori manifatturieri. Tenendo conto di un indicatore più complesso, il Trade Perfomance Index – che permette di valutare comparativamente la competitività settoriale – raggiungiamo addirittura il secondo posto mondiale nell’export manifatturiero, subito dopo la Germania” (Ramella, 2021).
Dunque, non è un Eden e quello che stiamo vedendo e non è un miracolo. Semplicemente, il Paese è molto migliore e molto diverso da come ce lo raccontano. E soprattutto non ha quasi nulla a che fare con le mosche cocchiere di questa politica, dispensatrice di paure, quando invece servirebbe infondere fiducia e tranquillità. Fortunatamente, esistono percorsi indipendenti, autonomi e virtuosi. Prima o poi impareremo anche a vagliare le profonde storture dell’informazione dove si mostra, ad arte, una realtà che non è.
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