Qualche giorno fa ho scritto alcune righe sulle ragioni, a mio parere, della sconfitta del centrodestra a Varese. Vorrei ora sottolineare i motivi principali del successo di Galimberti e del centrosinistra, che assume, all’interno di un quadro di rinnovi amministrativi, una dimensione anche nazionale. Questo per il carico politico che, impropriamente, ha caratterizzato la tornata varesina con l’eccessiva presenza di Salvini in città.
Il punto di partenza è la buona amministrazione dimostrata in questi cinque anni da Galimberti e dalla sua Giunta. L’attivismo del primo quinquennio messo a confronto con i due mandati di Fontana e gli anni precedenti di Fumagalli hanno dato l’evidenza ai cittadini e a chi aveva un pregiudizio ideologico, di quanto si poteva “fare” e di quanto, invece, non è stato fatto dalle giunte leghiste.
Il secondo aspetto sottovalutato dal centrodestra, e forse il principale, è stato il sistema di relazioni instaurato dal centrosinistra, dal Sindaco e dalla Giunta con la società varesina.
Il centrodestra, e in particolare la Lega si è immaginato una società varesina ferma al suo dominio e soprattutto ha ritenuto che il sistema di “potere romano” potesse ancora mettere a segno una serie di punti utili per portare alla vittoria. E si è autoconvinto che l’Amministrazione Galimberti si fosse chiusa a Palazzo Estense.
Niente di più sbagliato. Pensare che i mondi vitali e la società nel suo complesso intorno a Palazzo Estense non fossero cambiati in un lustro ha mostrato l’estraneità nei confronti della città non solo del candidato Bianchi, ma anche e soprattutto di chi lo ha affiancato consigliandolo, e cioè “colonnelli” leghisti e reduci del centrodestra dall’assemblea municipale, questi ultimi già protagonisti in negativo di una stagione di scarsa brillantezza e poco acume politico.
I rapporti, le relazioni poste in essere da Galimberti e dalla Giunta, tuttavia, non devono essere confusi con le solite modalità del ventennio precedente, atte a produrre solo fedele contiguità.
No, dobbiamo parlare di tutt’altro al riguardo. Ovvero di una capacità di rispondere in maniera adeguata alle richieste di qualunque origine e necessità, di valutazioni obiettive, oggettive e non ideologiche e di iter trasparenti e efficienti, tutte caratteristiche che hanno legittimato il governo cittadino e i suoi esponenti dandogli una patente di serietà e di credibilità capace, appunto, di superare il pregiudizio ideologico, ma anche lo scetticismo verso chi, per la prima volta andava a coprire un ruolo dopo 23 anni di leghismo e di rendite di posizione del centrodestra. Serietà e credibilità che si sono manifestate non solo nei rapporti istituzionali con le associazioni o i diversi operatori presenti, ma anche con i singoli cittadini che hanno così fatto una apertura di credito superiore alle aspettative anche in questa tornata elettorale nei confronti di Galimberti e del centrosinistra.
Accanto a tali aspetti vanno annoverati la capacità di costruire un campo ampio di alleanze, la moderazione usata come metodo e non come arma ideologica e mai abbandonata né in cinque anni di mandato né, tanto meno, durante la campagna elettorale e il ruolo del PD in grado di essere quello che in sociologia politica si definisce “partito pigliatutto”. Intendendo con ciò l’alto tasso di rappresentatività dei diversi ceti sociali al suo interno oltre ad una vasta prassi inclusiva.
Insomma, per dirla tutta, il centrodestra ha continuato a recitare una parte ed un cliché scritto in altri tempi senza aver compreso che Varese non è più quella descritta dagli ex protagonisti di una stagione ormai superata.
Roberto Molinari, Direzione Provinciale PD Varese
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