Con l’ingresso nell’UE e nella Nato Ungheria e Polonia sono tornate alla normalità piuttosto rapidamente, ma gli anni di transizione e l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali degli anni Novanta si sono rivelati un ricordo traumatico per una parte significativa della popolazione. Si sentono alla periferia dell’UE. Profonda è la crisi demografica registrata dall’inizio degli anni Ottanta (crescita della mortalità in Polonia; tasso di fecondità dal 2,27 all’1,33 % tra il 1989 e il 2011; in Ungheria il saldo tra decessi e nascite è negativo dal 1983; il Paese ha perso più di 600.000 abitanti).
Con l’approdo in UE e area Schengen si è aggiunto il fenomeno migratorio (miglior sorte all’estero per i giovani, da 4 a 10 volte maggiori i livelli di vita e di remunerazione). Nell’Europa centro-orientale il saldo negli ultimi 30 anni è stato superiore al 10%. Secondo l’ONU è previsto entro il 2050 un calo di popolazione almeno del 15%. Dagli anni 2000 sono intervenute la crisi finanziaria, la crisi greca, quella migratoria, gli attentati islamici, la Brexit, con cui fare i conti, onde la progressiva diminuzione del sostegno da parte degli Stati Uniti e dell’UE. L’Europa centro-orientale e i Balcani sono la porta d’ingresso della Cina sui mercati europei (v. l’acquisto del porto del Pireo nel 2016). La Russia ha riaffermato il suo ruolo di potenza regionale (occupazione della Crimea nel 2014, sostegno ai separatisti nell’Ucraina Orientale. Per Orban l’autoritarismo e l’ideologia antioccidentale di Putin sono un modello da seguire. Milan Kundera aveva previsto la crisi esistenziale.
Il liberalismo è il denominatore comune delle critiche mosse al sistema. Nel marzo del 2006 Jaroslav Kaczynski, capo del partito Diritto e Giustizia(PiS), proclamava il lumpemliberalismo, l’ultraliberalismo la peggiore delle patologie sociali, il no all’economia dell’esclusione e delle disuguaglianze sociali, legge dei più forti a scapito del concetto di dignità umana. Nel luglio del 2014 per la prima volta Orban ha rivendicato il concetto di democrazia illiberale. La crisi dei rifugiati nel 2015-2016 radicalizza le critiche nel senso di una alternativa populista al progetto di società liberale. Vanno sacrificati i valori liberali alla prosperità materiale. Il migrante figura come il simbolo del capitalismo; i semplici migranti economici non meritano solidarietà, sono simboli della globalizzazione che sradica.
Si tratta di una ideologia nazionalcristiana, che accentua il primato della responsabilità verso la propria comunità in chiave di patriottismo difensivo: dalla famiglia alla nazione, dal primo al gruppo sociale più grande, con rafforzamento del potere dello Stato. Questa prospettiva risente della teoria dello stato totale formulata negli anni Trenta da Carl Schmitt, giurista e filosofo vicino al partito nazista, con l’indebolimento strutturale dei contropoteri, in primis i media e il potere giudiziari , fine dell’indipendenza dei media pubblici. Così i media pubblici in Polonia diventano strumenti di propaganda. Il controllo dei media e del potere giudiziario consacra la posizione egemonica del Governo, che impone i suoi valori e le sue visioni come gli unici legittimi. E’ uno Stato altamente centralizzato. Onde l’acquisizione della ricchezza attraverso l’appalto pubblico e l’accentuarsi dei fenomeni corruttivi.
Preoccupata la procedura sanzionatoria dell’Unione Europea contro la Polonia nel 2017 e l’Ungheria (2018 e 2020). Purtroppo è richiesto il voto all’unanimità nel Consiglio. Ne deriva il difficile compromesso, quello raggiunto il 13 dicembre 2020 sul bilancio europeo e sul NextgenerationUE, col rinvio di due anni dell’attuazione della regola, che condiziona l’accesso ai fondi europei e col pericolo di un cedimento.
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