Dissipate le nebbie, chiarite le ombre, smentiti misteri e supposizioni, Albino Luciani sarà presto beato. Francesco ha riconosciuto l’intercessione del “papa del sorriso” nella guarigione di una undicenne argentina affetta da una grave encefalopatia nel 2011 a Buenos Aires e autorizzato il decreto che apre le porte alla beatificazione. Il pontificato di Giovanni Paolo I fu tra i più brevi della storia. Salì al soglio il 26 agosto 1978 e morì il 28 settembre in Vaticano trentatré giorni dopo l’elezione. Era nato a Canale d’Agordo (Belluno) il 17 ottobre 1912, figlio di un operaio socialista e di una fervente cattolica che ne incoraggiò la vocazione.
Contrario all’introduzione del divorzio nella legislazione italiana e deciso a continuare l’opera dei predecessori (da cui, primo nella storia, aveva preso il doppio nome), avrebbe voluto applicare le riforme del Concilio Vaticano II, se ne avesse avuto il tempo. Era genuino, affabile e poco diplomatico. Predicava la “maternità responsabile”, la disciplina clericale e l’amore dei poveri proprio come Francesco. Nei pochi giorni di regno che ebbe a disposizione, si pronunciò contro il marxismo-leninismo e si felicitò per l’incontro di Camp David tra il presidente americano Carter, il leader egiziano Sadat e l’israeliano Begin per la pace in Medio Oriente.
L’improvvisa morte per “infarto del miocardio” (era malato da tempo e aveva subito quattro interventi chirurgici) alimentò le illazioni su un presunto avvelenamento. Due libri, “La vera morte di Giovanni Paolo I” di J. Jacques Thierry e “In nome di Dio” di Daniel Yallop la presentarono come un complotto ordito in Vaticano. Yallop in particolare sostenne che il papa, deciso a fare chiarezza sulla gestione finanziaria della Santa Sede, era stato avvelenato col cianuro per volere di monsignor Marcinkus a cui si diceva volesse togliere il controllo dello Ior, la banca vaticana, interessata all’acquisizione degli istituti di credito cattolici veneti.
Alcune circostanze alimentarono le fantasie: la salma non fu sottoposta ad autopsia e ci si limitò a dare notizia del trapasso con un bollettino medico; non fu chiaro all’inizio chi avesse trovato morto il pontefice (in realtà fu Vincenza Taffarel che accudiva Luciani sin da quando era patriarca di Venezia), mentre la versione ufficiale parlava di un segretario del papa. Infine il “giallo” del momento del decesso: ufficialmente avvenne leggendo a letto L’imitazione di Cristo, in realtà il papa impugnava alcuni fogli di appunti. Tutte circostanze poi chiarite dalla Taffarel nel libro “Papa Luciani, cronaca di una morte” di Stefania Falasca, vice-postulatrice della causa di beatificazione.
Presunti avvelenamenti, assassinii, omicidi. Giuseppe De Maistre, settecentesco ministro della monarchia piemontese e paladino dell’infallibilità papale, diceva che “leggendo la storia saremmo tentati di credere che la morte violenta sia naturale per i principi e quella naturale un’eccezione”. Una sensazione che vale anche per i romani pontefici. La storia, anzi la leggenda vaticana, è prodiga di esempi nel corso dei secoli. Uno per tutti è la morte di Clemente XIV in odore di avvelenamento per mano dei gesuiti avendo egli soppresso l’Ordine della Compagnia di Gesù. Morì invece nel 1774 per le conseguenze di una trascurata infreddatura.
Stimato dagli Illuministi ma tormentato dalle voci di un piano per ucciderlo dei seguaci della Compagnia di Ignazio di Loyola, si era recato a cavallo alla chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma per le funzioni religiose e, già di precaria salute, fu sorpreso da un temporale che lo lasciò con i vestiti zuppi fino alla fine della liturgia. Non se ne curò, cadde ammalato e morì. Pasquino lo bersagliò: “Venne come angelo da Dio, regnò come Salomone da sapiente, morì come Sisto di veleno”. Cinque anni prima papa Clemente, Vincenzo Ganganelli, aveva riconosciuto il culto ab immemorabili di Caterina e Giuliana al Sacro Monte sopra Varese. Future Beate.
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