Appare inevitabile in questi giorni lo studio del fenomeno dell’astensione alle ultime elezioni amministrative, con le conseguenti numerose interpretazioni: stanchezza politica, sfiducia politica, perdita di fede nella democrazia, considerare irrilevante il voto rispetto ai temi politici, inutilità delle elezioni per impossibilità del voto a modificare i percorsi politici, noia nei confronti dei discorsi politici ripetuti a iosa dagli stessi protagonisti.
E ancora incertezza dei partiti nella scelta dei candidati, effetto delle critiche dei politici stessi nei confronti della politica, conseguenza del proclamato concetto della rottamazione, incapacità di molti politici a farsi da parte, l’aver trasformato la propaganda in atto politico, impossibilità della politica a snellire il farraginoso funzionamento delle vecchie strutture dei Comuni, che brillano per burocrazia inveterata (questo particolarmente nelle città grandi).
Se alcune di queste motivazioni possono essere in parte giustificate per quanto riguarda la politica di tutta la nazione, molte, se non tutte, cadono quando si prendono in considerazione le elezioni che riguardano la scelta del futuro sindaco del Comune dove si abita.
Dalla tenzone elettorale deve uscire l’uomo che per un certo numero di anni amministrerà il Comune utilizzando fondi provenienti, magari in modo più o meno discutibile, dalle tasse pagate dai cittadini. Quindi è interesse prioritario dei cittadini stessi che ad amministrare quei soldi ci sia la persona giusta, vale a dire capace, con idee concrete, assolutamente conscio delle necessità della città. Egli sarà quello che dovrà prendere decisioni importanti nei riguardi del territorio abitato, che dovrà saperlo curare e saper affrontare e prevenire eventuali problematiche idrogeologiche del territorio stesso, indirizzare lo sviluppo dell’edilizia, dell’agricoltura, del settore industriale, di tutte le attività lavorative, occuparsi della difesa del patrimonio arboreo, della manutenzione della viabilità stradale, facilitare la comunicazione con i comuni limitrofi, incentivare il richiamo turistico, preoccuparsi del benessere dei cittadini arricchendone la cultura, migliorare il patrimonio scolastico, stimolare l’attività sportiva, culturale, artistica, difendere il commercio locale, difendere le famiglie, preoccuparsi dell’educazione dei giovani.
Sono sufficienti tutte queste motivazioni per andare a votare?
Oltre a queste problematiche Varese è stata al centro dell’attenzione perché veniva considerata “feudo” importante per un possibile recupero da parte della Lega della poltrona del sindaco, in modo da poterlo sbandierare in campo nazionale e nel partito stesso. Obiettivamente questo ultimo elemento appare molto discutibile e deviante dal tema “elezione del sindaco”. E’ stato quindi evidente un netto inquinamento propagandistico più che politico, indice di confusione nel contesto pubblico odierna: la situazione era ritenuta cruciale da parte del segretario della suddetta corrente politica che cercava di mettere le sue strategie sopra i bisogni di noi cittadini varesini. Il sindaco, ripeto, è per la città e non per altri interessi, per altri fini, per altre necessità politiche.
I Varesini hanno avvertito questa deformazione politica buttata sulla loro pelle? Anche per questo sono stati lontani dalle urne?
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