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Sport

L’ALLENATORE DEI GIOCATORI

CLAUDIO PIOVANELLI - 22/10/2021

dionisiAlessio Dionisi, allenatore del Sassuolo quest’anno al debutto su una panchina di serie A, ha una storia che merita di essere raccontata. Il suo legame con Varese, nato nel 2005 con il suo arrivo in maglia biancorossa, non si è più spezzato, visto che la figlia Giorgia vive qui e Alessio ha mantenuto la sua residenza a Inarzo, dove torna appena gli impegni glielo consentono.

Dopo una onesta ma solida carriera di difensore centrale dai piedi buoni, tutta giocata tra serie D a serie C2 e impreziosita da tre promozioni (con il Varese di Devis Mangia nel 2005 e una doppietta con la Tritium di Stefano Vecchi nel 2010 e nel 2011), una volta appesi al chiodo gli scarpini che aveva calzato sino al 2014, Dionisi ha tentato la carriera di allenatore e lo ha fatto proprio alla Olginatese, lì dove aveva chiuso con il calcio giocato.

«Avevo avuto qualche esperienza con i ragazzi gestendo dei campi estivi – racconta – e contavo di sposare questa attività una volta chiuso con il calcio giocato, volendo restare comunque nell’ambiente. E l’Olginatese mi ha offerto una chance, anche se la squadra non era attrezzata per quel livello».

Una prima esperienza decisamente traumatica la sua, visto che dopo sole sei giornate nel campionato di serie D (tre pareggi e altrettante sconfitte) la dirigenza, che pure lo aveva scelto, gli diede il benservito.

A dargli fiducia nella stagione successiva (2015) fu però il Borgosesia, sempre in serie D, abile a intuire le sue qualità. «Per dirla con Trapattoni – sorride Alessio – gli allenatori si dividono in due gruppi: quelli che sono stati esonerati e quelli che lo saranno. Così ho cercato di resettare la situazione, forte anche della fiducia in me stesso e di quella del d.s. Simone Di Battista, persona speciale, oltre che di una dirigenza capace e fatta da persone “vere”».

Parlare di gavetta per raccontare la storia di allenatore dell’ex Varese è quanto mai appropriato: dopo i due anni al Borgosesia in serie D («L’obiettivo era la salvezza, raggiunta sempre con largo anticipo»), ecco l’approdo al Fiorenzuola, in serie C2 (2017), per poi trasferirsi all’Imolese in C1 (2018) e al Venezia in serie B (2019), prima di approdare all’Empoli all’inizio della scorsa stagione e conquistare la promozione in serie A.

Come si vede, pur avendo vinto una solo campionato, appunto nella scorsa stagione a Empoli, Alessio Dionisi ha ottenuto ogni anno una promozione personale grazie al puntuale raggiungimento di un traguardo superiore alle attese.

«È vero, le mie squadre hanno sempre ottenuto risultati migliori rispetto a quelli che erano gli obiettivi della vigilia – conferma Dionisi – e questo per me è stato molto gratificante. Devo dire che solo a Empoli ho allenato una squadra con un potenziale davvero da alta classifica e siamo riusciti a vincere il campionato. Ma l’allenatore é solo una delle molte componenti indispensabili per puntare a vincere. La mia filosofia? La squadra deve avere una sua precisa fisionomia e chi va in campo deve sapere che lo fa all’interno di un gruppo, appunto di una squadra. Cerco di mettere i giocatori in grado di esprimersi al meglio ma sempre “giocando”. Non mi va che si speculi sul risultato, anche se in qualche momento della partita può essere utile, voglio che chi sbaglia ci riprovi, senza paura: se i giocatori in campo hanno timore, significa che chi li allena non ha seminato bene».

Ma un vero “modello di calcio” Alessio Dionisi non ce l’ha in testa: «Sono i giocatori che ho a disposizione a darmi lo spunto, parto da chi c’è. E da lì mi adeguo. Ma, come ho detto, voglio soprattutto che la mia squadra giochi sempre senza timori».

Tra gli allenatori che ha avuto in passato Alessio Dionisi ricorda soprattutto Stefano Vecchi, quest’anno tecnico del Feralpisalò: «Ma da tutti credo di avere “rubato” qualcosa. E non nascondo – sorride – che di qualcuno ho pensato che se allenava lui, avrei potuto farlo anch’io…».

L’approdo in serie A non lo ha colto di sorpresa: «Per dirla con Jovanotti, mi ritengo un ragazzo fortunato… Volevo crearmi un futuro nel calcio ma non speravo di arrivare a questi livelli. Mi sto accorgendo che in serie A è maggiore l’impegno che serve a gestire il contorno che a lavorare con profitto sul campo. Non dobbiamo dimenticare che i giocatori sono ragazzi spesso giovanissimi e che la mediaticità del campionato è elevatissima, per cui, ad esempio, strumentalizzare una dichiarazione a volte è un attimo e allora bisogna sempre stare molto abbottonati».

Dopo una escalation tanto rapida quanto esaltante, che in soli sette anni l’ha condotto dalla serie D alla serie A, che cosa si prefigge Alessio Dionisi nell’immediato? «Il mio primo e adesso unico obiettivo – è la risposta – è che a fine stagione la dirigenza del Sassuolo ritenga di avere fatto la scelta giusta puntando su di me».

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