La vittoria di Galimberti su Bianchi al ballottaggio non era scontata. Vi erano incognite sulla partecipazione al voto, che si è rivelata buona rispetto al desolante dato nazionale, segno di una battaglia combattuta, e sulla tenuta dei voti di lista, a partire da quelle rimaste escluse dal Consiglio. Il miglior profilo di Galimberti rispetto al rivale era netto, ma Bianchi poteva contare su un’ancora consistente mentalità conservatrice.
Galimberti ha vinto raddoppiando il margine in voti e in percentuale. Negli ultimi mesi un sindaco competente, stimato, laborioso e tenace oltre ogni limite, è divenuto un leader capace di ricevere affetto e di infondere entusiasmo e generosità, di suscitare energie e raccogliere un nucleo consistente di persone attive, non necessariamente candidate. Ora avrà tempo per portare a compimento i molti progetti avviati e aprirsi a nuove idee e a nuovi impegni, con più coraggio su materie cruciali: la crisi ambientale, la diseguaglianza, la territorializzazione dei servizi sanitari, la qualità puntuale della vita quotidiana, tutte sfide decisive anche per la ripresa economica.
Nella destra varesina alcune liste hanno proposto soggetti appartenenti a un’epoca da tempo finita. Attorno a Galimberti e al PD sono state costruite dal nulla almeno tre liste civiche pregevoli. Il sindaco uscente ha rivinto perché ha saputo creare coesione e sintonia nel coro plurale dei suoi sostenitori.
La Lega ha riperso il suo feudo. Non possiamo parlare di Varese “dalla culla alla tomba”, ma quando ci si schianta al suolo rialzarsi in volo è difficile. Sommare Tajani, Calenda e Renzi a Giorgetti è più difficile della scoperta della fisica quantistica, e la concorrenza-convivenza con i meloniani rischia di essere un incontro-scontro tra nani. Draghi ha cambiato tutto. Il malessere ancora serpeggia, ma non sono più Lega e FdI a intercettarlo. L’usura del consenso è alle porte. Il polo PD-5S è una finzione dettata da numeri parlamentari che danno ancora peso a un partito irrilevante. Quando una forza storica come la Lega perde il suo radicamento territoriale, lo smarrimento politico incombe e la capacità di rappresentare si affloscia, gli intrecci clientelari si allentano.
Meloni perde Roma, e non solo per un candidato che spara fascisterie ogni volta che apre bocca. A Varese FdI è una forza minore, e il duplicato con un improbabile gruppo oligarchico come Varese Ideale non aiuta. A Varese l’estrema destra nostalgica non ha mai attecchito.
Galimberti riparte di slancio, ha una squadra di assessori consolidata, deve solo trovare due figure di spicco per l’ambiente e per la cultura. Tutti gli assessorati necessitano di un supporto di attivisti esperti e latori di innovazione e progettualità. Il lavoro della giunta dovrà, in altre parole, radicarsi, e trasformare l’esperienza in corso in una pratica collettiva, dove le distinzioni lasciano posto a una cooperazione fattiva, non solo in un’interlocuzione episodica. Le energie e le persone ci sono, anche nelle liste che non hanno avuto successo ma che si sono messe alla prova, come i promettenti ragazzi di Volt. Attorno a Galimberti ci sono giovani, persone nel pieno della loro vita produttiva e anziani: anche un ponte tra generazioni è necessario.
Il punto debole è la rappresentanza del lavoro, ma è un problema nazionale. L’equità redistributiva verso il basso, la centralità dei redditi e dei diritti del lavoro dipendente rispetto alla mera logica del profitto imprenditoriale (che l’impresa generi di per sé ricadute a pioggia per tutti è ormai una leggenda senza più fondamenti nel capitalismo reale). La scelta di Galimberti di ripartire dai quartieri, restituendo loro la dignità di un tessuto produttivo e sociale inclusivo e di una vita quotidiana apprezzabile, è una strategia vincente, già profilata nel primo quinquennio ma ancora incompiuta.
Il tema dell’area vasta va ripreso: non ha senso mantenere campanilismi, il territorio è un tutt’uno, Malnate, Casciago. Azzate sono quartieri di un unico habitat. Un processo di integrazione e anche, ove possibile, di fusione genererebbe risparmi, razionalizzazioni, sinergie, servizi migliori, tutele ambientali, paesaggistiche ed urbanistiche più forti, e anche un peso demografico più grande. Il che non guasta.
Varese è una periferia di Milano. Trasformarla da città satellite per pendolari in un apporto specifico alla vita di una grande metropoli è una sfida grandiosa. Speriamo che Sala dall’alto dei cieli si accorga che anche Varese, nel suo piccolo, è un’opportunità per Milano.
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