Domenica di ballottaggio anche a Roma. In questa giornata finalmente autunnale si sfidano, secondo la più stretta logica bipolare, un candidato di centro destra ed uno di centrosinistra. Solo tre punti percentuale dividono il primo dal secondo. Entrambi sperano di avere nel paniere i tanti voti in libertà lasciati dall’outsider Carlo Calenda e dall’ex sindaco Virginia Raggi.
Come ogni analista politico insegna, il ballottaggio non rappresenta il secondo tempo di una partita elettorale iniziata con il primo turno, ma un ‘match’ completamente nuovo, nel quale si riparte daccapo.
Ce lo ricorda uno dei casi politici più eclatanti, quello di Bologna nel 1999, quando Giorgio Guazzaloca, per espugnare la città rossa per eccellenza, giunse a chiedere ai big del centro destra di non venire a sostenerlo perché affermava : “Questo ballottaggio riguarda solo me e i miei concittadini”.
Roma ovviamente e diversa. Qui i due livelli si intrecciano ed ogni ‘test’ locale finisce fatalmente con l’avere ripercussioni nazionali.
Candidati dunque a caccia dei voti in libertà, ma anche dei ‘non voti’ espressi che nella capitale sono stati parecchi: è andato alle urne solo il 48,8 per cento degli aventi diritto. Oltre sei punti percentuali in meno delle passate amministrative (57,3%). In alcuni municipi di periferia, come il VI (Tor Bella Monaca, Torre Spaccata, Torre Angela) la percentuale è scesa addirittura al 42,6 per cento: segno inequivocabile che nei quartieri ai margini della città -come si dice qui- “le chiacchiere stanno a zero”.
Enrico Michetti, l’avvocato con la passione per la radio, lanciato da Giorgia Meloni, ha totalizzato al primo turno il 30,1% dei voti. In questi quindici giorni ha cercato di portare a sé i pentastellati duri e puri di Virginia Raggi che non digeriscono l’ accordo con il Pd (modello Napoli) e parte dell’elettorato moderato di Carlo Calenda che pur avendo come capolista la leader del movimento Lgbt, aveva proposto contemporaneamente a Guido Bertolaso ila carica di vicesindaco. Michetti invece gli ha proposto in caso di vittoria il ruolo di commissario straordinario per l’emergenza rifiuti.
Roberto Gualtieri, sfidante di centrosinistra, ex ministro dell’Economia per il Governo Conte II, ha raccolto il 27 per cento dei voti. Più in sintonia con Palazzo Chigi, in questo secondo turno incassa dalla sua il sostegno personale di Calenda a patto che nella futura giunta non vi sia traccia di 5 Stelle. Il candidato Pd ha accettato la condizione posta dal leader di Azione ma è una posizione che apre una smagliatura nella trama tessuta a livello nazionale da Goffredo Bettini e da Nicola Zingaretti (per altro prima scelta nella candidatura del centrosinistra per la carica di sindaco).
Sui risultati della lista civica di Calenda poco da dire: è la prima forza politica in città, con il 19,8 per cento. La sua decisione, in controtendenza rispetto agli altri candidati principali, di non moltiplicare le liste elettorali a suo sostegno, potrebbe anche essergli costata qualche punto percentuale di consenso in meno. Ma il successo dell’esperimento resta indiscutibile.
Una parola infine sulla parabola di Virginia Raggi. Dal clamoroso 67 per cento al ballottaggio di cinque anni fa l’ex sindaca è precipitata ad un 29,7 per cento. Di lei si è detto e scritto molto e non sempre in maniera corretta. Certo è che il modello Cinque Stelle dell’ “uno uguale a uno” (vale a dire: non importa la competenza di chi riveste il ruolo di amministratore, importa la persona) ha dimostrato nella capitale tutta la sua disastrosa carica ideologica.
In fondo l’immagine del grosso istrice che pochi giorni fa passeggiava impunemente in via Cipro (a pochi metri dal Vaticano) e che si aggiunge all’arca di Noè di cinghiali,volpi,ratti e gabbiani che si è insediata in città, rappresenta bene con i suoi aculei tutti i problemi irrisolti che Roma deve quotidianamente affrontare. Lunedì sapremo a chi toccherà risolverli.
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