Fin dall’inizio del suo Vangelo Luca aveva fatto vedere che il Dio di Gesù capovolge le prospettive abituali: il potere, la ricchezza, tutto ciò che trattiene e lega l’uomo, tutti quei beni da difendere che lo chiudono in se stesso, tutto ciò che gli impedisce di liberarsi e di andare avanti: tutto deve essere rovesciato.
Non si può fondare il proprio futuro su un possesso che non dà garanzie di durata.
La misericordia di Dio non è riservata solo alla fine dei tempi.
Non tollera che la piaga rimanga aperta e continui a sanguinare senza fine.
Assume forme storiche e si concretizza in gesti che trasformano il gioco delle forze.
Gli orgogliosi, i detentori del potere e i ricchi non hanno l’ultima parola, come sempre pretendono.
Saranno strappati dal potere, smascherati nel loro orgoglio e rimandati a mani vuote.
La forma di questo adempimento ha uno stile rivoluzionario.
Tale affermazione potrebbe urtare dove primeggiano l’equilibrio e la prudenza, ma messa sulle labbra di Maria assume un’efficacia unica.
E trova una perfetta sintonia con le parole di Gesù, che prende la parte di Lazzaro contro il ricco epulone che soffre nell’inferno; che chiama beati i poveri, quelli che hanno fame e sete di giustizia, i perseguitati e minaccia con terribili ‘guai a voi’ i ricchi, i sazi, i gaudenti, gli adulatori.
Gesù non tratta allo stesso modo i poveri, i malati, i farisei, i pubblicani ed Erode.
I poveri li chiama beati, i farisei sepolcri imbiancati, Erode la volpe.
Ai pubblicani mostra, come a Zaccheo, l’iniquità della loro ricchezza accumulata con frode.
Perciò la liberazione che Egli vuole per tutti trova vie diverse a causa di forme diverse di oppressione.
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