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Cultura

IN DIFESA DELL’ITALIANO

RENATA BALLERIO - 08/10/2021

Un angolo della mostra al Castello di Masnago

Un angolo della mostra al Castello di Masnago

Forse è “Galeotto” (o per par condicio dovremmo scrivere galeotta?) la bella mostra su La Bellezza del vivere al castello di Masnago, dedicata alle passioni di Piero Chiara a far venir voglia di rileggere quanto lo scrittore luinese espresse sulla lingua italiana. A scanso di equivoci la mostra non affronta problemi linguistici ma stimola la continua e rinnovata scoperta di un autore amato e non riconducibile soltanto alla sua abilità di pittore di storie.

È noto che collaborò dal 1971 con Il Corriere del Ticino. Le sue noterelle, acute e spesso sapientemente ironiche, Sale&Tabacchi per la precisione, sono da leggere e da rileggere. Possiamo fare nostra la sua idiosincrasia per i neologismi, spesso anglofoni, come marketing, o per i “modismi, come portare avanti o l’aggettivo decisionale, fino alla critica di imbalsamare presunte innovazioni lessicali. Chiara ironizzava sul termine conduttore televisivo, affermando che lui conosceva solo i conduttori dei tram. L’obiezione in agguato sembra scontata. Cinquant’anni sono tanti nella storia della lingua. E ancora di più nella storia del giornalismo.

Il marketing ha vinto e forse decisionale è un pochetto annacquato in alcuni campi. Ma il problema di neologismi e di parole alla moda è sempre attuale, anche se ricorrente, quasi ciclico. Il che non autorizza ad abbassare la guardia o a rinunciare a riflettere. Importante non essere né Cassandre piangenti né ossequienti e acritici.

Basterebbe pensare al neologismo di Gramellini, zerbinocrazia, che non vale soltanto in politica. Correva l’anno 1982 quando in un articolo del Corriere della Sera, proprio dedicato ai neologismi si denunciava una certa refrattarietà sociale alla riflessione linguistica. Magari oggi si potrebbe riscrivere l’articolo segnalando la refrattarietà alla riflessione tout court.

Ma – come si sa- è un errore generalizzare. Proprio per questo è giusto segnalare il festival del giornalismo culturale, che è tutt’altro che refrattario.

S’è aperto ad Urbino, in presenza, l’8 ottobre. Fortunati i partecipanti. I temi trattati per questa nona edizione dovrebbero, però, essere patrimonio condiviso. A partire dal titolo: Divina cultura. La lingua e la sua difesa, da Dante agli ipersocial. Doveroso omaggio al padre della lingua italiana, al quale siamo debitori anche di meravigliosi neologismi e sguardo sul nostro presente. In fondo un convegno del e sul giornalismo culturale ci ricorda come la cultura è il prendersi cura di noi, del nostro pensiero. O se vogliamo della nostra intelligenza linguistica.

O per essere ancora più chiari sottolineare che la cultura non è una riserva indiana da difendere e che il giornalismo, in quanto tale, è cultura. Proprio per questo sono quanto mai valide le parole di Umberto Eco: «Perché se esiste la critica televisiva e cinematografica non può esistere la critica dello stile e del linguaggio giornalistico? Ovviamente Eco non faceva riferimento alla sintassi semplificata della scrittura giornalistica ma alla capacità di costruire opinioni anche attraverso l’uso della lingua o produrre stereotipi anziché smontarli. A dire il vero negli anni analisi e teorie sul linguaggio giornalistico hanno pullulato, sottolineando la lapalissiana verità che non conta soltanto quello che si dice ma come lo si dice. Le forme linguistiche non sono semplici riflessi del sociale ma lo costituiscono, come si legge in in corso sul giornalismo. Dunque? Gli esempi non mancano. Che dire dell’uso e abuso dell’espressione smart working? Perfino il traduttore di google si rifiuta giustamente di tradurla: è il lavoro da casa. Flessibile per gli inglesi e non ha nulla a che fare con il lavoro, agile, accorto eccetera eccetera. Il termine è stato inventato da un giornalista o da un politico? Poco importa ma è dovere culturale farne la critica e far emergere le contraddizioni. Forse abbiamo oggi più che mai bisogno dell’ironia di Piero Chiara e di un vero giornalismo culturale.

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