“Il riscaldamento globale è una bufala”, sentenziava il lungimirante ex presidente Trump inarcando il sopracciglio biondo e puntando il dito contro ipotetici complotti antiamericani. E dietro si lui si alzava il coro mondiale dei negazionisti che si rifiutano, ieri come oggi, di prendere atto dell’allarme climatico. Mentre Trump pontificava, il vero papa scriveva l’enciclica ambientale Laudato sì e si sgolava a ripetere che “le misure contro il climate change non sono più rinviabili”. Differenze di sensibilità tra capi di Stato. Da una parte chi difende interessi economici e li antepone al bene comune, dall’altra chi protegge l’umanità senza secondi fini.
Eppure la scienza parla chiaro: il 97% delle pubblicazioni scientifiche a livello mondiale indica nelle attività umane la principale responsabilità del riscaldamento globale. La soluzione della crisi climatica è ostacolata dalle grandi corporation che finanziano a colpi di milioni di dollari decine di organizzazioni negazioniste. Fanno i loro interessi, d’accordo. Ma come reagire? Non basta l’impegno dei singoli e cambiare lo stile di vita, serve un nuovo modello socio-economico, più rispettoso della casa comune in cui viviamo. Va bene non sprecare il cibo, ridurre l’uso della plastica e mettere al centro le relazioni umane e non il profitto. Ma non basta.
Nel libro Terrafutura del 2020, Carlo Petrini fondatore di Slow Food riporta i dialoghi avuti con il pontefice sull’ecologia integrale. Al centro delle conversazioni la biodiversità, l’economia, le migrazioni, l’educazione, la povertà, tutti temi strettamente correlati tra loro. “Il papa è ambientalista anche a tavola, usa sempre la stessa bottiglia riciclata” rivela Petrini. Un simpatico aneddoto. Ma Francesco non si stanca di predicare che bisogna smettere di sottoporre la terra, i mari e gli ecosistemi al degrado che può trasformarsi in un disastro irreversibile. Le emissioni di gas serra, la scarsità d’acqua, il calo della produzione agricola, l’innalzamento dei mari rendono invivibili le zone povere del mondo. Obbligando milioni di persone a migrare.
Si calcola che già 7 migranti su 10 arrivino in Italia spinti dagli effetti del riscaldamento globale e dalla fame. “Non possiamo più accettare inerti i dissesti dell’ambiente – insiste Francesco nel libro intervista “Dio e il mondo che verrà” di Domenico Agasso – La casa comune non è un magazzino di risorse da sfruttare senza limiti ma un giardino da rispettare con comportamenti sostenibili. Se non ci tiriamo su le maniche e non ci prendiamo subito cura della Terra, con scelte personali e politiche radicali, con una svolta economica “verde” indirizzando le evoluzioni tecnologiche, la casa comune ci butterà fuori dalla finestra. Non possiamo più perdere tempo”.
L’opportunità da prendere al volo è l’imminente conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop26. Organizzata dal Regno Unito e dall’Italia, si terrà a Glasgow in Scozia fra il 31 ottobre e il 12 novembre con un anno di ritardo a causa della pandemia. Ospiterà 190 leader mondiali, funzionari, rappresentanti di governo, imprese e cittadini con piani aggiornati di riduzione delle emissioni. Usa di Biden compresi. Il precedente vertice di Parigi nel 2015 segnò l’ingiustificabile disimpegno di Trump e si prefisse di tagliare le emissioni di CO2, di abbandonare i combustibili fossili e di limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi. Spes ultima dea?
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