Nato a Siracusa il 25 luglio 1908, Vittorini vi frequentò le scuole tecniche, per trasferirsi poi nella Venezia Giulia a lavorarvi come operaio, quindi assistente nelle costruzioni edili. Dal 1927 al 1938 si trasferisce a Firenze, entrando in contatto col gruppo di Solaria (rivista nata nel 1926, fondata da Alberto Carocci, poi affiancato da Giansiro Ferrata). Chiara vi è l’inclinazione verso un’arte che si ispiri largamente ai problemi dell’uomo in chiave drammatica. Note di fondo l’antifascismo, almeno implicito e l’antitradizionalismo. Vittorini vi coltiva in particolare il culto della memoria.
Su Solaria pubblica dal 1933 le prime puntate del Garofano rosso, subendo però il sequestro preventivo del seguito per l’intervento della censura fascista. Onde il tentativo di trovare modi di conciliazione grazie a revisione di parti, rielaborazione di spunti, soppressioni, negli anni successivi, fino a misconoscere il risultato dei suoi sforzi.
Il dattiloscritto un giorno del ’38 tornò definitivamente bocciato.
Il romanzo descrive il processo di iniziazione di un adolescente sedicenne all’epoca dei torbidi politici del fascismo al potere – assassinio di Matteotti, squadre nere del fascismo emergente. Alla commemorazione di Matteotti, tenuta presso l’Università, gli studenti in rivolta proclamano uno sciopero destinato a divenire generale, con occupazione delle scuole. A una marcia di gambe marziali si risponde con Giovinezza. “Scappo a mettermi in camicia nera, mi cerco un bastone, e scendo”: così è di Alessio Mainardi, il protagonista sedicenne, accanto all’amico scapestrato, Tarquinio Masseo, con il quale condivide la camera a pensione e il principio: la vera libertà la vogliamo noi, perché vogliamo distruggere tutti i privilegi. Nel prosieguo Tarquinio si nega per un sano individualismo agli ideali libertari di Liebknecht e di Rosa Luxemburg, maturando i suoi sogni alla luce disincantata del realismo. Al contempo si fa guida d’Alessio nel tormentato iter d’approdo da un amore unico e impossibile, puro, di una adolescenza non corrotta a quello passionale, carnale, per cui si conquista maturando l’età adulta. Simbolo di indecisione è quel garofano rosso, di cui Giovanna, la liceale amata, senza corresponsione, fa dono al quasi diciassettenne Alessio, col conforto suppletivo di un bacio a fior di labbra. Quel garofano è un simbolo che alla fine sancisce l’esito di un amore fatto di uno scambio di sguardi e di piccoli doni al non meglio definito intenso, l’epoca delle passioni travolgenti, il tempo del tradimento e delle disillusioni.
Conseguenza: rinvio agli esami di riparazione, dopo provvedimenti disciplinari, bocciature, la licenza non conseguita, la frequenza della donna fatale nella casa di tolleranza, in cui Zobeida, che a tratti pur condiscende turbata a un amore fanciullo, finisce per essere arrestata causa spaccio di droga (a disvelare l’inganno). Il ragazzo che sognava zolfo, zolfo e gialla polvere di sparo nelle sue mani, che possedendo una rivoltella si sentiva già il mondo in pugno, che nella bottega di un fabbro tipografo, dove si stampava un giornaletto di scolari (la cava) sentiva di cospirare, in procinto a 17 anni compiuti d’arruolarsi allievo-pilota nell’Aeronautica, con un padre imprenditore nutrito ai suoi tempi dell’idea generosa, ma indistinta, del socialismo, per ripiegare sulla necessità di salvarsi “ognuno per conto suo”, che coglie il “passato d’offesa che lo divide dagli operai e ne ha vergogna”, al termine del romanzo si arrende a un didascalismo troppo esplicito, a immagini simboliche scontate e patetiche. Vittorini propone l’opera per il suo valore documentario, nella consapevolezza che il fascismo, diventato Stato, voleva essere legalitario ed esigeva ipocrisia, ma il fascismo è forza e come forza è vita. Vi si sente però una condizione di ambivalenza: i ragazzi sono disposti al socialismo e al fascismo nello stesso tempo. La posizione che prese la stampa ufficiale nei riguardi degli avvenimenti viennesi nel febbraio del ’34 “doveva darci la prima smentita per noi efficace circa il nostro granchio”.
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