A ottobre dell’anno scorso avevo affrontato il tema dello smart working nella pubblica amministrazione. Mi ero chiesto infatti cosa sarebbe successo al termine dell’emergenza sanitaria. Ora il Governo ha dato delle regole chiare, affermando che lo smart working nella Pubblica amministrazione tornerà a passare dall’accordo individuale. La prima mossa, arriverà a stretto giro, con il Dpcm che tra breve tornerà a rendere «ordinaria» la presenza in ufficio dei dipendenti pubblici alla luce dell’obbligo di Green Pass sui luoghi di lavoro. La bozza di decreto che verrà assunto dal consiglio dei ministri per tradurre in pratica la linea concordata tra il premier Mario Draghi e il ministro per la Pa Brunetta, potrebbe essere la leva per il cambio di rotta. Quindi, verosimilmente, per la messa in pratica non si attenderà il termine dell’emergenza sanitaria previsto per il 31/12.
Le dimensioni dell’applicazione dello smart working saranno a disposizione dell’autonomia delle singole amministrazioni, in un quadro normativo che è già stato sgombrato dalle percentuali minime da garantire con l’eccezione del 15% (sempre calcolato sui dipendenti impegnati in attività in cui la presenza non è imprescindibile) che sopravviverà poi per chi non adotterà i Piani organizzativi del lavoro agile (Pola) all’interno dei futuri «piani integrati» di attività e organizzazione. Nell’intesa saranno poi definite puntualmente per ogni lavoratore le tre fasce previste fin dalle bozze di luglio: quella di «operatività», in cui si colloca l’attività piena, quella di «reperibilità», in cui si mantiene la possibilità di essere contattati via telefono o mail, e quella di «inoperabilità» che coincide con le 11 ore consecutive di riposo da assicurare a ogni dipendente. Fasce che però torneranno in discussione, per le critiche sindacali a una reperibilità giudicata troppo ampia oltre il classico orario d’ufficio.
Nel nuovo testo scritto per le Funzioni centrali, che come sempre anticipa sulla parte ordinamentale i principi da applicare anche agli altri settori della Pa, il lavoro agile incontra una disciplina di dettaglio, che in linea con l’atto di indirizzo tratta lo smart working non come un «diritto soggettivo» del dipendente ma come una misura organizzativa della Pa.
Ho voluto chiedere al Segretario generale del Comune di Varese a quanti dipendenti comunali sia stato chiesto di effettuare lo smart working e a quanti no e quale motivazione è stata data dall’ente pubblico alla base di questa scelta.
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