1917-18: la linea del Piave tenne, lo ricorda la celebre canzone- inno, lo straniero non passò e l’Italia dei tempi moderni riuscì a vincere una grande guerra, la sola legittimata dalla storia.
Alla fine del secolo scorso in ambito nazionale si fece spazio il movimento leghista, abile nel catalizzare lo scontento del popolo del Nord preoccupatissimo per il dilagare incontrollato dell’immigrazione. È sempre d’attualità il “non passa lo straniero” del Carroccio, anzi grazie alla recessione ha fatto proseliti in ambiti impensabili sino a qualche anno fa. Anche nei giorni della grande crisi interna che sta terremotando la Lega nulla è cambiato in ordine al culto della xenofobia: il culto è stato semplicemente accantonato per dare la precedenza ad altri problemi, quali la risciacquatura dei panni e, se parliamo di Bossi junior, dei pannolini, necessaria dopo la scoperta di disordini gestionali di denaro destinato al partito.
Sul fronte nazionale c’era per la Lega pure l’urgenza di incollare i cocci delle fratture interne e delle dimissioni di Bossi e da gestire ancora e meglio l’opposizione al governo Monti. Ecco allora la trovata della rivolta fiscale contro la programmata terrificante applicazione dell’IMU, la tassa sulla casa.
Siamo in acque agitatissime, anzi in pieno tifone, e proprio a Varese c’è un significativo strappo al vessillo dell’ortodossia lumbarda: la cooperativa agricola Latte Varese, oliato e per la verità esemplare ingranaggio del potere locale del Carroccio, si conquista largo spazio nei mass media per una iniziativa rivoluzionaria, ma in qualche misura “blasfema”: il lancio di prodotti con nome straniero destinati a consumatori di quell’area di immigrazione tanto contestata e combattuta. Una iniziativa ineccepibile sotto tutti gli aspetti, anche e soprattutto a difesa in generale dell’economia del territorio, poi del nostro settore lattiero caseario e infine della sopravvivenza della stessa cooperativa.
La tempesta che si è abbattuta sul Carroccio ha fatto passare in secondo piano questa mossa commerciale, ha evitato ironie e critiche di stampo politico, ma non v’è dubbio che si tratti di uno strappo e non piccolo. Non è però un segnale di resa, semmai di realismo. Proviamo a immaginare un’Italia tutta leghista e su posizioni immutate per le problematiche mediterranee: che cosa succederebbe se gli odiati africani e mediorientali chiudessero i rubinetti di gas e benzina. Forse i padroni dell’energia troverebbero il modo di rifornire solo Varese. Mi piace immaginare perché c’era una volta una piccola ma importante cooperativa che si era ricordata delle necessità di ottantamila immigrati.
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