Bruno Franceschetti è uno di quei personaggi che lo sport ce l’ha nel sangue fin da quando, come ginnasta, calcava le scene olimpiche di Tokyo e di Città del Messico, partecipando a gare nazionali e internazionali, alla pari con i più grandi atleti della Ginnastica Artistica mondiale. Bravissimo come atleta, poi successivamente come giudice internazionale, quindi come allenatore della nazionale italiana. Approdato a Varese, nella palestra della Società Robur Et Fides ASD e successivamente Varesina Ginnastica & Scherma, ha costruito con immensa caparbietà e determinazione la storia del più grande ginnasta italiano di tutti i tempi, il mitico Jury Chechi, che ha vinto la medaglia d’oro, nella specialità degli anelli, ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996 e successivamente la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Atene 2004.
-Bruno, come giudichi le Olimpiadi appena terminate?
“Mai avrei pensato a un risultato così buono: 10 medaglie d’oro, 10 d’argento, 20 di bronzo e diversi piazzamenti vicino al podio. Per quale ragione? Non per la poca fiducia negli atleti, in quanto l’Italia alle Olimpiadi ha sempre avuto un buon medagliere, ma perché i nostri ragazzi hanno trascorso più di un anno e mezzo di preparazione condizionati fisicamente e psicologicamente, per essere stati sottoposti al vaccino, ai tamponi, all’uso delle mascherine, a infiniti controlli e al timore di essere trovati positivi al covid-19”.
-Come vivono gli atleti il peso delle responsabilità?
“Da considerare con attenzione ciò che ha detto Jury Chechi nei confronti della ginnasta Simone Biles e cioè che il peso della responsabilità di vincere crea una situazione interiore così pesante, da non riuscire a sopportarne, in certi casi, l’impegno. Ha ricordato la situazione che ha vissuto personalmente ad Atlanta 1996. Da un anno infatti, alcuni opinionisti affermavano che avrebbe vinto l’oro e cinque giorni prima della finale non riusciva più a fare nemmeno una capriola. Ma poi, con il conforto di tutti i compagni, allenatore, medico e fisioterapista si è liberato di quel peso ed è riuscito nell’impresa. In tanti hanno criticato Simone Biles senza sapere cosa le potesse essere successo. Secondo me è sciocco, è un po’ come succede a volte nel mondo opinionistico del calcio, dove tutti si sentono più bravi del mister, perché la squadra ha perso una partita o perché un giocatore ha sbagliato un rigore. Assolutamente sbagliato! Mi viene spontaneo parlare della Ginnastica, che ha vinto una medaglia di bronzo con la squadra della ritmica – Onore! Una medaglia d’argento individuale con Vanessa Ferrari. Cosa dire di questa ginnasta? Grande! Ma c’è di più! La squadra dell’artistica femminile al quarto posto. Ahimè! Un risultato straordinario che, però, lascia l’amaro”.
-E della Ginnastica artistica maschile cosa dici?
“Sono deluso. È dalle Olimpiadi Londra 2012 che la squadra italiana non si qualifica. A Tokio 2020 c’erano due ginnasti, Marco Lodadio e Ludovico Edalli: il primo, vice campione del mondo in carica, non si è neanche qualificato per la finale. Ludovico, invece, gareggiava su tutti e sei gli attrezzi e ambiva alla finale All Around dei 24 migliori ginnasti e anch’egli non si è qualificato. Entrambi, con ottimo potenziale tecnico per la finale, non so perché abbiano fatto una brutta gara. Non posso esprimere un giudizio, perché non conosco i fatti, ma quello che so è che in Italia ci sono numerosi ginnasti di alto valore tecnico. Li ho visti due anni fa in una gara, prima dei Mondiali di qualificazione per Tokio 2020 e avrei scommesso che la squadra si sarebbe qualificata, ma così non è stato, perché sono stati commessi parecchi errori, com’è successo per la qualificazione di Rio 2016. Spesso la colpa ricade purtroppo sui ginnasti, ma forse i colpevoli non sono loro. Credo che si possa davvero fare molto meglio, basta fare tesoro degli errori commessi e lavorare con l’intento di riportare la Ginnastica artistica maschile ai livelli di una volta”.
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