(S) Che cosa ti aspetti da queste elezioni, condizionate dall’immobilismo obbligato del semestre bianco, dal mantello di Draghi che copre tutte le contraddizioni, sia ideali sia programmatiche? Non c’è neppure la speranza che Draghi ci provi a fondare un suo partito come, maldestramente, fece Monti in una circostanza simile. I partiti lo spediranno al Quirinale, magari proprio per proteggersi da una simile prospettiva.
(C) Quanto a me, comincerei a parlare del campionato di calcio, per le preziose metafore che ci consente.
(O) Ti pare normale che un allenatore sia esonerato già alla terza giornata? L’abbiamo chiamata la logica del ‘capro espiatorio’, ma è persino peggio, è macelleria peggiore persino di quella politica!
(S) Ben pagata, tuttavia. Ma accade proprio per accontentare la massa di tifosi che ne sanno più dei tecnici. Il populismo è nato prima nel tifo calcistico, che nella politica, dalle chiacchiere del Bar Sport. Allora avanti con le metafore, calcio-politiche di Costante.
(C) La più facile è quella della città come una squadra di calcio. Nel nostro mondo di piccola città di provincia c’è questo paradosso: tutti sono accaniti tifosi di una delle grandi squadre di serie A e invece seguono blandamente le sorti della squadra locale, che anzi, appena fuori dalla cinta daziaria si ritrova sostituita anche in questa seconda preferenza da quella locale. Come la squadra, anche la città politica ha bisogno di un rilancio, che potrà ottenere solo se saprà uscire dalle sue mura, unire a sé altre energie e giocare partite più impegnative di quelle del recente passato.
(S) Vorresti che, come le rivalità calcistiche nazionali venivano superate dall’affezione per il Varese calcio dei tempi di Borghi, con Picchi e Anastasi in campo e Arcari allenatore, così la città trovasse una leadership capace di unificare le varie tendenze politiche nell’interesse superiore della città? Mi sembra francamente utopistico, con la polarizzazione e la frammentazione politica attuale, un sogno che neanche Onirio…
(O) Quello che tu chiami sogno, ritengo sia una necessità. Il dato straordinario delle elezioni di Varese è la domanda di partecipazione: sette candidati alla carica di sindaco e cinquecento (500) a quella di consigliere! La voglia di metterci la faccia sembra a prima vista rafforzare uno spirito di divisione: mi candido perché non mi sento rappresentato da nessun altro. Nello stesso tempo questa cospicua presenza di cittadini impegnati spingerà i candidati che si affronteranno al ballottaggio, a tener conto di una pluralità di contributi programmatici e di sensibilità sociali differenti, quindi ad accorciare le distanze che caratterizzano i riferimenti ideali e partitici dei principali candidati. Questa potrebbe essere la premessa per una collaborazione efficace tra maggioranza e opposizioni, quale che sarà il risultato finale.
(C) Anch’io penso che uno di difetti della passata consiliatura, comune a maggioranza ed opposizione, sia stata la contrapposizione pregiudiziale. Credo però che si sia capito che questo metodo non paga, come dimostrano sia le crepe apertesi nella maggioranza, sia la scarsa capacità propositiva dell’opposizione.
Dovranno dunque verificarsi due condizioni, affinché avvenga una svolta positiva: una maggiore capacità di dialogo dei principali esponenti di maggioranza ed opposizione e una presenza più attiva dei corpi sociali, cosiddetti intermedi: i sindacati, le associazioni imprenditoriali e professionale, il mondo cattolico. Per quest’ultimo possiamo vedere già in azione il gruppo di LETTERA ALLA CITTA’ e siamo sicuri che non smetterà di suggerire e di sollecitare soluzione concrete secondo il metodo della sussidiarietà.
(S) Mi sembrate ambedue troppo ottimisti. Per tornare alla metafora calcistica, l’elezione del sindaco è come il campionato: lo vince uno solo e uno solo festeggia. Quando è vinto è vinto. Il sistema elettorale è ben diverso da quello dei tempi di Costante, quando si poteva contrarre un accordo programmatico anche dopo le elezioni e diventava lo strumento per superare le difficoltà dei cinque anni successivi, nella maggioranza e in parte anche nel rapporto con l’opposizione, che sapeva fare bene il suo mestiere anche in modo propositivo. Invece io sono quasi sicuro che proprio la fase del ballottaggio farà passare in secondo piano i progetti locali e i buoni propositi amministrativi e verranno in primo piano i temi nazionali divisivi sventolati dai leader. Sono gli unici che conoscono.
(C) Ottimista forse lo sono, ma non illuso. Penso che questa “carica dei cinquecento” non si esaurirà in pochi giorni e sarà la base di una domanda di partecipazione concreta e duratura. Sarà più facile riportare in serie A la città che la squadra di calcio. E, lasciatemelo dire, anche più importante.
(S) Quali sarebbero per la città, secondo te, il bel gioco, lo scudetto, la Champions League?
(C) Il bel gioco è sicuramente la sussidiarietà. Lo spazio della sussidiarietà non è quel residuo di azioni che lo Stato o il comune non vogliono fare, perché costano troppo o sono faccende antipatiche che richiedono una buona dose di carità. Sussidiarietà è il metodo principale per una creatività a tutto campo, sociale, ma anche economica e istituzionale. Dalla sussidiarietà, per esempio, nasce il recupero delle periferie, con il decentramento di servizi e un miglior collegamento, non solo con il centro, ma anche e soprattutto tra loro. Così si crea l’unità della città. Stare in serie A è restare collegati con i motori sociali ed economici a noi più vicini: Milano e il Canton Ticino, la Malpensa e la zona pedemontana. Fuori dalla metafora sono necessari gli investimenti infrastrutturali per favorire la reindustrializzazione del territorio. Per lo scudetto sarà necessario un investimento tipo calciomercato: comprare (non vendere) qualcosa che per noi sarebbe come Ronaldo: dobbiamo ottenere il raddoppio delle ferrovie verso Malnate e verso Induno e il collegamento tra le due stazioni.
(O) E la Champions?
(C) Per la città sarebbe la continuazione dell’unico pezzo di reale circonvallazione, oggi fermo a via Piero Chiara, in complanare con il raddoppio della ferrovia Nord almeno fino a Casciago. Da lì, o da una nuova fermata presso Masnago, far partire due tronchi di funivia, uno verso la Schiranna e uno verso la stazione della funicolare. Si creano una zona industriale integrata e un’opportunità turistica. Ma soprattutto si toglie dal centro di Varese quel traffico di attraversamento che è incompatibile con le funzioni e la vita di un centro cittadino. Le ho sparate grosse?
(S) Senza dubbio. Nessun candidato oserebbe promettere tanto.
(C) Non deve essere un programma di consiliatura di cinque anni. Ne occorrono molti di più. e non può essere nemmeno il programma di una parte, a cui quell’altra si affanni a mettere i bastoni tra le ruote. Può essere solo la speranza, il sogno, il progetto, la sfida della città intera.
(O) Se ci ricordiamo del Varese in serie A e secondo in classifica per mezzo campionato…
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti
You must be logged in to post a comment Login