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Editoriale

IL TRAVASO

MASSIMO LODI - 17/09/2021

salvini

Salvini tra Giorgetti e Meloni

Ci sono due Leghe. Quella costruita da Salvini a sua misura e quella costruitasi senza di lui. La lega nazionalista, la Lega regionalista. La Lega sovranista che occhieggia a destra, la Lega autonomista che sfugge gli estremi dell’arco politico. Guarda a sé stessa e altolà.

Bossi first obietta a Salvini. Prima lo ha fatto alla sua roca maniera, adesso tiene silenziata l’insofferenza. È un senatore ottantenne che deve la rielezione all’ex giovincello da lui scelto per il Consiglio comunale di Milano. Non può andare oltre una trattenuta soglia critica. Altri parlano come vorrebbe l’Umberto: li delude la Lega concorrenziale a Fratelli d’Italia. Per esempio: l’assessore veneto Marcato, un fedelissimo di Zaia, le canta un giorno sì e l’altro pure al Capitano. Il governatore ipse -assieme al pari grado del Friuli, Fedriga- ne ha preso le distanze sul tormentone del green pass. A ruota lo seguono gli omologhi nordisti, forti del sostegno delle forze economiche e delle aspettative sociali. Salvini che fa l’ondivago surfista, un po’ con Draghi e un po’ no, increspa le acque del partito. Il Marcato va ormai per le spicce. Gl’intima: fai ‘sto congresso federale, ci contiamo e si decide la linea. Idem chi la interpreta e ne impone il rispetto.

Matteo ha l’incubo di Giorgia. Lo terrorizza l’ipotesi che la Meloni possa batterlo in voti alle amministrative d’ottobre, rivendicando poi la leadership del centrodestra e l’insediamento in un Palazzo Chigi del prossimo futuro, qualora ne venisse sloggiato Marione, asceso al Quirinale. Perciò il verdetto di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Varese eccetera sarà decisivo per le sorti di Salvini. Il guaio è, argomenta la fronda, che questa campagna a zig-zag del segretario possa favorire gli avversari anziché i propri candidati. L’insistere su derive radicaleggianti nel momento in cui agl’italiani importano salute, stabilità, lavoro/business, sicurezza del futuro e infine amministrazioni locali pragmatiche può rivelarsi un mortifero boomerang.

Del resto a privilegiare buonsenso e realismo a stereotipi propagandistici è Giorgetti. Ovvero il leghista d’antan e insieme d’avanguardia, la personalità che ha traversato tutte le ‘stagioni verdi’ senza mai correre il rischio di diventare una foglia morta. L’uomo del trattare e del fare. Uno che, al di là dell’istituzionale sventolìo della bandiera di parte, lascia intendere: con le acrobazie verbali non si va lontano. Al contrario, s’insinua in molti elettori la tentazione d’avvicinarsi a gente dell’ex campo avverso: un fenomeno ormai abituale, nella “società liquida”. Da qui l’angoscia del leghismo nelle grandi, medie, piccole città: il travaso dei moderati, favorito dall’alternarsi di colpi al cerchio e alla botte. Ieri piena, domani vuota. A perdere?

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