Mi sono laureato nel 1980 con una tesi in radiologia. L’allora primario era il prof. Luigi Tenti, uomo d’oro sotto mille aspetti e medico eccellente, che mi prese sotto la sua ala protettiva.
Credo che durante tutti i percorsi di studi prima o poi gli studenti inciampino in personalità carismatiche che sanno gettare il seme affascinante dell’interesse in terreni fervidi e pronti alla coltura (con la o).
Il prof mi chiudeva nel suo studio sotterraneo, tipo catacomba, infilava nei diafanoscopi decine di lastre e scompariva un paio d’ore dicendo che mi avrebbe interrogato al ritorno. Di fronte ai miei occhi ho ancora quelle immagini (Tenti ha lasciato un patrimonio unico dal punto di vista scientifico) incredibili: proiettili entrati nel cranio e li rimasti senza far danni, ogni oggetto immaginabile ingerito, attrezzi vari lasciati nelle cavità da chirurghi… distratti etc etc
Al suo ritorno per ogni lastra aveva una storia, sembrava più uno scrittore alla rincorsa del passato, che un medico. Poi finiva sempre con l’amarezza di sentirsi, come radiologo, poco apprezzato dai colleghi: mi faceva vedere le richieste sempre molto scarne, asciutte, senza una minima indicazione che potesse aiutare il medico nella diagnosi. Si sentiva usato e non una parte determinante del percorso clinico diagnostico.
Con questi pensieri non solo voglio rendere il dovuto omaggio ad un grande uomo, ma soprattutto sottolineare, anche se in modo postumo, che la medicina gli ha dato ragione. Ora infatti si sono rovesciati i termini: non solo sono molto spesso i radiologi a fare diagnosi ma ora c’è anche una branca di radiologia interventistica che è fondamentale in diversi settori.
La diagnostica, dalla mia laurea ad oggi, ha fatto passi da gigante sfruttando le nuove tecnologie ed in mano agli specialisti oggi ci sono strumenti meravigliosi. Dai fantastici disegni anatomici di Leonardo alla semiotica medica di un tempo ove le diagnosi venivano fatte con vista, udito, olfatto, tatto ed anche gusto (si assaggiavano le urine dolci dei diabetici) si è passati ad esami non invasivi che ci permettono di vedere il corpo umano come se fosse aperto su di un tavolo autoptico.
Quali sono le tecniche più comuni attualmente usate?
La radiografia resta una ottima risorsa anche se è la più datata. È. una tecnica che utilizza le radiazioni elettromagnetiche X per studiare segmenti ossei o distretti anatomici. Alte dosi di radiazioni X sono usate anche in terapia (radioterapia) proprio per la loro capacità di arrecare danno ai tessuti.
Le macchine di oggi hanno sempre dosi più basse di raggi X con immagini migliori e ciò riduce al minimo il rischio di danno da esame radiografico.
La TAC o tomografia assiale computerizzata utilizza sempre raggi x ma con un procedimento di rielaborazione delle immagini analogica che permette di avere una visione bi o tri dimensionale del distretto da indagare.
Entrambe sfruttano il fatto che un fascio di raggi X subisce una attenuazione diversa a secondo della densità dei tessuti attraversati. Un potente elaboratore matematico è quindi in grado di rilevare anche la minima perdita di intensità del fascio radiante e di trasformare questo messaggio in una realtà ideale per l’indagine di organi ed apparati.
I mezzi di contrasto che possono essere utilizzati in alcune TAC particolari (ad esempio quelle dei vasi, angio-tac), sfruttano il fatto che queste sostanze sono in grado di modificare la capacità assorbente dei raggi X e permettono quindi di mettere in maggior evidenza alcuni elementi anatomici.
Il mezzo di contrasto è generalmente somministrato o per via orale o per via sistemica (endovena).
La risonanza magnetica nucleare invece non sfrutta i raggi X ma i campi magnetici e onde a radiofrequenza che vanno a colpire la parte del corpo.
Provocano a loro volta la produzione di campi magnetici ed energia da parte del segmento anatomico colpito che viene rilevata e rielaborata.
Tecnica molto complessa che in pratica utilizza gli ioni idrogeno altamente presenti nel nostro corpo (60% acqua) come punto bersaglio ed una rielaborazione del messaggio di risposta per la creazione delle immagini.
L’ecografia invece utilizza le onde sonore (ultrasuoni) che vengono emesse da particolari sonde, inumidite con gel non tossici, a loro volta poste a contatto con la pelle del paziente.
L’indagine può essere fissata in immagini ma resta un esame dinamico, come un film, del quale il regista (radiologo) può fissare una foto in qualche molto chiarificatrice.
Nel complesso quindi una serie di ausili diversi ma che si completano a vicenda con relative poche controindicazioni assolute e che forniscono al radiologo armi importanti al fine della valutazione di una patologia di un organo o di un segmento corporeo.
Ad oggi non c’è specialista che non si avvalga della consulenza del radiologo sia per confermare un sospetto o una diagnosi ma, molto spesso, anche per cercare di capire realmente cosa sottostà a quanto rilevato da una visita, che sebbene accurata, ormai ben difficilmente è sufficiente per una diagnosi definitiva.
Il prof sarà felice.
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