Quando vede un piccolo aereo a bassa quota il mio nipotino punta il dito in aria ed esclama: oh! Tutti i bambini “fanno oh”, secondo una canzonetta. Gli dico che il pilota di quel velivolo potrebbe essere don Adriano, il sacerdote che l’ha battezzato, che ha sposato sua mamma e suo zio, che ha benedetto le nozze d’oro dei sui bisnonni Giacomo e Maria, che da 37 anni è la guida spirituale di un luogo dell’anima: Velate. Ma che può capire a sedici mesi Michelangelo? Un giorno gli spiegheranno che anche i preti volano, ma sarebbe limitativo senza aggiungere la fotografia, il cinema, la musica, le scienze insegnate per anni ai seminaristi di Venegono, insomma il bagaglio di interessi e di competenze che fanno di don Adriano Sandri un parroco speciale.
Ha appena compiuto 80 anni e rifargli gli auguri da questa testata che lui ama tanto è un piacere.
Il compleanno gliel’ha festeggiato Carla Tocchetti esponendo in oratorio alcune centinaia di immagini scattate da lui durante i suoi voli in aereo o in aliante. Direte: fin qui ci hai parlato di un aviatore e il prete? Beh, chi sono io per giudicarlo. Poi don Adriano è un amico conosciuto negli anni ‘50, pensate, all’oratorio di Porto Ceresio, dove veniva da seminarista con un proiettore e ci faceva vedere “Marcellino pane e vino”. Ma San Gregorio Magno Papa affermava che quando il Signore manda qualcuno a predicare lo promuove sentinella, cioè lo colloca in un luogo elevato per scorgere da lontano qualunque cosa stia accadendo. Ecco l’immagine della sentinella, riservata e vigile, descrive bene il pastore di una comunità non semplice da tenere insieme ma che il don ha saputo governare con sapienza.
Borgo di villeggiature illustri, Velate: Leopoldo Pirelli ci nacque, Renato Guttuso lo elesse a santuario della sua arte, gli Zambeletti della farmaceutica ci abitavano in due grandiose ville, per non parlare dei Clerici, eredi di un senatore del Regno, e di Guido Bianchi da Velate, infine, il vescovo ribelle che qui ebbe i natali. Attorno a questi monumenti della storia, brava gente, la buona borghesia operosa e felice di svegliarsi la mattina avvistando lassù Santa Maria del Monte col convento delle Romite e la vetta del Campo dei Fiori.
Sì, la leggenda del “prete con le ali” ha fatto il giro dei media e una volta finì nelle scene di un film di Marco Vicario. Ma oggi sarebbe irrispettoso anteporla alla gratitudine per un gentiluomo di Dio, per la longevità della sua missione, per il suo decidere di non lasciare, a quell’età, considerando che nella vigna celeste le braccia sono sempre di meno.
Quanti gli vogliono bene in questi giorni hanno declinato i meriti del sacerdote che ha aperto le porte della sua chiesa a filosofi, musicisti, attori, tenori e dell’uomo di relazioni internazionali che ha dedicato un altare della sua chiesa all’imperatore Carlo d’Asburgo, sfruttando l’amicizia col suo ultimo erede vivente.
Chi scrive queste note lo ringrazia per avergli fatto conoscere da vicino padre Adelio Lambertoni il coraggioso missionario partito da Velate e finito a Hong Kong nei primi anni ’60 quando i cinesi non facevano prigionieri tra chi predicava il Vangelo. Laggiù questo “Marco Polo della fede” adottò cinque bambini raccolti tra barche corrose dall’umidità, ne fece una famiglia, morì qualche anno dopo la fine del protettorato britannico e il ritorno dell’isola sotto il regime di Pechino. È. sepolto a Velate e forse doveva riposare in Cina perché diceva: nella mia vita ho mangiato più riso che spaghetti. Il suo cuore, i suoi affetti erano là.
È. andata così per eccesso di amore.
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