È stato l’Arcivescovo di Milano Mario Delpini a celebrare la santa messa di giovedì scorso, nella Basilica di San Vittore in Varese, in occasione del Settenario dell’Addolorata. Durante il rito si è data lettura del Decreto di Venerabilità di Carlo Angelo Sonzini, fondatore delle Ancelle di San Giuseppe. Di lui è in corso la causa di canonizzazione e le sue spoglie sono dal 2018 conservate nella chiesa intitolata al nostro patrono.
Nato il 24 di giugno del 1878 a Malnate, umile nel porsi, quanto nobile nel suo modo di corrispondere alla vocazione, Sonzini visse da autentico ministro di Dio in assoluta obbedienza e dedizione agli altri. Entrato giovanissimo in seminario seguì senza incertezze la strada apertagli da chi, come don Luigi Talamoni, aveva notato in lui i precoci talenti di una vocazione solida. Fu sacerdote nel 1901, poi insegnante al collegio Arcivescovile di Arona e nel seminario di Seveso, e per molti anni canonico in Basilica. Le biografie -ricchissima e puntuale quella della giornalista Antonia Massarotto- raccontano un uomo di Dio infaticabile nell’occuparsi del suo apostolato religioso e insieme delle necessità quotidiane dei fratelli. Cure corporali e spirituali del suo gregge erano per lui oggetto parallelo di attenzione. Per questo si dedicò particolarmente ai bisognosi, agli afflitti, agli ammalati, ai lavoratori. E fu tra i primi a capire le inadeguatezze della condizione femminile. Allo scopo fondò in Varese la Casa San Giuseppe di via Griffi, luogo di accoglienza e ricovero per le lavoratrici che, negli anni seguenti la prima guerra mondiale, arrivavano nelle città dalle campagne in cerca d’occupazione come domestiche. La sua Casa, attraverso l’impegno della Congregazione delle Ancelle -da lui istituita- offrirà assistenza e ospitalità, calore e affetto particolarmente alle giovani per evitare loro isolamento, emarginazione e sfruttamento. E ancora oggi assolve a simili necessità.
Ma servirà anche, negli anni della dittatura fascista, a salvare i perseguitati politici, gli ebrei, e chiunque fosse ricercato o in pericolo di vita. Ci sono episodi noti, e tanti nomi di fratelli e sorelle salvati, rintracciabili nella biografia del Sonzini, che raccontano i rischi della Casa, delle Ancelle, di Monsignore stesso, assunti in spirito di assoluta carità e solidarietà nel contrastare l’occhiuta attenzione del regime. Il suo impegno giovanile si era spinto alla cofondazione, fin dal 1914, del noto settimanale cattolico Luce! E anche in questo campo il Don rivelò da subito capacità organizzative e dirigenziali nella gestione del giornale, oltre che il consueto coraggio nel parlar chiaro e nel sostenere i diritti e la dignità delle persone. Inevitabili furono di conseguenza le censure operate dal regime, le violenze e le minacce contro le quali Sonzini combattè con le sole armi del coraggio e dell’intelligenza. Il suo giornale e la sua tipografia si troveranno comunque pronti, al momento opportuno: come testimonia quella pagina diventata storica, stampata in velocità e segretezza nottetempo, per annunciare ai fratelli la sirena della Liberazione nel ‘45.
Il Don era del resto stato sempre abituato a non sprecare il tempo : proprio e degli altri.
Lo sapevano bene tutti quelli che alla porta del suo studiolo trovavano un perentorio, ironico cartello: Signore benedici chi non ci fa perdere tempo.
Monsignor Sonzini lasciò le Ancelle, dopo una lunga malattia che lo aveva costretto progressivamente all’immobilità. Si spense nell’abbraccio riconoscente e commosso di quanti gli avevano voluto bene. Era il 5 febbraio 1957.
La sua lungimiranza nell’occuparsi della condizione femminile ci tocca oggi più che mai da vicino, nella tragica attualità di Paesi dove ogni diritto viene negato alle donne.
Invochiamo, per tutte queste sorelle perseguitate, alle quali siamo vicine, anche l’abbraccio forte e il sostegno spirituale di Monsignor Sonzini. Per lui non esistevano confini o differenze di razza, di religione, di genere.
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