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Chiesa

TIRO A SEGNO

SERGIO REDAELLI - 10/09/2021

papa-bergoglio “Dimettermi? Non mi è mai passato per la testa. Ogni volta che un papa è malato c’è aria di conclave”. Francesco smentisce, con un pizzico d’ironia, le cornacchie che hanno gracchiato senza sosta, per tutta l’estate, annunciando l’imminente rinuncia, già in autunno, del vicario argentino. In agosto il tam-tam è risuonato senza soste. A evocare per primo la parola che di norma segue la morte di un pontefice è stato il blogger vaticanista Sandro Magister, che già in luglio vaticinava questa eventualità dopo la pubblicazione di due libri sulle presunte cattive condizioni della Chiesa cattolica.

Conclave. La fatidica parola è stata ripresa da Antonio Socci, giornalista critico con l’ex arcivescovo di Buenos Aires, che ha amplificato le voci allarmate sullo stato di salute del papa dopo l’intervento al colon subito il 4 luglio al Policlinico Gemelli di Roma. Citando un articolo del Sismografo, di solito ben informato sulle cose vaticane, Socci segnalava una serie di sospette coincidenze: l’intervento chirurgico urgente e non programmato, la gravità della malattia “severa e degenerativa”, i medici del Gemelli che avrebbero voluto trattenere più a lungo in corsia l’infermo, la stranezza dei comunicati stampa non firmati dallo staff medico.

Il prossimo 17 dicembre – ha rincarato Socci – il papa compirà 85 anni, la stessa età di Benedetto XVI al momento della rinuncia. Dovesse dimettersi anche lui? “Avere un papa emerito crea già confusione, averne due finirebbe per complicare il quadro”, ha concluso il giornalista prospettando la convivenza di addirittura tre papi. Il sito scandalistico Dagospia ha poi messo la ciliegina sulla torta scrivendo che la partita della successione sarà tutta italiana e si giocherà tra il segretario di Stato Pietro Parolin, attuale “braccio destro” del pontefice e il cardinale di Bologna Matteo Maria Zuppi.

“I papi si fanno in conclave”, ammoniva il saggio cardinale Giuseppe Siri ma la stampa a volte si porta avanti. Incurante delle voci che circolano, Francesco ha annunciato l’intenzione di recarsi in Ungheria e Slovacchia già in settembre, poi in Scozia per la conferenza sui cambiamenti climatici, in Grecia, a Cipro e Malta. Lo farebbe se stesse male? Improbabile. Ma il papa è come il prezzemolo e va bene per insaporire ogni notizia. Secondo il faccendiere Luigi Bisignani, già membro della loggia P2, sarebbe in contatto con i talebani attraverso la Segreteria di Stato per mettere al riparo l’Italia dagli attacchi terroristici. In cambio di un tacito sostegno al sultanato.

Vero? Falso? Ognuno può farsene un’idea. Il papa invita a vaccinarsi? Piovono acide reazioni. Intervistato da un quotidiano di Roma, il noto blogger ultra-tradizionalista Aldo Maria Valli, nemico giurato di Francesco, sentenzia che “l’appoggio al vaccino prova l’appiattimento del Vaticano sulle posizioni mainstream” e che l’inquilino di Santa Marta si presta a fare da “testimonial alle case farmaceutiche con cui la Santa Sede fa affari da tempo”. Il rosario delle critiche continua. Francesco confida che non sa se incontrerà il leader magiaro Viktor Orban nella prossima visita in Ungheria? Tuoni e fulmini, offende un capo di Stato.

Le sue riforme economiche e giudiziarie? Sono operazioni di facciata per accentrare il potere. La decisione di limitare l’uso delle messe in latino? Il papa usa metodi peronisti. Nulla si salva. Neppure le belle parole spese da Francesco per Angelo Becciu sotto processo a cui, come sappiamo, ha revocato le prerogative cardinalizie. “Vorrei con tutto il cuore che fosse innocente – ha detto il papa – Becciu è stato un mio collaboratore e mi ha aiutato. Mi auguro che ne esca bene. Ma tocca al tribunale decidere, la mia è una forma affettiva di presunzione di innocenza”. Parole accorate e condivisibili, eppure c’è chi ci ha visto la contraddizione di chi prima denuncia e poi assolve.

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