Non può essere caduto l’oblio sui telegiornali che parlavano di morte. Con voce fredda, opaca, senza vita come il cuore di chi ascolta. Non si può essere in pace se si ostenta la guerra. Non posso amare chi odia al punto tale da sgozzare le donne. Il sangue dei loro bambini è ancora caldo; ho visto molte, picchiate dai talebani, che gettavano i figli al di là del muro. Alcuni sono caduti sul filo spinato della recinzione. “Che ne sarà di noi?- gridava una di loro. Intorno la folla si accalcava per salire sull’aereo in cerca della libertà. Che posso fare io, seduto in poltrona, in pantofole? Penso al talebano che è dentro di me, che si irrita contro chi non condivide le mie idee, alla trappola di menzogne come quelle proferite dall’occidente, alle promesse fatte e non mantenute, alle chiacchiere con cui si riempiranno la bocca gli uomini seduti attorno al tavolo del G7, del G20, dell’ONU, delle varie organizzazioni internazionali. Mi sorgono solo domande a cui non so dare risposta.
Gli USA invasero l’Afghanistan con lo scopo di privare Al Qaeda del suo santuario ed eliminare il regime talebano che glielo garantiva. Più tardi, gli USA stimolarono la partecipazione di altri paesi sotto la guida della NATO allo scopo di liberare il paese dall’oscurantismo talebano e favorirvi un sistema basato sullo stato di diritto. Ci fu, è vero, una gara di solidarietà per aprire scuole, ospedali, costruire infrastrutture, ma contemporaneamente l’ampio impiego dei droni provocava tragici effetti collaterali sulle popolazioni e l’ampia ostilità della maggioranza della popolazione nei confronti dei talebani incominciò ad affievolirsi. Braccato dai talebani, l’esercito afghano non oppose resistenza e non esitò ad unirsi a loro, mentre il presidente Ashraf Ghani fuggiva all’estero. Che cosa è successo in così breve tempo? Non si è consolidato uno stato forte accettato dalle sette tribali? O c’è stato il crollo di uno stato corrotto? E perché questa frettolosa evacuazione? È. frutto del cinismo dettato dalla politica interna americana? Indifferenza o superficialità dei comandi?
Perché i popoli musulmani di tutto il mondo non reagiscono a questa orribile deviazione della loro religione da parte di delinquenti e di barbari? Perché Al Azhar non si esprime con fermezza e senza ambiguità contro queste bande di distruttori dell’Islam? Perché le nostre femministe non manifestano in piazza il rifiuto assoluto di queste orde arroganti e trionfanti? E perché gli italiani, pronti a manifestare per i diritti a non vaccinarsi, non esternano solidarietà per i diritti fondamentali dell’uomo negati agli afghani?
Non ho risposte, ma ho una richiesta incessante. Nel pieno di questa apocalisse, i popoli liberi non possono rinunciare ad aiutare l’Afghanistan. Non possiamo lasciare donne e uomini morire lentamente nella storia. Gli imperialisti hanno terminato di dominare con le loro pretese di possesso. Ora è il tempo segnato della solidarietà, della collaborazione tra i popoli. L’Europa, stretta tra un’America spossata politicamente e fiacca moralmente, e l’incombente presenza economica cinese, sia unita: nessun paese vada senza aver concordato con tutti gli altri una comune politica estera e di difesa. Non si costruiscano altri muri. Non si badi ai propri interessi elettorali. L’avvenire non si può prevedere, ma si può preparare con la solidità della buona volontà, con la capacità di rimanere saldi nell’attesa, con la ferma volontà di costruire un mondo nuovo.
Dove s’insinua il male, talvolta troviamo il bene. Abbiamo tutti negli occhi la tenerezza del soldato norvegese che culla un neonato, la determinazione del nostro giovane console che aiuta un bimbo in lacrime a superare un muro, il pudore nascosto del soldato americano che trattiene le lacrime.
Ai criminali lasciamo il castigo, agli sventurati la protezione contro chiunque tenti di fare loro del male, ai governanti la rigorosa ricerca della pace, a tutti gli uomini la coscienza in cui possa germogliare la fortezza della speranza.
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