Arnold Schönberg non ha dedicato nel suo notevole corpus di scritti molto spazio alla riflessione politica in coerenza colla sua estetica. Aderisce a una visione, di matrice romantica, dell’arte come religione, che si accentuerà nel corso degli anni, dato il crescente coinvolgimento nella fede ebraica. Il concetto di creatore e di creazione dovrebbero per lui essere formulati in armonia col modello divino, i creatori umani devono far maturare le loro messi col sudore della fronte. Con l’aggiunta che per l’elevatezza delle sue visioni il creatore umano riuscirebbe inevitabilmente inattuale, raccogliendo incomprensione fra i contemporanei, mentre i risultati estetici sono il dovere primario della sua missione. Schönberg rimprovererà nel 1931 la ricerca dei consensi a Stravinskij e Hindemith. “ C’è un solo modo di assicurare l’avvenire: non pensare al futuro, né al presente, ma solo all’eternità”. Le posizioni ideologiche di Schönberg si limitano all’amara constatazione della caduta delle idealità della borghesia ottocentesca di formazione e non condividerà le istanze egalitarie del comunismo in ragione del suo illuminato senso della giustizia, l’opposizione al fascismo e al nazismo, l’orrore per l’antisemitismo. “So che le cose che si vorrebbero dividere non bastano per tutti, ma appena per un decimo dell’umanità e che le cose che abbondano (disgrazie, malattie, bassezze, inettitudini) toccano lo stesso a tutti “. I dissensi sollevati da Schönberg nel periodo prebellico come rivoluzionario radicale si tramutano in accuse di eccesso di individualismo romantico.
L’approdo di Schönberg alla dodecafonia nel 1923 con la ricomparsa nella sua musica di forme della tradizione ha innegabili relazioni con il nuovo clima. Schönberg inventa uno spazio dodecafonico in cui le logiche interrelazioni tra i parametri e la forma riformulano quelle del sistema tonale. Il suo pensiero compositivo è essenzialmente ipotattico, organicistico, mentre quello di Stravinskij è essenzialmente paratattico, cubista. La contiguità narrativa tra le profonde emozioni della guerra e l’assunto formalista della non espressività della musica, pilastro dell’estetica di Stravinskij e del suo cosiddetto neoclassicismo, potrebbero riferirsi ad una associazione in senso psicanalitico.
Animate querelle quelle legate al dibattito politico-ideologico in Francia datavano già dalla nascita della Société Nationale de Musique, fondata il 25 febbraio 1871 dopo la sconfitta nella guerra franco-prussiana: chiari gli intenti nazionalistici, sintetizzati nel programma di Ars Gallica(lo stesso neoclassicismo fu inteso come un opporsi alla dilagante egemonia tedesca). Le coq et l’Arlequin (1918) di Jean Cocteau è diretto a contrastare gli idola più ingombranti del primo Novecento: Wagner e Debussy. “Nella foschia Debussy o nella nebbia Wagner, non ci si perde, ma ci si prende una malattia”. Ovvia l’alternativa al romanticismo wagneriano e all’impressionismo di Debussy: lo stile scarno, classico, la semplicità di Erik Satie. Del 1926 è il rappel à l’ordre di Jean Cocteau in opposizione al disordine brutale e allo spirito di distruzione dell’avanguardia. E col richiamo all’ordine si coniuga l’idea circolante tra gli anni Dieci e Venti nella cultura parigina., però senza operazioni archeologiche. “Sono da compatire gli artisti che, per consolarsi del disordine, debbono fare il viaggio ad Atene “. Nell’Oedipus rex di Stravinskij il compositore russo Lourié individua i tratti rassicuranti del classicismo da opporre alla babelica confusione della modernità. Nel balletto di Stravinskij Le Baiser de la fée (1928) è trovata una risposta seccata del compositore al gusto sovietizzante del balletto di Prokofiev Le Pas d’acier(1927).
Sul neoclassicismo dopo la seconda guerra mondiale così nel 1951 si esprimerà Pierre Boulez: sembra che il mondo viva dal 1920 in una ossessione di classicismo. Stile e oggettività sono i due epiteti maggiori di questa avventura. Due le tendenze: l’una a trovare l’oggettività totale nella musica pura, l’altra, più validamente, si fonda su una dialettica storica per caratterizzare una nuova universalità di stile.
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