Gesù era un maestro esigente, ma aveva anche una grande capacità di compassione verso i deboli, gli smarriti, i peccatori. Per questo, come i profeti, smaschera qualsiasi idolatria e parla ai cuori di chi l’ascolta per ricondurli all’unico Signore. La parabola del “fattore infedele” – un discorso paradossale, un po’ strano, di facile comprensione letterale, ma di difficile interpretazione – è “apparentemente fuorviante e inadatta a rispondere alle esigenze di un’etica segnata da giustizia, veridicità, lealtà” (Enzo Bianchi).
Il messaggio finale ci lascia stupiti: l’uomo ricco loda il suo truffatore. Sorpreso a rubare, l’amministratore sa che rischia il licenziamento; perciò, trova un’idea geniale: si crea una rete di persone favorevoli, a cui cancella parte dei debiti. Così facendo, però, pur senza saperlo, fa un gesto profetico: si comporta come Dio con noi: “dona e perdona, rimette i nostri debiti. Da malfattore diventa benefattore: regala pane, olio, cioè vita, ai debitori. Lui lo fa per interesse, ma intanto cambia il senso, rovescia la direzione del denaro, che non va più verso l’accumulo ma verso il dono, non genera più esclusione ma amicizia” (Ermes Ronchi).
Il personaggio più interessante della parabola è il ricco, figura di un Signore sorprendente, che ammira l’amministratore disonesto perché ha agito con scaltrezza, puntando tutto sull’amicizia. Ecco la lezione, in sintesi: “Fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle dimore eterne”. L’amicizia diventa un comandamento, umanissimo e gioioso ed è elevata a progetto di vita, fatta misura dell’eternità.
La conclusione è chiarissima: le persone contano più del denaro. Prima di Dio ci verranno incontro coloro che abbiamo aiutato, nel loro abbraccio riconoscente si annuncerà l’abbraccio di Dio, dentro un paradiso generato dalle nostre scelte di vita. Nella parabola la scaltrezza dell’amministratore disonesto è semplicemente mostrata – al di là del giudizio morale – come esempio di intraprendenza e di zelo per le cose di questo mondo, per stimolare i seguaci di Cristo ad avere almeno altrettanta sollecitudine nel cercare le vere ricchezze, quelle della vita eterna, che Dio vuole dare a quanti cercano al di sopra di tutto Lui e il suo Regno.
Ancora una volta siamo di fronte alla domanda fondamentale dell’esistenza: credi che vi sia una vita eterna oltre quella terrena? E se credi, sei disposto a vivere in modo tale da poterla conseguire? C’è da mettere al primo posto quello che nella realtà dei fatti viene per ultimo: “il rendiconto finale”, per ricordarci che mentre si agisce, bisogna pensare al fine, non fermarsi a ciò che è utile o comodo al momento. Quello che si fa oggi pregiudica l’eternità.
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