Infuriava la guerra, gli Alleati si battevano con grande coraggio nel tentativo di sfondare la Linea Gotica ed entrare nella Vandea repubblichina per liberare la Penisola, i Liberator vomitavano ogni giorno tonnellate di armi, di viveri ma anche di micidiali ordigni incendiari. La distruzione era lo spettacolo che appariva ogni giorno davanti agli occhi delle popolazioni italiane, inermi e affamate, ma c’era anche chi disubbidiva agli ordini superiori e non voleva che un domani fosse compreso fra coloro che avevano partecipato alla devastazione dei monumenti che facevano dell’Italia il Paese più bello del mondo.
In un mondo sconvolto dal conflitto ci fu chi si rese conto che non era in gioco soltanto il successo militare ma un’eredità culturale di inestimabile valore: il patrimonio artistico dell’intera Europa, Italia “in primis”.
Ora il giornalista Tim Butcher della BBC, la storica emittente del Regno Unito, al termine di una lunga e difficoltosa inchiesta, ha aggiunto un prezioso tassello a quello che era emerso nei decenni scorsi: ha ritrovato infatti lettere, fotografie, appunti e diari di un oscuro, importante “eroe civico” che seppe separare l’onore e il dovere del soldato da quello dell’estimatore delle opere artistiche, la guerra dalla pace, la morte dalla vita.
Il suo nome è Tony Clarke, capitano dell’esercito di Sua Maestà Britannica nel corso del secondo conflitto mondiale. La sorte ha voluto che questo “angelo protettore” della cultura e dell’arte legasse la sua esistenza ad un capolavoro del primo Rinascimento italiano, la Resurrezione di Piero della Francesca custodito a Sansepolcro.
Clarke, sfidando la corte marziale e gli agguati nazifascisti, aveva infatti deciso di violare gli ordini che gli erano impartiti dai suoi superiori di prendere a cannonate, in modo indiscriminato, la storica cittadina della Toscana, comunicando, via via che avanzava, con la radio rice-trasmittente al quartier generale britannico e al suo comandante di non vedere né truppe del Reich né altri obiettivi sensibili da dover annientare quando in realtà i nazifascisti erano ancora presenti in massa nel luogo in cui Piero della Francesca era nato, pronti a vendere cara la pelle in una ritirata contrassegnata da stragi di innocenti e da immani lutti.
Il motivo era preciso: l’ufficiale, uomo colto (nel dopoguerra avrebbe aperto a Città del Capo la libreria più importante del Sud Africa), raffinato, sensibile, si era ricordato di avere letto in un libro di Aldous Huxley che a Sansepolcro si trovava la Resurrezione, “il miglior dipinto esistente al mondo”, qualcosa di assolutamente inestimabile.
Un ricordo balzato fuori dalla memoria malgrado le circostanze non fossero proprio quelle ideali fra morti e altri terribili eventi. Inoltre la Resurrezione, conservata oggi nell’antico edificio comunale trasformato in museo, aveva una “cifra” particolare: rappresentava infatti uno dei simboli dei viaggiatori inglesi che nell’Ottocento percorrendo in lungo e in largo l’Italia sino a toccare quel piccolo luogo toscano, avevano riscoperto i tesori di Piero, a cominciare, fra i tanti, proprio “quel Cristo – come scrisse Austin Henry Layard – dal volto dotato di una terrificante e non terrena maestà nei grandi occhi fissi nel vuoto e nei tratti del viso malgrado ciò distesi”.
La storia di Clarke è nota da tempo, certo da quel 1980 in cui il nobile eroe morì. Sansepolcro poco dopo in memoria gli dedicò una strada. Quello che non è conosciuto, e che è il fatto del giorno, sono i ritrovamenti nella sua libreria in Sud Africa dei suoi innumerevoli scritti che documentano quella incredibile vicenda e la trasferiscono alla lacerata e barcollante memoria dell’oggi.
La scoperta ha un valore preciso perché rimuove per sempre quell’alone di leggenda che questa storia si era trascinata negli anni, aggiungendosi agli innumerevoli gesti, altrettanto straordinari, di altri esponenti delle armate alleate (noti con il nomignolo di “Venus fixers” (gli “aggiustaveneri”) che, in collaborazione con alcuni valorosi funzionari dello Stato italiano, da Pasquale Rotondi a Gian Alberto Dell’Acqua, da Francesco Arcangeli a Cesare Fasola, da Giovanni Poggi a Ugo Procacci, da Emilio Lavagnino a Palma Bucarelli, da Giulio Carlo Argan ad Amedeo Maiuri, da Bruno Molajoli a tanti altri ancora, misero al sicuro (da terra e non in armi) il patrimonio artistico mobile fuori dalle città, bersaglio dei bombardamenti, in ville e centri minori, preservandolo dalla bramosia dei tedeschi che avrebbero voluto “proteggerlo” trasferendolo in Germania..
In un prezioso volume edito da Mondadori di Ilaria Dagnini Brey, dall’illuminante titolo“Salvate Venere!” questo quadro esce con grande nettezza e la storia sconosciuta dei soldati alleati che salvarono le opere d’arte italiane nella seconda guerra mondiale risplende di una luce intensissima.
Sansepolcro alla notizia del ritrovamento del materiale cartaceo ha risposto in modo entusiasta con un progetto che il sindaco Daniela Frullani ha riassunto così: “Per i mille anni della fondazione della città, i diari di Clarke rappresenteranno un punto centrale. Vorremmo presenti i familiari dell’ufficiale per dividere con loro la felicità di questo avvenimento. Vorremmo anche qualcosa di più: avere qualche sua lettera da poter porre accanto al capolavoro di Piero della Francesca che Tony Clarcke ha salvato dalla barbarie della guerra”.
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