“Niente sarà come prima” – dicevamo nel pieno della prima ondata della pandemia, quando le autombulanze sfrecciavano per le strade e il sibilo della sirena entrava dentro come un trapano e ci prendeva un’angoscia lunga; quando i reparti di terapia intensiva e i corridoi degli ospedali erano saturi di malati, mentre medici ed infermieri correvano ad intubare i morenti con la fiducia di poter salvare una vita; quando ci appostavamo dietro ai vetri della finestra della casa di riposo per poter salutare il nonno e dirgli che eravamo lì, che non l’avevamo abbandonato; quando vedevamo alla televisione sfilare il corteo degli automezzi militari che portavano i cadaveri dei nostri cari a essere cremati e ci pressava dentro l’angoscia di non aver potuto nemmeno rivolgere a loro un ultimo saluto.
Per l’aria c’era un silenzio nuovo, un silenzio che sembrava aver fermato il tempo. Cercavamo di poter continuare la nostra vita nella ristrettezza dei quattro muri di casa, tra uno sguardo al bimbo che doveva seguire le lezioni a distanza e un’occhiata al televisore che continuava a propinarci numeri di contagi, di ricoveri, di decessi. E nell’atmosfera più raccolta della sera piangevamo il congiunto, l’amico, il conoscente morti.
“Occorrerà cambiare stile di vita” – promettevamo. Sentivamo l’urgenza di ritrovare valori che credevamo desueti, avevamo voglia di pace, ritrovare la mitezza che coprisse la violenza con cui politici e scienziati si affrontavano alla televisione, salvaguardare la saggezza e l’equilibrio della coscienza, ritrovare le antiche abitudini e nuove speranze, abbandonare per sempre la voglia pazza di soldi e di evasione.
Le famiglie avevano smesso di passare il fine-settimana incollate davanti alle vetrine dei centri commerciali. I giovani, costretti ad abbandonare le strade della movida, avevano individuato il vero valore delle nuove tecnologie, abbandonando la povertà e la debolezza della banalità della parola per acquisire l’accordo meraviglioso di un’espressione forse mai pronunciata: “Sai, mi manchi. Sento la tua mancanza. Ti voglio bene e ti dedico questo motivetto…” e continuare strimpellando alcune note sulla chitarra. I papà in cassa integrazione avevano più tempo per giocare con i loro figli e avevano scoperto che c’è un modo nuovo e duraturo per essere padri.
Solo gli stolti che non pensano, gli insipienti, la cui diffidenza verso la scienza è superiore a quella dei dati, negavano la verità cercando di scampare, con grezza banalità e con la rozzezza delle allusioni, davanti alla verità dei fatti.
Ad un tratto abbiamo dimenticato tutto ciò: la frenesia seguita alla vittoria degli “europei” con l’insieme folle di persone che urlavano senza che nessuno cogliesse quello che era veramente accaduto: una vittoria importante, una gioia collettiva, ma non la fine della pandemia che gli assembramenti diffondevano maggiormente e più rapidamente. E poi sono arrivate le vacanze (da vacans = essere libero) e con esse l’affanno per trovare la spiaggia alla moda, il viaggio esotico, l’isola dove abbondano le discoteche come se l’identificazione sociale dipendesse dal luogo turistico che si frequenta. Al rientro, alla domanda: “Dove sei stato in vacanza?” si risponderà con quello che si è fatto, non con quello che si è visto, ammirato, contemplato. A ricordarci la tragicità del pianeta che stiamo distruggendo con l’inquinamento dei rifiuti, con il rumore, con lo spreco, con i gas nocivi, con l’innalzamento della temperatura sono arrivate infine le inondazioni che hanno fatto vittime, distrutto interi paesi. Abbiamo trascurato la promessa di essere più morigerati, più saggi nel capire e scoprire la natura e la storia, senza sprecare i pochi talenti che abbiamo, cercando di vivere la libertà e la felicità non acquistandola e riducendo tutto a danaro contro ogni senso del limite e ogni buon senso.
È questo il tempo delle vacanze. È il tempo per fermarci. È il tempo per riposare. Dovremmo dare un senso nuovo alle vacanze.
Dopo il tempo del confinamento, questo è il tempo di uscire, di camminare lungo i facili viottoli delle nostre campagne o arrancando i sentieri faticosi disseminati di ostacoli, per poi sostare tra la pace e la serenità di un luogo. I giovani intraprenderanno i “cammini” alla ricerca di una meta. Camminare è la metafora dei sentieri della vita sui quali spesso l’uomo cade, esausto e sfiduciato, per poi riprendersi.
Dopo il tempo dell’isolamento, questo è il tempo delle relazioni, dell’incontro con gli altri, ma non della massa. È il tempo dell’amicizia che trascende l’incontro virtuale del telefonino, della presenza fisica insignificante e porta a svelare la personalità dell’altro. Il tempo decreterà poi quanto ciascuno abbia bisogno dell’altro. Ci siamo perduti nell’orgoglio di poter fare tutto da soli, nell’individualismo egoistico che inaridisce l’animo ed ora abbiamo rinvenuto il valore della solidarietà, dello stare assieme, della compagnia dove si eliminano le sofferenze e si placano le animosità.
Dopo il tempo in cui abbiamo ignorato suoni, rumori a noi cari è venuto il momento di sentire delle voci eccezionali, decise o trasognate, del vento che passa veloce e poi si tace, del ruscello che scorre, dello sciame di api che ronzano attorno ai fiori, dell’accavallarsi delle onde. È il tempo per odorare la resina dei pini, il salmastro del mare, il prato tagliato di fresco.
Dopo il tempo in cui abbiamo ignorato la bellezza, oppressi come eravamo dalle occupazioni della quotidianità, ora possiamo contemplare i tenui colori dell’aurora e del crepuscolo, contare le stelle, soffermarci accanto agli specchi di un lago, ammirare la tavolozza dalle meravigliose sfumature dei fiori di un prato, il cobalto del cielo.
È il tempo di rientrare in noi stessi, di ascoltarci, di leggere un buon libro. Questo è il ristoro per l’anima, la vera libertà: è allora che la finzione si dissolve per lasciar spazio alla semplicità di pensieri e di sentimenti, i desideri sono di dolcezza e di elevazione, voglia di ascendere. Per ascendere occorre guardare in alto e vivere il quotidiano momento come una tappa che porta Lassù.
Buone vacanze, amici lettori, all’insegna del riposo e alla ricerca della libertà.
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