Oggi giochiamo con l’acqua, l’estate è infatti la stagione ideale per mare, piscine, laghi ed un bel tuffo rinfrescante dopo essere stati al sole.
Divertirsi senza farsi del male è però cosa intelligente, quindi puntiamo la nostra attenzione sui i due problemi maggiori in questo ambito: gli annegamenti ed il rapporto pasti/bagni.
Anche prendendo il tema con la massima leggerezza non dobbiamo dimenticare che in realtà alla base ci sono eventi spesso drammatici che coinvolgono più o meno tutti gli specchi d’acqua del nostro paese con i laghi però in primo piano e quindi l’argomento deve stare ancora più a cuore a chi vive nelle nostre zone.
Due premesse a sfondo sociale vanno fatte: la prima che rispetto a diversi anni fa la cultura del nuoto si è certamente allargata ma ancora troppi bambini non sanno nuotare. Quindi un invito alle famiglie ad iscrivere i bimbi a corsi formativi, prima si avvicinano all’acqua, accompagnati in modo professionale dagli esperti, meglio è perché stare a galla nei primi anni di vita diventa un gioco. Farlo più avanti con l’età si trasforma in un impegno.
Secondo, rispetto a qualche decina di anni fa, l’immigrazione è di gran lunga aumentata e quindi anche la rappresentanza di etnie diverse.
Stando alle statistiche il rapporto degli italiani con la fisica non è proprio idilliaco come quello con il gioco del calcio, per cui proverò a spiegare il principio di Archimede (quello che ci dice perché galleggiamo o andiamo a fondo se immersi in un liquido) in modo accessibile a tutti.
Un corpo fermo nell’acqua è sottoposto a due forze, una che lo spinge verso il basso che è il peso, l’altra che tende a tenerlo a galla, che è la spinta di Archimede.
Quest’ultima è uguale, come valore, alla quantità d’acqua che occupava il posto ora occupato dal corpo immerso. Si dice quindi che la spinta di Archimede è pari al peso del liquido spostato.
Il risultato è che se la spinta di Archimede è maggiore al peso noi galleggiamo, altrimenti andiamo a fondo.
Ricordarsi che parliamo di parte immersa, quindi se noi portiamo gli arti superiori fuori dall’acqua facciamo molta più fatica a galleggiare perché aumentiamo il peso senza favorire la spinta di Archimede (che riguarda solo la parte immersa).
Un corpo inoltre galleggia meglio se la sua densità è minore rispetto a quella dell’acqua. Conseguenza ovvia è che la costituzione determina galleggiamenti diversi: grasso, muscolo, osso fanno sì che un soggetto grasso galleggi meglio di uno muscoloso che a sua volta galleggia meglio di una persona molto magra (etnie !!!).
Altro fattore l’acqua salata ha densità nettamente superiore a quella dolce e quindi la spinta di Archimede nei laghi è minore.
Fatte queste premesse è quindi facile capire come l’acqua dolce ed un fisico magro siano due fattori determinanti (in modo negativo) al galleggiamento dei corpi umani ed andrebbero presi sempre in considerazione prima di entrare in acqua.
Non penso ci sia alcuno al mondo al quale un genitore non abbia detto di non andare in acqua se non tre ore dopo aver mangiato.
Spesso nella saggezza popolare si nascondono verità scientifiche od almeno stili di vita utili alla sopravvivenza.
La gettata cardiaca, cioè la quantità di sangue che nell’unità di tempo (un minuto) il nostro cuore spinge agli organi in condizioni di riposo è di circa 5,5 litri. Il sangue però non viene equamente diviso tra i diversi organi, ma viene indirizzato in condizioni specifiche agli organi che più ne hanno bisogno. L’esempio più semplice è dato dal tessuto muscolare che a riposo è bassamente irrorato, mentre durante l’attività fisica raccoglie una quota importante di gettata.
Seconda premessa fisiologica è che i tempi di digestione e di svuotamento dello stomaco sono diversi a seconda del pasto consumato e che, sia quantità che qualità dei cibi assunti, sono in grado di variarli.
Terzo il tessuto cutaneo può essere largamente irrorato quando dobbiamo favorire la perdita di calore (sudorazione) od al contrario minimamente servito quando non vogliamo perdere calore.
Infine il corpo umano perde calore se messo a contatto (in questo caso immerso) con un liquido a temperatura inferiore.
La regola delle tre ore quindi non è assoluta perché le variabili in effetti sono molteplici ma è molto importante perché ci aiuta a focalizzare che un problema potrebbe esserci se non rispettiamo alcune importanti premesse.
I fattori in gioco sono quindi l’abbondanza e la qualità del pasto, la temperatura dell’acqua, l’utilizzo o meno della massa muscolare (troppi tessuti in competizione).
Quindi se qualcuno vuole fare il bagno è meglio che lo faccia con lo stomaco non in fase digestiva, con l’acqua non troppo fredda, in condizioni di utilizzo muscolare basso ed in sicurezza almeno relativa (distanza dalla spiaggia, presenza di persone a riva etc etc).
Se si vuole invece nuotare a lungo, fare attività che possano prevedere contatti con acqua come sci nautico, surf, canoe etc più o meno lunghi, è importante andare in acqua lontano da pasti abbondanti ed usare eventuali protezioni (mute, magliette etc) che permettano una minor dispersione del calore corporeo soprattutto in relazione alle temperature delle acque.
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