Da oltre un mese sono alle prese con la sistemazione e lo svuotamento della casa di mia sorella, vedova di Salvatore Caminiti, che per circa un decennio fu assessore socialista prima a Cultura, turismo, tempo libero e gemellaggi, e poi, in ultimo, al Bilancio. Era un biologo siciliano, figlio di un avvocato, sbarcato a Varese appena laureato in cerca di un lavoro che sfuggisse alle compromissioni pressoché obbligate nella Sicilia oppressa e sfasciata dal clientelismo, dall’assistenzialismo parassitario e dalla mafia dopo la conquista dell’isola da parte della peggiore Dc. Socialista da sempre, non ben identificabile in una corrente (almeno a quel che ne so), aveva patito la conquista del partito da parte di Craxi e dei suoi luogotenenti e caporali. Era un uomo onesto che navigava con una barchetta in un mare – la politica degli anni ’80 – popolato da squali e piranha, alcuni dei quali insediati persino nell’un tempo inossidabile Pci.
Il successo di preferenze riportato nelle elezioni del 1980, al secondo mandato come consigliere, indusse il Psi a offrirgli un assessorato. Mi chiese un consiglio, e gli suggerii la Cultura, promettendogli un aiuto. Non aveva alle spalle una formazione umanistica, ma disponeva di entusiasmo, curiosità, voglia di imparare, coraggio nelle innovazioni e di una grande energia da profondere nel lavoro. Era capace di documentarsi e studiare. E la sua amabilità e cortesia, unite a una naturale timidezza e al contagioso entusiasmo, lo aiutarono nel chiedere il meglio di sé agli addetti negli uffici. All’epoca l’impegno dell’amministrazione nella cultura era una terra ancora in parte vergine. Erano soprattutto le associazioni – alcune molto lodevoli – a promuovere la vita culturale con il supporto del Comune. Con lui l’ente locale divenne un soggetto attivo legato a doppio filo con i cittadini attivi, ma anche con i bambini o con chi semplicemente voleva divertirsi a Carnevale, vedere sul palco delle ballerine cubane o partecipare a una caccia al tesoro,
Varese deve molto a questo suo impegno. Riordinandone le carte. i libri e gli appunti, ritrovo le tracce di un notevole lavoro per promuovere la fruizione della musica e del cinema, anche con pubblicazioni tuttora pregevoli e attuali, e la conoscenza di artisti affermati attivi nella provincia (Guttuso, Fontana, Baj, Dadamaino, Morandini, per citare solo i maggiori), pittori già noti come Monti, Uboldi o Ambrosini, ma anche giovani promettenti come Lischetti e Vicentini. Il dilettantismo era messo al bando, per dare respiro alla qualità. Non c’erano sedicenti poeti, attorucoli e imbianchini tra i piedi. Erano anni in cui il narcisismo non era ben visto e oggetto di laudatio pubblica.
Caminiti si impegnò per un potenziamento delle infrastrutture, delle istituzioni e delle rassegne stabili: l’impegno per dare vita a uno spazio polivalente incentrato su un teatro, una delle prime videoteche in Italia (lasciata poi in abbandono da Fassa), le stagioni musicali e teatrali, le rassegne cinematografiche, la danza, il jazz, il musical, i grandi convegni filosofici, alcune mostre di grande prestigio (sopra tutte quella dedicata a Francesco del Cairo e quella, innovativa ma dimenticata dai più, sulle strutture della visualità, dedicate alla fenomenologia della percezione al punto culminante di una ricerca al confine tra arti visive, nuove tecnologie, installazioni e partecipazione dei fruitori). A lui si deve la realizzazione di un deposito sotterraneo di libri, che ha permesso alla nostra bellissima biblioteca comunale di espandere dignitosamente il proprio patrimonio di libri: e anche l’emeroteca, come spazio di libera consultazione, nacque se non ricordo male con lui.
Prese sul serio la politica dei gemellaggi e l’apertura alla Russia di Gorbaciov, aprendo una collaborazione con le molte case museo dedicate ai grandi classici della letteratura russa. La cooperazione con Como e con Lugano diede risultati oggi non più immaginabili. La promozione turistica, un tempo delegata quasi interamente alla APT, divenne un compito rilevante anche per l’ente comunale.
Il suo più grande smacco fu il rifiuto da parte della giunta Gibilisco di esaminare l’offerta del Conte Panza, caldeggiata congiuntamente – orrore!!! – da un liberale, Bortoluzzi, da un socialista, Caminiti stesso, e da un comunista, Vaghi. So dalle sue confidenze che patì sotto Sabatini ancor più che sotto Gibilisco. Fu spostato dalla Cultura al Bilancio (dobbiamo dare a Galimberti il merito di aver abbandonato il primato della politica sulla competenza), a favore di De Feo. Soprattutto, pagò cari i dissensi aperti con Bronzi e con il capo socialista, Carlo Facchini. Nel 1990 non fu rieletto. Da biologo ospedaliero fu trasferito a occuparsi di acque: promosso e rimosso. Lasciò ai Musei Civici una ventina di opere di artisti locali, da lui ricevuti in dono a titolo amicale e di stima. Quando Tangentopoli esplose, esultò come per una liberazione. Accanito fumatore nonostante quattro infarti, non sopravvisse al quinto, la sera del 31 gennaio 1994.
Salvatore aveva l’abitudine di scrivere dei brevissimi appunti, spesso poche parole, su dei foglietti volanti.
Su un post-it piegato in due ho trovato questa riflessione, che in un certo senso ne riassume la vita e ne addita una sorta di testamento. “Vivere con dignità e ricordarsi che le cose superflue possono costare troppo in sacrifici e in compromessi. Se è così, è molto meglio farne a meno”. C’era un’etica nella politica che portava a scontrarsi inevitabilmente con chi faceva politica senza un’etica. Il desiderio di potere e di ricchezza personale era considerato un costo insostenibile, che andava a scapito della felicità e della serenità del vivere. Merce rara allora, merce rara oggi. A parte il decennio di Tangentopoli, Varese ha avuto molti politici onesti, magari modesti o addirittura ottusi, ma con un profilo morale che nasceva da un certo rigore di fondo e da un’etica diffusa del lavoro: magari, appunto, a testa bassa e illetterata, ma capace di generare coesione e di trasmettere valori. Oggi il conflitto tra etica e potere è meno vistoso rispetto a Tangentopoli, ma siamo ancora lontani dagli anni aurei della ripresa della città, dalla sconfitta del fascismo ai primi anni ’70, fino a quando i movimenti giovanili immisero nella vita civile un fervore che la durezza della seconda metà del decennio spense brutalmente e qualche volta tragicamente.
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