Sarebbe troppo facile commentare lo psicodramma che ha condizionato la Lega in questi mesi con la battuta, un po’ scontata a dire il vero, che mi ha fatto un esponente critico del centrodestra circa la scelta di candidare Matteo Bianchi a sindaco contro Galimberti.
“Alla fine, dopo aver scorso per intero l’elenco telefonico e aver avuto tanti no, sono tornati alla decisione di un anno e mezzo fa, imponendo a Bianchi il sacrificio”.
Come scrivevo, sarebbe troppo facile e un tantino riduttivo chiudere tutto con una battuta che, sia pur contenendo una parte di verità, non spiega e non analizza la situazione dell’attuale centrodestra bosino, ma soprattutto non dà ragioni di senso alle prospettive politiche della competizione.
Faccio, tuttavia, una premessa. Non era una buona cosa l’impasse in cui erano caduti la Lega e i suoi alleati minori nella ricerca del candidato da contrapporre a Galimberti e al centrosinistra. Non era una buona cosa perchè la democrazia ha bisogno di competizione. Ha bisogno di confronto e ha bisogno di proporre agli elettori dei modelli, dei programmi e delle idee. Dunque, il fatto che dopo il ritiro di Maroni il centrodestra avesse inanellato tutta una serie di rifiuti dalla società civile e si fosse bloccato sul veto degli alleati al giovane Pinti, può sembrare paradossale, ma l’assenza di decisione risultava a detrimento sia della democrazia sia del centrosinistra e di Galimberti e non solo dell’attuale opposizione.
Ma che cosa ha portato a questa situazione tanto da far dubitare dell’esistenza di una qualche strategia pensata per la città? Un anno e mezzo fa a Bianchi, già segretario provinciale della Lega per 9 anni e oggi deputato, era stato chiesto con insistenza, dai leghisti, di candidarsi a sindaco per sfidare nel 2021 Galimberti. Bianchi aveva allora rifiutato con forza anche perchè impegnato a Roma e perchè non aveva nessuna voglia di cimentarsi in una competizione dove alte sono le possibilità di sconfitta del centrodestra.
Via l’ipotesi Bianchi, ma anche quelle della Brianza e di Monti, tutte figure istituzionali già impegnate in regione, la Lega varesina commissariata, allora come tuttora, aveva votato tra due candidati, la Bison e Maroni, ed il voto del direttivo leghista aveva visto prevalere, qualcuno commentò con l’aiuto di Mascetti, a sorpresa la Bison. Ma tant’è che la stessa Bison a seguito di una serie di pressioni dall’alto rinunciò a mettersi in gioco per lasciare campo libero a Maroni.
Il Bobo da Lozza, per alcuni mesi, si propose con una serie di interviste e apparizioni sui media, ma poi, colpito da problemi personali, dovette rinunciare a proseguire la strada.
Il resto è storia recentissima. Dopo l’uscita di scena di Maroni, a cui vanno sempre i nostri auguri di pronta guarigione, la Lega si è gettata disperatamente alla ricerca di un civico da spendere (modello Orrigoni 2016) subendo, forse per lei inaspettatamente, tutta una serie di rifiuti.
E così si è arrivati alla candidatura del giovane salviniano Pinti, fermamente bocciata, però, in una “notte dai lunghi coltelli”, dagli alleati contrapponendogli il “moderato in pensione” Baroni, già vicesindaco di Fontana nel suo ultimo mandato e non eletto in consiglio nel 2016 e, solo qualche giorno fa, dopo l’incontro, forse l’ennesimo, tra Salvini e Bianchi, alla accettazione, “per spirito di sacrificio”, dell’ex sindaco di Morazzone ed ex segretario provinciale della Lega ed oggi deputato a Roma che, alla fine, è capitolato davanti al segretario nazionale.
A fronte di una situazione così ingarbugliata qualche considerazione si può fare.
La prima può riguardare le ragioni del veto “imposto” dagli alleati minori della Lega alla candidatura di Marco Pinti, l’uomo di Salvini a Varese. A quanto vociferato nei corridoi la sua opzione è stata percepita dalle formazioni politiche non leghiste come una sorta di messaggio di “ liberi tutti” nei confronti dei moderati del centrodestra in grado di spaventare gli elettori varesini poco avvezzi a ritmi salviniani di una sua possibile campagna elettorale. Di qui, appunto, il gioco di contrapporgli tatticamente una candidatura che bloccasse il nome e costringesse la Lega a cercare una mediazione con il resto della sua coalizione.
Di contrappunto la scelta di andare sull’onorevole di Morazzone ritenuto in via teorica più affidabile e moderato nel sopire le tensioni interne alla Lega e garantire maggiormente il ceto politico alleato anche in ragione del fatto di essere stato segretario provinciale della Lega per 9 anni e aver trattato con tutti senza scontentare nessuno.
Questo, in sintesi, il percorso fin qui conosciuto e seguito dal centrodestra per arrivare, oggi, alla candidatura di Bianchi da contrapporre a Galimberti nelle amministrative del prossimo autunno.
Fatta una premessa e fatta una ricostruzione mi permetto di svolgere qualche considerazione e valutazione.
La prima che balza all’orizzonte è che la Lega ha escluso a priori qualsiasi candidato leghista che oggi siede in consiglio comunale appartenente ai 23 anni di governo della città prima di essere sconfitta da Galimberti. E questo suona come solenne bocciatura del ceto politico leghista in salsa bosina.
In secondo luogo si è visto un lungo peregrinare alla ricerca di una figura civica, si sono viste diverse porte bussate anche da autorevolissimi esponenti leghisti e diverse figure bruciate nell’arco di poche ore o pochi giorni, ma anche tutta una serie di dinieghi e rinunce che hanno lasciato intendere e neanche tanto sommessamente lo scarso appeal leghista oggi sulla città e, di conseguenza, l’alta credibilità di Galimberti.
Terzo, appare evidente la fuga dei “moderati” dal centrodestra a trazione salviniana tanto che la Lega ha dovuto “bruciare sulla pira” allestita dagli alleati l’uomo di Salvini a Varese, il simpatico e anche bravo consigliere Pinti, e ha dovuto ricorrere ad un non varesino come Bianchi, impegnato a Roma come deputato, per offrire “teoriche garanzie” di moderazione ai partiti che compongono l’attuale centrodestra e dare qualche segnale che “non tutto è ancora perduto” ad un ceto che tende a spostarsi in ragione di chi ha maggiori chance di vincere le elezioni.
Quarto, la scelta di Bianchi appare, tuttavia, contenere in sé comunque l’ambiguità della proposta. Si è candidato un giovane politico appena lanciato a Roma, quindi una figura istituzionale che comunque ha un paracadute in caso di sconfitta perchè non obbligato a rinunciare al seggio romano prima di candidarsi né di restare in consiglio comunale a fare il semplice consigliere di opposizione.
Quinto ed in ultima istanza, in questi ultimi due anni, non si è assistito alla esposizione di nessuna idea dal fronte leghista sul futuro della città e questo, per un candidato piovuto dall’alto e non varesino e con scarsa conoscenza della città, appare certamente un handicap che difficilmente potrà trovare copertura dall’aiuto che il valente Pinti potrà mettere a disposizione.
Un’ultima considerazione, sia pur uscendo un po’ dal seminato, mi pare opportuna.
Varese, si sa, è una città “moderata” che non ama gli estremisti, che cerca il quieto vivere e che non vuole fughe in avanti. La Lega sta cercando di recuperare credibilità nei ceti popolari della città ed una “verginità politica” facendo dimenticare di aver comandato su Varese per 23 anni. Recentemente, qualche giorno fa, Salvini ha sottoscritto un documento con tutti i partiti di estrema destra in Europa contro le attuali Istituzioni europee facendo a pezzi, di fatto, la visione “moderata” di Giorgetti che siede al Governo del Paese con l’europeista Draghi.
Tutto questo è avvento nel “silenzio assordante” di Giorgetti a cui, ancora una volta, Salvini ha cacciato “due dita negli occhi” mettendolo in difficoltà nel suo tentativo di avvicinare la Lega ai “Popolari” europei della Merkel.
Insomma, come può essere credibile una “moderazione” di facciata quando si deve ricorrere ad espedienti di candidature per recuperare il consenso del ceto politico e poi si assiste a quella che è la vera natura politica proprio là dove nei prossimi mesi devono essere messi in campo i 200 e passa miliardi di euro che serviranno all’Italia per ripartire e di cui, si spera, una parte possa ricadere anche su Varese?
La fuga dal centrodestra e dalla Lega dei moderati e dei ceti popolari produttivi e non parassitari di Varese non si è fermata e non sembra la candidatura dell’onorevole Bianchi in grado di arrestarla. Grande confusione sotto il cielo del centrodestra varesino, ieri, ma anche oggi, malgrado Bianchi.
Roberto Molinari, Direzione Provinciale PD Varese
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