Nella prefazione di un romanzo di Gina Lagorio, Qualcosa nell’aria, si può leggere come la scrittrice sa che ogni storia, pubblica o privata, si confonde con i sentimenti che la muovono. Affermazione di per sé quasi scontata. Ma questa frase è molto adatta a presentare una storia particolare, anzi è come avere tra le mani una matrioska: storie nella storia. Incominciamo a dire che il romanzo fu pubblicato da Garzanti, aggiungiamo che la prefazione fu scritta Silvio Riolfo Marengo, che è stato non solo consigliere di amministrazione della casa editrice ma anche direttore delle redazioni della grandi opere della stessa casa editrice. Se poi precisiamo che Gina Lagorio fu la seconda moglie di Livio Garzanti, ben capiamo che la nostra matrioska ci offre tante storie. Anzi un intreccio di storie. Storie interessanti, fotografie di un certo Novecento culturale che vide senza dubbio un deus ex machina molto particolare, come Livio Garzanti. Possono anche non interessare a tutti le storie degli imprenditori ma sono certamente un intreccio di privato e di pubblico, come emblematicamente è stata la vita di un editore imprevedibile (azzeccato titolo di un recentissimo libro di Gian Carlo Ferretti per le edizioni Interlinea). Il primo luglio Livio avrebbe compiuto cent’anni. Era figlio di Aldo Garzanti, imprenditore chimico che si buttò anima e corpo nel mondo dell’editoria nel 1939, dopo aver rilevato la gloriosa casa dei fratelli Treves. Era la casa che aveva pubblicato – tanto per fare un esempio – Verga, ma loro, i Treves, erano ebrei. Qui la nostra matrioska ci porterebbe su un altra strada. Invece dobbiamo rendere omaggio e – soprattutto – capire l’imprevidibilità di un editore che, quando, ventenne, entrò per volere del padre in casa editrice non era contento ma che poi dedicò la sua vita ai libri. Anzi Una vita con i libri, titolo di un libro con inediti, appunti e intervisti, che sarà nelle librerie proprio dal primo luglio. Louise Michail, la terza moglie, ha sintetizzato in una figura retorica, l’ossimoro, la vita di Livio. Storia di contrasti, quasi di contraddizioni, come il titolo di un bel romanzo del marito, Amore freddo. Storia di un secolo che sembra ormai lontano. Ma forse potremmo fare nostra una frase di Garzanti: È dal passato che a me vengono i sogni. Magari noi potremmo accontentarci di ricevere dal passato qualche lezione di scelte, forse anche imprevedibili.
Rileggere le necrologie e gli articoli a lui dedicati quando morì, a novantatré anni, nel febbraio del 2015, è davvero un modo per capire la frase di Lagorio, cioè l’intreccio di sentimenti di una personalità. Amabile e padronale, burbero, umorale, scorbutico e cordiale, generoso, come testimoniato dal suo testamento solidale con cui lasciò novanta milioni alle associazioni impegnate per gli anziani soli e malati. Gesto di un imprenditore meneghino nel cuore, di un uomo colto, amante della filosofia e lui stesso raffinato scrittore. Editore in pensione come amava definirsi dopo aver lasciato definitivamente la sua casa editrice. Molti l’hanno considerato un talent scout di talenti, in primis Pasolini. Molti furono sorpresi della sua capacità di inimicarsi grandi scrittori, come proprio Pasolini che non gli perdonò le pubblicazioni di Bevilacqua o di mettere in catalogo testi popolari, come le avventure di 007, accanto a libri da conservare come quelli della raccolta dell’Elefante, richiamo al valore della memoria.
Fu ammirato per la coraggiosa e gigantesca impresa editoriale dell’Enciclopedia Europea, per cui la sede della casa editrice divenne un vero laboratorio di ricerca. Lanciò la vendita a rate di quei volumi che oggi si possono comprare a costo bassissimo su alcuni siti on line. A questo punto la nostra matrioska sembra trasformarsi nel castello di Atlante in cui possiamo rincorrere immagini o mondi che non esistono più: le enciclopedie cartacee, la passione di grandi personalità che hanno caratterizzato l’editoria italiana, definita con brutto termine industria culturale. Il passato non deve essere ricordato con nostalgia, ma capito, compreso e – perché no-studiato. Altrimenti corriamo il rischio di sentirci dare una riposta come quella che ricevette Alain Elkmann. Il giornalista chiese a Garzanti di raccontargli quello che fece. Risposta secca: Se lei non sa quello che ho fatto, abbiamo finito la conversazione. Sempre meglio sapere. E proprio per questo oltre a conoscere la storia di Livio Garzanti male non sarebbe conoscere lo stato dell’editoria italiana, se crediamo nella cultura.
A questo punto si aprirebbe un’altra matrioska, come la lettura dei cambiamenti dei consumi culturali presentati a giugno da Book city Milano, Intesa San Paolo e l’associazione Italiana Editori. E male non sarebbe ricordare almeno i dati forniti ad aprile dall’Istat. Si verrebbe a sapere che i grandi editori coprono quasi l’80% della produzione in termini di titoli e il 90% della tiratura. Le grandi case editrici, infatti, producono mediamente 254 opere librarie, con una tiratura di oltre 600mila copie. I piccoli editori nel 2018 hanno pubblicato in media quattro titoli all’anno, stampando ciascuno poco più di 5.500 copie. In questi dati si scoprirebbe anche la storia recente della Garzanti: storia non di sentimenti ma di dati.
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