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Attualità

DIETROLOGIE

SERGIO REDAELLI - 02/07/2021

papa_francescoNo al muro contro muro nei confronti del governo italiano. Papa Francesco lo aveva raccomandato ai vescovi, lo ricorderete, quando nel pieno della pandemia, nel mese di maggio 2020, la Conferenza Episcopale Italiana reclamò la riapertura delle chiese per celebrare le messe pubbliche gridando alla violazione della libertà di culto sancito dall’art. 19 della Costituzione. Riaprono fabbriche e uffici, negozi, parchi e giardini, perché le chiese no? fu il motivo della protesta. Qualche giornale parlò di “interventismo politico di ruiniana memoria” e Francesco ribadì la sua netta disapprovazione della strategia dello scontro.

La querelle sul disegno di legge Zan contro l’omofobia non è dunque la prima occasione in cui la Chiesa “alza la voce” per farsi sentire dal governo della Repubblica. Quello che cambia è il modo. Allora a Palazzo Chigi c’era il premier Conte, oggi c’è Draghi, allora i vescovi utilizzarono la formula del comunicato stampa, peraltro mai così duro, oggi il Vaticano una nota verbale, un atto diplomatico consegnato informalmente all’ambasciata italiana richiamando al rispetto dei Patti Lateranensi. In calce il timbro della Segreteria di Stato. Il papa sapeva? Era informato? Ha autorizzato l’iniziativa? Assurdo metterlo in dubbio.

Qualche media tira a indovinare ma è impensabile che si sia agito all’insaputa di Bergoglio. Lo ammette lo stesso segretario di Stato Pietro Parolin: “Di tutto quello che si fa si informano sempre i superiori”. Francesco dunque sapeva, ma non significa che fosse d’accordo con il metodo, proprio come accadde nel 2020 con la protesta per le messe negate. È stato un segnale pubblico, un punto fermo che il Vaticano ha messo alle tensioni che crescevano da settimane sul disegno di legge Zan. Chi ha interesse a gettare benzina sul fuoco lo definisce uno scontro senza precedenti nella storia della Repubblica tra la Santa Sede e il governo.

Forse, invece, è solo una richiesta di chiarimento. La storia insegna. Lo fu anche la nota verbale che la Santa Sede emise il 22 dicembre 1970, regnante Paolo VI, in risposta all’approvazione della legge sul divorzio Fortuna-Baslini. Nel testo si specificava che non era mai stata intenzione del Vaticano interferire illegittimamente in campo riservato alla sovranità dello Stato. Ma le dietrologie infuriano. Ora c’è chi tira in ballo il papa emerito insinuando che con l’intervento della Santa Sede sembrano tornati gli anni del pontificato di Joseph Ratzinger, i “bei tempi” in cui la Chiesa cattolica si occupava delle attività del legislatore italiano.

Si torna a mettere in risalto le divergenze comunicative e dottrinali tra papa Francesco e Benedetto XVI, a distinguere tra le varie componenti della base cattolica – bergogliani e ratzingeriani – si evoca la mobilitazione delle piazze dei primi Family Day, si prova a dividere, a mettere contro, a seminare discordia. C’è chi parla della nota vaticana come di un dispetto della Curia al pontefice. Qualcuno avanza addirittura l’ipotesi che ci siano state pressioni per convincere il papa a sconfessare la Segreteria di Stato, un’azione che evidentemente avrebbe delegittimato lo stesso pontefice e gettato nel caos l’intero governo della Chiesa.

Riprendono corpo i sospetti di una battaglia sotterranea contro Francesco, di una iniziativa “sorprendente e inedita” che rilancia un interventismo ecclesiastico d’altri tempi nelle vicende italiane, di una polemica esultanza dei circoli cattolici conservatori. Si interpreta il silenzio di Casa Santa Marta come l’imbarazzo di un papa che si è sempre attenuto al principio di non immischiarsi nei temi nazionali. E si sorvola sul più che comprensibile scrupolo di evitare fratture difficili da rimarginare. Anche perché non è stato ancora chiarito come un documento interno tra i due Stati, che doveva restare segreto, sia stato divulgato.

I toni si alzano. Un incidente diplomatico? Un bavaglio alla Chiesa? Un’inaudita interferenza del Vaticano? Un muro contro muro? Un nuovo increscioso episodio dell’antica lotta fra lo Stato e i preti? Un ritorno – per i più agitati – all’epoca di Garibaldi e Cavour? O addirittura un attentato alla sovranità e al principio di laicità dello Stato? Le definizioni ad effetto dilagano sui social e ci possono stare. C’è anche la lettura ispirata all’attualità politica di chi vede l’iniziativa vaticana come una pesante bocciatura del Pd di Enrico Letta, messo nell’angolo e costretto a insistere perché il disegno di legge venga approvato così com’è.

E quando la politica prende la mano, ognuno trae le conclusioni che vuole. Chi fa passare il premier Draghi per un Ponzio Pilato che se ne lava le mani (tocca al Parlamento e non al governo prendere posizione sulla norma anti discriminazioni), chi vede dietro al disegno di divulgare la nota diplomatica riservata, consegnandola alla stampa, la “manina” dei partiti politici che danno voce alle posizioni della Conferenza dei vescovi. La Cei per settimane ha chiesto chiarimenti all’Italia sul nodo delle scuole private senza ottenere risposte, preoccupata dal proposito di istituire una giornata contro l’omofobia senza esentare le scuole confessionali.

Questo, per i vescovi, minerebbe la libertà di pensiero dei cattolici. Scritto male, ambiguo, rischioso sono gli aggettivi usati per descrivere il ddl in discussione al Senato. Il Vaticano chiede di rimodulare l’art. 1 che parla di identità di genere e del passaggio “fluido” da un sesso all’altro, reclama il pieno godimento della libertà garantita alla Chiesa cattolica all’art. 2 dall’accordo di revisione del Concordato siglato nel 1984 dall’allora premier Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli, teme che sia messo in discussione il principio del libero insegnamento nelle scuole cattoliche paritarie previsto dall’art. 9 del 1984.

Che accadrà ora? Calmati gli animi, ci si augura che prevalga il buon senso e si cerchi una sintesi che accontenti tutti. Intanto il papa ha fatto recapitare una lettera autografa in spagnolo al prete degli omosessuali, il gesuita americano James Martin, che svolge l’apostolato tra le persone Lgbt, ringraziandolo per il suo lavoro e ricordandogli che Dio è il padre di tutti: “Finiamo di giudicare gli altri – scrive Francesco – Gesù ci chiede uno sguardo non giudicante ma accogliente. Prego per tutti coloro che il Signore ha posto accanto a te perché ti prenda cura di loro e li protegga”. A buon intenditor…

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