Per i latini il solstitium, senza alcun aggettivo o altra precisazione, era solo quello estivo.
Pur con conoscenze scientifiche diverse dalle nostre anch’essi ben sapevano che con la giornata più lunga dell’anno si dava il via all’estate. Estate astronomica, dovremmo precisare. Noi sappiamo anche che il solstizio non ha una data fissa. Nel 2020 avvenne il 20 giugno, quest’anno alle 5,31, ora legale, di lunedì 21. Per i Romani le grandi feste, quasi orgiastiche, per festeggiare i raccolti estivi corrispondevano al nostro 24 giugno. Notte delle streghe o notte di San Giovanni, se si preferisce. Ma tralasciando le informazioni storiche e astronomiche, dare il benvenuto all’estate è da sempre e per tutti, o quasi, sinonimo di gioiosa festosità. Mai come ora che pare aumentare la fiducia di uscire dal tunnel pandemico. Anche se le eccezioni non mancano: in alcuni romanzi -ad esempio- lo spagnolo Carlos Ruiz Zafòn, morto proprio un anno fa, alla vigilia del solstizio, descrisse tenebrose e gotiche estati fitte di nebbie; per altri, l’arrivo dell’estate porta con sé la voglia di stare assieme, di inebriarci di luce, di vitalità, di dinamismo e di movimento. E poco importa se per alcuni il movimento è quello dei giocatori agli Europei. Quasi un contrasto con l’idea di un sole che sta fermo, il solstizio appunto, e che proprio dal giorno più lungo inizia inesorabilmente e impercettibilmente l’accorciarsi delle giornate. Inevitabili, e tutto sommati innocui, paradossi delle nostre percezioni.
Ben lo sapeva Ennio Flaiano che affermò: Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla.
Forse, proprio per questo è bello – e non solo per dovere di cronaca – pensare alle numerose iniziative culturali che hanno punteggiato, anche a Varese e dintorni, i giorni vicini al solstizio 2021. Quanto ci è sempre sembrato scontato è ritornato ad essere una straordinaria emozione. Il piacere della normalità non degna, forse, di infrangere le ferree leggi della cronaca e sicuramente fra anni non sarà raccontato nei libri di storia, ma importante per il nostro vivere. Ad esempio, poter sentire, sabato 19 giugno, le indimenticabili poesie dell’antologia di Spoon River seduti in oltre cento persone sul prato di fronte al Municipio di Besozzo è stato un corale inno alla vita. E anche la conferenza stampa dell’Associazione del Premio Chiara, sotto il pergolato del Castello di Masnago, non è stato solo un doveroso e formale atto comunicativo ma un sentirsi insieme per riflettere sul valore della libertà e della cultura. Tante, tantissime manifestazioni andrebbero ricordate: tutte come segnali di una ripresa. Quasi di una dantesca Vita Nova. Sarà davvero vita rinnovata?
Non lo sappiamo, ma dobbiamo sperare. E soprattutto non dimenticarci che ogni cosa (chiamiamolo evento o attività o come meglio crediamo) può essere vissuta con uno sguardo diverso, alternativo, non scontato. In questa prospettiva è stata emblematica una serata dedicata a Dante presso una associazione indunese. Un piccolo esempio fra tanti. Un gruppetto di artisti, Zer’art è il loro nome, ha reso omaggio a Dante, il nostro Dante. Certo uno dei tanti omaggi ma fatto con leggerezza. Il che non è mai sinonimo di superficialità, come ci ha insegnato Italo Calvino. Quello di Dante fu un viaggio di speranza: forse diverso dai mille viaggi di speranza che a volte diventano notizie di cronaca. E fu un viaggio nell’aldilà in cui il mondo dell’al di qua, il nostro mondo, è ben presente. Basta saper guardare e capire che si può andare non solo nella città dolente ma anche in quella accogliente. E scoprire quello che a volte ci sembra nascosto. Gli artisti, pittori e cantanti di Zer’art, scoprendo echi più o meno nascosti anche in canzoni di Fabrizio De André hanno dimostrato questo. Una piccola lezione, un benvenuto non scontato al solstizio di questa estate. Quasi un invito semplice a ricordarci che i necessari momenti di evasioni non sono fuga dalla realtà ma uno sguardo diverso. In fondo un capire che dal giorno più lungo e luminoso inizia qualcosa che si spera migliore. La storia ci ha insegnato che non è sempre stato così, come ha dimostrato il primo, arrogante discorso di Mussolini il 21 giugno 1921. Un altro solstizio, appunto un’altra storia.
You must be logged in to post a comment Login