Un evento patologico che colpisca un atleta durante una manifestazione sportiva, oltretutto trasmessa a livello mondiale, scatena ovviamente l’interesse di tutta i media.
Ci sono infatti tutti gli ingredienti ideali del dramma sanitario, un umano che per ruolo incarna la forza, la potenza della gioventù, un campionato europeo di calcio (oltretutto post chiusura Covid) e la ridondanza delle immagini in diretta.
Per fortuna stiamo a parlare di una situazione che si è risolta nel migliore dei modi, come raramente accade, e quindi con una certa serenità possiamo approfittarne per sottolineare alcuni aspetti come sempre con l’obbiettivo di usare ogni occasione per diffondere conoscenza.
La prima osservazione è che se Christian Eriksen, il giocatore di calcio danese che ha perso conoscenza in campo durante gli europei di calcio, è ancora in questo mondo, lo deve ai soccorsi.
Diverse patologie cardiache infatti posso essere superate se vi è un intervento tempestivo e corretto. Per essere tempestivo quindi bisogna che ci sia qualcuno che interviene immediatamente e per essere corretto è necessario che chi agisce sappia cosa fare.
Il primo soccorso viene ovviamente portato da chi è più vicino alla persona colpita quindi più sono diffuse a qualsiasi livello queste conoscenze meglio è dal punto di vista medico/sociale.
Ci sono paesi del Nord Europa in cui i ragazzi non possono accedere alla maturità se non dimostrano di aver superato un corso di Basic Life Support (BLS) ed eventualmente anche di utilizzo di un defibrillatore (D). In sostanza in questi corsi (ai quali pare dovranno sottoporsi obbligatoriamente tutti i giocatori di calcio come comunicato dal Presidente della Federazione Gioco Calcio) viene insegnato cosa fare in casi come quello di Eriksen.
Sintetizzando al massimo (ma invitando tutti a leggere le tecniche anche solo on line), prima cosa da fare è mettere il soggetto in una posizione in cui si abbia la certezza che possa respirare e non vi siano parti anatomiche (lingua) o materiale (vomito, terra, erba etc) che in qualche modo ostacolino il passaggio dell’aria dall’ambiente esterno verso le prime vie aeree e quindi ai polmoni.
Secondo il massaggio cardiaco cioè imprimere una pressione utilizzando le mani posizionate sul torace a livello del cuore braccia estese utilizzando il proprio peso ad un ritmo di circa 100/120 al minuto per garantire una ‘spremitura’ (circa 5 cm di pressione) del cuore e quindi un flusso di sangue verso gli organi (cervello in primis!!!).
Quindi garantire la ventilazione insufflando il soggetto in modo ritmico (respirazione bocca a bocca) due volte ogni 30 compressioni, utilizzando una profondità di respiro che per la pressione esercitata garantisca il flusso d’aria ai polmoni.
È chiaro che se si è da soli le manovre diventano relativamente complicate anche perchè richiedono una prestanza fisica del soccorritore (il massaggio che può essere protratto a lungo esaurisce chi lo fa), essendo in due ci si può alternare al massaggio ed alla respirazione con risultati sicuramente più efficaci.
Per quanto riguarda invece la tecnologia il defibrillatore è il supporto che ha fatto evolvere in questo caso (ed in tanti altri) gli eventi verso la soluzione positiva. Si tratta infatti di uno stimolatore elettrico esterno, applicato al torace tramite un paio di elettrodi o piastre che è in grado di fornire al sistema cardiaco uno stimolo efficace a farlo tornare ad un ritmo regolare e meccanicamente utile.
Il cuore infatti è dotato di un gruppo particolare di cellule (pacemaker) che in modo automatico scandiscono il ritmo cardiaco distribuendo l’impulso tramite vie prioritarie in tutto il cuore. In alcune patologie (sono diverse) l’attività elettrica non è più conservata in modo corretto e si traduce in una inefficacia meccanica del cuore.
Quindi il capitano della Danimarca intervenendo immediatamente ha garantito la posizione corretta al compagno privo di sensi, i soccorsi rapidi ed efficaci, un pronto massaggio e la respirazione, ed infine il defibrillatore ha completato al meglio l’intervento. La perfezione poi si è raggiunta con una rianimazione a poche centinaia di metri dallo stadio per cui il giovane si è trovato in terapia ospedalizzata in tempi brevissimi.
La seconda osservazione è se eventi di questo genere possano o meno essere prevenuti.
L’Italia è il paese al mondo più avanzato nella prevenzione delle patologie nello sport grazie ad una legge nazionale (unica nel suo genere) datata primi anni 80, in cui gli atleti sono obbligati a sottoporsi ad esami preventivi prima di fare attività. Gli accertamenti sono più complessi più il livello prestazionale richiesto aumenta (quindi massimi nei professionisti).
Eriksen che ha giocato in diversi clubs prestigiosi ed ha vinto l’ultimo scudetto italiano con l’Inter, è stato certamente sottoposto a tutti gli accertamenti di legge.
Tante grandi e piccole patologie vengono intercettate con questa politica sanitaria ma è certo che alcuni casi particolari richiederebbero accertamenti tanto invasivi e costosi per essere evidenziati e quindi non sono proponibili a livello di massa.
Le patologie che sottostanno infatti a questi eventi sono molteplici ed hanno spesso origini diverse: genetiche, virali, meccaniche, farmacologiche etc etc
Saperle depistare non è affatto semplice e richiede oltre ad una super specializzazione medica (si parla di aritmologia cioè di una particolare branca della cardiologia), l’utilizzo di esami strumentali sofisticati, spesso disponibili solo in strutture sanitarie avanzate.
Bene quindi che la ricerca prosegua per arrivare a capire come far emergere questi casi rari (studi genetici?), senza però dimenticare che un controllo prima di iniziare a fare una attività fisica di un certo impegno sia auspicabile perché può far emergere alcune patologie.
Ricordarsi quindi che, esattamente come i farmaci, l’attività motoria fa benissimo se dosata in modo corretto ma può anche far male se carichi e tempi sono errati.
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