Da alcuni mesi il nome di Comunione e Liberazione è costantemente associato sui mass media a vicende politico−giudiziarie di suoi appartenenti o di persone che hanno rapporti con alcuni di essi, in una continua identificazione del movimento nel suo insieme con le responsabilità di singoli e, viceversa, con l’attribuzione di responsabilità individuali − nel bene e nel male, di qualunque natura esse siano, essendo ancora da dimostrare se sono stati commessi reati − a CL in quanto tale.
Finora le nostre precisazioni al riguardo sembrano essere state inutili, comprese quelle rese da don Carrón in una recente intervista: «Noi teniamo alla natura dell’esperienza cristiana. E l’esperienza cristiana ha a che vedere con tutto. A voler verificare se la fede serve ad affrontare tutte le sfide, si corrono rischi. Nessuna istituzione, né la Chiesa né un partito, può evitare gli errori dei singoli. E questi non possono essere attribuiti alla comunità. Sarebbe ingiusto. Ciascuno è personalmente responsabile di quel che fa. Perciò l’identificazione non è legittima, vale per Cl come per qualsiasi altra istituzione. E noi dobbiamo sempre mantenere quella che don Giussani chiamava “una irrevocabile distanza critica” e non vi rinunceremo mai. Siamo una comunità cristiana e non un partito o una corrente» (Corriere della Sera, 16 gennaio 2012).
A dispetto di queste parole di chiarimento, leggiamo sui giornali l’incredibile accusa di tangenti Finmeccanica a CL, quale emergerebbe dalle dichiarazioni di un ex dirigente dell’azienda, che lo avrebbe appreso da fonti non meglio precisate. CL non c’entra nulla, ma i titoli, i sottotitoli e gli articoli sono pieni di riferimenti diretti al movimento, salvo precisare che «i pm verificano le dichiarazioni». Intanto l’infamante accusa è stata lanciata. Quali saranno le conseguenze sull’opinione pubblica?
Torna alla mente un altro momento della vita di CL, il 1976: allora l’accusa − rivelatasi dopo tre anni assolutamente infondata − di finanziamenti della CIA a Comunione e Liberazione scatenò una campagna diffamatoria sui principali organi di informazione, alimentando un clima di sospetto veramente allarmante, che giunse fino al dileggio e all’ostilità negli ambienti di vita e di lavoro verso persone colpevoli solo di portare il nome di “ciellini” e causò violenze nei confronti di persone e sedi del movimento in tutta Italia.
A questo punto ci domandiamo: come impedire il linciaggio mediatico? E come assicurare il rispetto delle procedure e delle garanzie giuridiche? Il peso di menzogne contro un’esperienza che tanti − anche autorevolmente − riconoscono come «una risorsa per il nostro Paese» sta assumendo il volto di un calvario che sinceramente pensiamo di non meritare.
Ufficio stampa di Comunione e liberazione
Milano, 26 aprile 2012.
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