Tra le più recenti polemiche pseudo politiche si segnala quella intorno a “Bella ciao” dopo che un gruppo di deputati di centrosinistra ha avanzato la richiesta di renderlo l’inno ufficiale, insieme a quello di Mameli per le celebrazioni del 25 aprile.
Alla proposta sono seguiti gli interventi “contro” da parte di coloro che ritengono il canto connotato come comunista.
Non si sentiva il bisogno di istituzionalizzare il canto che in questo momento storico viene scelto, liberamente e spontaneamente, ovunque nel mondo; mi pare una forzatura provare ad apporgli il timbro di una legge del Parlamento.
Perché è evidente che Bella ciao è diventato un inno internazionale, che viene scelto da uomini e donne di ogni età e cantato dalla gente che si riunisce senza chiamate ufficiali nelle piazze di paesi vicini e lontani.
Dai video, numerosi in rete, vediamo che questo canto ormai appartiene sia a quelli come noi che godono della libertà in ogni sua forma sia a coloro che essendo oppressi vorrebbero essere o tornare liberi.
Nelle parole e nella musica di Bella ciao, che al di fuori dell’Italia da decenni è il canto per eccellenza della Resistenza al nazifascismo, si identificano persone che del testo forse conoscono il significato di “bella” e di “ciao” ma nonostante ciò hanno saputo coglierne con chiarezza il forte impatto libertario.
Un successo così vasto se lo era guadagnato solo la canzone “We are the world”, composta nel 1985 da Michael Jackson con la collaborazione di cantanti di ogni provenienza, uniti nella realizzazione del progetto “Usa for Africa”. Si doveva realizzare un brano a scopo di beneficenza contro la fame in Africa dove una pesante carestia aveva ucciso quasi un milione di bambini. Da allora non c’è stata iniziativa o spettacolo benefico che si sia aperto e chiuso senza la canzone dedicata ai bambini del mondo.
Similmente oggi, ma in modo ancora più potente, Bella ciao, che vanta antiche radici popolari, ha conquistato un posto d’onore fra i popoli in lotta nelle diverse parti del mondo, assurgendo a vero e proprio inno alla libertà, alla solidarietà, alla giustizia e alla pace.
Lo hanno adottato nel 2015 i sostenitori di Syriza e di Alexis Tsipras in Grecia, i difensori del diritto alla libertà di parola di Charlie Hebdo nella Francia dello stesso anno, gli studenti universitari dell’Università SISU nella Cina del 2014, i giovani turchi di OccupyGezy di piazza Taksim a Istanbul nel 2013, gli “indignados” del movimento “Occupy Wall Street” negli Usa del 2011.
E sono solo alcuni tra i tanti.
Bella ciao è già parte integrante dei festeggiamenti antifascisti ovunque in Italia.
Viene suonata dalle Bande locali e cantata dal pubblico durante le commemorazioni dei numerosi episodi della lotta partigiana, altrettanto sentiti e frequentati della ricorrenza del 25 aprile.
Inoltre, stando alle ricostruzioni storiche del testo analizzato da alcuni studiosi di musiche popolari, risulta indiscutibile l’apporto dei partigiani emiliani alla costruzione del testo a cui facciamo riferimento oggi e che giunse sulle montagne dai canti popolari piemontesi, a loro volta ripresi da antiche canzoni francesi del XV secolo.
La musica, qualcuno l’attribuisce al musicista zigano russo Misha Ziganoff, che la fece registrare negli Stati Uniti. Da lì poi per vie al momento sconosciute, la canzone riapparve in Italia tra le mondine e le contadine del novarese e del vercellese nei primi anni del Novecento; infine raggiunse i partigiani emiliani che lo trasformarono nell’inno per eccellenza della libertà e della fratellanza.Mi piace la semplice frase con cui Michael Jackson commentò il successo di “We are the world”: “Volevamo che le persone si riconoscessero in questa canzone”.
Parole che potrebbero bastare per custodire degnamente anche Bella ciao.
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