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Corre un anno dalla morte del caro Maniglio Botti, giornalista per 40 anni al quotidiano La Prealpina e poi firma di RMFonline sin dalla fondazione. Molti a Varese, in particolare nel rione di Masnago così come su questa testata on line, lo ricordano con affetto. Si è svolto mercoledì 9 scorso nel salone della cripta della chiesa di Masnago, un raduno pomeridiano per ricordarlo. Ma anche per coinvolgere persone giovani e meno giovani che l’hanno conosciuto e incontrato in vita e che hanno aderito ai progetti ricreativi di cui lui e l’amico di sempre Fiorenzo Croci, sono stati costanti animatori. Nasce dal progetto coordinato da Fiorenzo per una “scrittura creativa” attraverso la stimolazione di materiali canori, un libretto di racconti dal titolo “Non sono canzonette”: 14 autori di racconti brevi che Fiorenzo chiama “i corti”, per settanta canzoni. E a proposito di brevità, è d’uopo ricordare Montanelli quando asseriva che non c’è nulla che non possa essere scritto in 30 righe. Canzoni, fumo, ed allegria….come suggeriva l’aria del maestro Carlo Donida (gloria sanremese, nato a Maccagno) nella canzone “La Compagnia” interpretata da Marisa Sannia, reinterpretata da Lucio Battisti e più tardi anche da Vasco Rossi.
Erano presenti in sala molte persone ancora distanziate e mascherate, e il fumo nei locali pubblici non si usa più da anni a causa dei divieti. Ma le canzoni, sì. E costituiscono un po’ il fil rouge che collega i racconti letti a voce dagli autori stessi, introdotti da un suonatore di sitar indiano. Per il caro Maniglio, le canzoni erano quasi una filosofia di vita. Del resto non era l’unico perché il grande Truffaut fece dire a Fanny Ardant nel film ” La signora della porta accanto” che le canzoni dicono sempre la verità. “Più sono stupide e più sono vere. E poi non sono stupide..”. E se proprio vogliamo “intellettualizzare” le canzonette, vale la pena di citare “Frammenti di un discorso amoroso “ del semiologo Roland Barthes che costituisce un po’ la base teorica di ispirazione del film di Alain Resnais “Parole, parole, parole”, dove gli interpreti inseriscono, a sorpresa, spezzoni di canzoni sentimentali incastonate direttamente nelle situazioni amorose che si scatenano di volta in volta (gelosie, sospetti, schermaglie, incomprensioni, rappacificazioni, ecc.). Ma torno al volumetto “Non sono canzonette” (nella copertina, è riconoscibile Giuni Russo, cantante molto amata dai due amici) nella cui prefazione Fiorenzo Croci scrive a proposito di Maniglio: “Per tanti anni lui e io abbiamo passato piacevoli serate ad aggiornare una nostra personale classifica di cantanti e canzoni. Un diversivo, ma anche un impegno che a qualcuno potrebbe sembrare maniacale. Non lo era, piuttosto un modo per esorcizzare la realtà. Non per fuggirla, ma per trovare in essa la semplicità del vivere quotidiano”. Settanta canzoni dagli anni ‘50 a ‘90 che danno il LA ad altrettanti racconti e ricordi da parte dei 14 autori in cerca di libere associazioni emozionali. Le quali possono scaturire per similitudine col titolo della canzonetta o con un suo versetto, ma anche per contrasto. E che rappresentano comunque una colonna sonora per dei ricordi. Può perfino accadere che un’ innocente canzone un po’ infantile come “Attenti al lupo” di Dalla ispiri un breve giallo. Altrettanto per “Se telefonando” di Morricone interpretata da Mina. Così come il contrasto avviene con “Vedrai vedrai” di Tenco dove è lei che si stufa delle promesse mancate di un “genio incompreso” e di illusioni perdute, e lo molla lasciandogli un biglietto. I racconti sono tutti godibili, ben scritti e hanno il dono della concisione. Il ricavato del libro edito da Il Cavedio (15 euro) andrà a favore della ricerca per la fibrosi cistica, una malattia rara purtroppo ancora molto diffusa. Il progetto editoriale di Fiorenzo Croci è semplice e insieme alto: consiste in un nuovo modo di pubblicare libri, fare formazione e creare nel contempo, situazioni di beneficienza. Maniglio sarebbe stato contento. Altrettanto lo sono stati i suoi cari, i suoi amici e tutti quelli che lo hanno conosciuto, alla fine di quel semplice raduno in un pomeriggio di mezza estate.
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