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Società

PROMUOVERE SPORT

FEDERICO VISCONTI - 18/06/2021

sportIl 15 maggio scorso ho partecipato alla Playground Hackathon, un lavoro di gruppo finalizzato a sviluppare idee e proposte per ampliare la base dei tifosi della Pallacanestro Varese.

Bilancio positivo, in primis sul piano del metodo. Trascinati dal Leo Club LIUC e da LIUC Alumni, studenti, docenti, funzionari e giocatori (capitan Ferrero e Giovanni De Nicolao) si sono ritrovati attorno a dei tavoli (ahimè virtuali!) per condividere un problem solving di Scuola Harvardiana: analisi, diagnosi, generazione di alternative… Sottolineando l’importanza di portare Pallacanestro Varese “dentro” al territorio, Umberto Argieri, presidente del trust dei tifosi “Il Basket siamo noi”, ha affermato che si è trattato di “una esperienza importante a livello di format, una puntata zero che è piaciuta a tutti”.

La questione strategica: partendo da una base di affezionati (la cosiddetta fan base) di tutto rispetto, Pallacanestro Varese si trova a fare i conti con i grandi cambiamenti di contesto che ne condizionano la tenuta futura.

Dai lavori sono emerse dinamiche socio-comportamentali del tipo: i genitori faticano ad appassionare i figli allo sport e a portarli al palazzetto; i giovani hanno modelli di consumo “veloci” e una partita rischia di essere troppo lunga, fin noiosa; l’offerta di entertainment è molto ampia, si fa zapping tra le diverse proposte, è pressoché impossibile fidelizzare…… Per non dimenticare spunti degni delle mitiche forze competitive di Michael Porter, punto di riferimento degli studiosi di strategia aziendale: “Il concorrente del Chelsea non è il Manchester City ma la Playstation!”.

Così come si sono delineate azioni destinate ad aumentare l’attrattività nei confronti dei giovani: promozione dello sport presso le scuole e le istituzioni del territorio, valorizzazione degli atleti in qualità di ambassador, arricchimento dell’evento (gestione dei tempi morti, creazione di contest, merchandising), sviluppo della dimensione digitale attraverso i social media, i podcast, l’e-commerce……

Il think tank è stato sintetizzato dal collega Palmieri, esperto di management dello sport, con queste parole: “Chi va ad assistere a una partita deve vivere un’esperienza unica, fatta sia dalla parte agonistica sia da molti altri aspetti che vanno affrontati prima, durante e dopo l’evento sportivo. È necessario creare un percorso dedicato ma anche avere una profilazione di ogni ospite, in modo da offrire quello che gli può interessare. Le nuove tecnologie diventano fondamentali per segmentare i fan e per rispondere alle loro aspettative”.

Detto fatto, dalla teoria alla pratica.

29 Ottobre 1967. Il papà mi porta per la prima volta allo stadio. Il Franco Ossola, per uno che praticava quotidianamente il campo dell’oratorio di Caidate, sembra il Camp Nou di Barcellona. Gli spalti, avrebbe detto Sandro Ciotti, sono al limite della capienza (con limite che tende ad infinito, in perfetto stile italico). In campo Varese-Inter, l’Inter di Burgnich e Facchetti, di Mazzola e Suarez …. Per un interista di sette anni, un sogno, il sogno.

Risultato: Varese 1 – Inter 0. Gol al 62° di Mario Mereghetti…. classico gol dell’ex.

Or bene, la teoria del Palmieri è stata avallata ancora prima che lui nascesse: l’esperienza è stata unica! Entusiasmante il prima, massacrante il durante, pedagogico il dopo. Ho capito fin da piccolo che l’Inter educa alla sofferenza, componente fondamentale della vita, che piaccia o no.

Non credo si debbano scomodare sociologici, psicologi, educatori, opinion leaders e chi più ne ha più ne metta per affermare che quello che valeva per un bambino e un giovane di allora vale anche per quelli di oggi. Ma ogni tanto il dubbio mi viene, e il lockdown centra fino a un certo punto: non è che qualcosa non stia più funzionando? Non è che se si frequentasse di più il campo di un oratorio o la curva di un palazzetto si parlerebbe di meno di FOMO (fear of missing out, non a caso emersa anche durante l’hackathon)? Non è che una telefonata di una volta potrebbe valere cento whattsapp di oggi? Non è che… Provocazioni tutte da approfondire, per poi valutare se e come sia il caso di intervenire, muovendosi sulla soglia della mission impossible. Per affrontarla col piede giusto, riascolterei Lucio Battisti: “Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni”.

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