Con l’arrivo dell’estate c’è un tessuto che viene alla ribalta su riviste e pubblicazioni per via del sole e, soprattutto, del commercio di sostanze protettive, ed è quello cutaneo, la pelle.
In realtà il sistema nel suo complesso è definito tegumentario ed è composto non solo dalla cute ma anche dal sottocute e dagli annessi cutanei.
Quali sono quindi le funzioni fondamentali di questa parte del nostro organismo?
Innanzitutto è una barriera, una protezione per gli insulti meccanici, chimici e termici ai quali siamo sottoposti dal mondo esterno nella nostra quotidianità. Ci protegge anche fisicamente dalle radiazioni ultraviolette (grande mercato di prodotti) e biologicamente dai microorganismi che volessero attaccarci.
In realtà ha però anche importanti funzioni quali la produzione di sudore (equilibrio termico/eliminazione sostanze) o di sebo (protezione), il mantenimento quindi dell’equilibrio idrosalino (insieme ad altri tessuti e organi), sintetizza ormoni (vitamina D), può assorbire sostanze, è un organo complesso di senso (tatto, temperatura, dolore) e permette al bimbo per parecchi mesi, insieme a labbra e mucosa orale di conoscere oggetti e persone, nell’adulto invece è uno straordinario mezzo di comunicazione sociale quando viene attivata la muscolatura, come nelle mimica facciale.
La pelle (o cute) è organizzata in due piani sovrapposti, l’epidermide ed il derma, più profondo. Ancora più in profondità invece vi è il tessuto sottocutaneo. L’epidermide è composta da cinque strati, il derma invece, composto da tessuto connettivo, in due.
In base a dove le sollecitazioni meccaniche sono superiori aumenta o meno lo spessore (quindi ad esempio pianta del piede, tallone in particolare è massimo 4mm, sulle palpebre minimo 0,5mm).
Epidermide e derma sono anatomicamente separati da una membrana che però permette ampi scambi metabolici, mentre sotto il derma vi è il tessuto sottocutaneo ricco di adipociti che vanno a costituire il tessuto adiposo distribuito in modo più omogeneo nella donna rispetto all’uomo.
La superficie cutanea è di circa 2 m/q, rappresenta il 17% del peso corporeo totale è relativamente elastica (50% in alcune parti del corpo), ha una importante resistenza meccanica (una striscia 3×100 mm regge 10 kg).
Il suo colore varia con l’etnia, ma anche la regione del corpo (nei caucasici sono più scure le aree dei genitali e l’areola mammaria), le radiazioni solari o lo stato fisiologico (gravidanza) o patologico (ittero).
La variazione di colore dipende dalle melanine, pigmenti prodotti dai melanociti cellule epidermiche, ma anche dal carotene (di origine esogena) e dalla ricchezza della rete vascolare superficiale.
Vale la pena di ricordare come a livello dei polpastrelli i solchi della pelle creano dei dermatoglifi, disegni determinati geneticamente, peculiari ed immutati per tutta la vita per ciascun individuo (impronte digitali).
Le pieghe invece sono solchi che possono essere temporanei (azione di movimenti muscolari od articolari) o permanenti se dovute invece all’aderenza della cute alla fascia superficiale del corpo. Le prime con l’età si accentuano anche per la riduzione della muscolatura od aumento del tessuto adiposo o per la perdita di elasticità (rughe o pieghe senili).
Ora dopo queste notizie di base concentriamoci sull’abbronzatura. La radiazione solare comprende 5% di raggi ultravioletti (quelli che in questo caso ci interessano di più), 35% di luce visibile e 60% di infrarosso.
La lunghezza d’onda delle RUV solari (prodotte anche da lampade al quarzo) è compresa tra i 200 e 400 nm ed è divisa in tre fasce A, B e C. Atmosfera, strato di ozono, anidride carbonica e vapore d’acqua sono filtri importanti che eliminano le radiazioni di breve e grande lunghezza d’onda.
La pelle quindi viene colpita da questi raggi che hanno frequenza diversa a secondo delle ore della giornata (a metà giornata ad esempio prevalgono i B). Cambiano anche durante l’anno, in quanto i B (che sono i più cancerogeni e pericolosi) aumentano d’estate mentre gli A (che caratterizzano il fotoinvecchiamento) sono maggiori in inverno.
Se ne deduce che la protezione verso questi raggi dovrebbe essere in realtà costante costante nell’arco dell’anno.
Quando colpisce la pelle la maggior parte di questi raggi è riflessa dallo strato corneo. Solo una parte penetra gli strati profondi e i raggi A sono più aggressivi dei B mentre i C lo sono molto meno.
I danni prodotti da questi raggi possono essere una alterazione strutturale del DNA con disordini biochimici di membrane, enzimi, proteine ed aminoacidi.
In compenso l’epidermide ha tre difese: lo strato corneo che riflette i raggi, libera acido urocanico (il cui aumento è responsabile dell’eritema solare) in superficie e, soprattutto, produce melanina.
Le melanine (eu e feo melanine) sono quindi una grande protezione per la nostra cute.
Sono prodotte dai melanociti, cellule dello strato basale dell’epidermide, ed hanno quindi il ruolo di proteggere le cellule e le strutture sottocutanee dall’aggressione mutagena dei raggi UV.
Mediamente ci vogliono 72 ore prima che la melanina arrivi in superficie e protegga. Due tre giorni dopo aumenta il numero dei melanociti. Tutto ciò è l’abbronzatura.
L’esposizione al sole è quindi molto utile per la sintesi di vitamina D ma, se eccessiva, assai rischiosa perché può favorire l’insorgenza di tumori cutanei.
Attenzione che esistono almeno 6 fototipi diversi (cioè che hanno una risposta diversa ai raggi UV). Il primo è quello con scarsa o assente pigmentazione e che quindi si scotta subito, a scalare fino al sesto, che non si scotta mai, perché ha una pigmentazione permanente.
Il corretto uso quindi delle protezioni passa da una valutazione specialistica ma anche personale (dettata dall’esperienza) della propria pelle e del proprio fototipo.
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