“Azzelllioo..… Azzelliooo…. ce sta’ la Raaai !!!!” Chissà se nel cervello dell’ignoto scalpellatore capitolino ancora risuona il tormentone della coppia Fiorello-Baldini di “Viva Radio2” dove il primo interpretava uno scafato centralinista del Quirinale che intimava al Presidente di raggiungere il telefono.
Fatto sta che a distanza di giorni la vicenda della targa commemorativa di Carlo Azeglio Ciampi, a cui mancava la g, continua ad assurgere a simbolo della sciatteria amministrativa che solo nella capitale tocca vertici impensabili alla ragione umana.
C’erano tutti: la banda dei vigili urbani, l’inno, il Presidente Mattarella ed i figli di Ciampi quando l’agitazione dello staff della sindaca Raggi lasciava intravedere che qualcuno si era accorto dell’errore. I numerosissimi adepti del Raggio magico a cinque stelle prima hanno pensato bene di coprire la targa con un drappo giallorosso, che però era trasparente (doppia sciatteria) e poi inventato che durante il trasporto la targa si fosse gravemente scheggiata. Commenta Massimo Gramellini sul Corriere: “A questo punto Sergio Mattarella da gran Signore che è, si è alzato ed è tornato al Quirinale prima che togliessero una g anche a lui, facendolo diventare ancora più Serio di quanto non sia”.
Ad aggiungere un tocco di grottesco alla già di per sé imbarazzante vicenda, ci si è messo un consigliere pentastellato, Paolo Ferrara, avanzando la tesi del complotto: «Non è stato un semplice errore, Raggi vittima di un sabotaggio”, con Carlo Calenda che subito si è autodenunciato, «ebbene sì, sono stato io, nottetempo sono andato a scalpellare la targa per togliere la “g” di Azeglio».
È un luogo comune dire che i Romani siano pigri ma secondo me è più corretto dire che preferiscono prendersela comoda, basando la propria convinzione sul concetto di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Quindi una doppia “r” che risulta nel parlare quotidiano particolarmente faticosa, viene dimezzata. La “guerra e la terra” perdono così una delle due consonanti, tanto “si capisce lo stesso”. Figuriamoci una gl. Non a caso tra le tante facezie in rete scatenate dall’episodio, quella vincente è: “Panico nella capitale: sarà inaugurata una targa per Arnold Schwarzenegger”.
D’altro canto l’errore ortografico amministrativo vanta una solida tradizione. Come non ricordare un giornalino di un comune laziale dal titolo “Abulimia, malattia del secolo” (copyright “Anvedi”) oppure il mitico cartello (anch’esso reperibile in rete) all’ingresso di un ufficio romano: “Il pubblico si riceve il martedì ed il venerdì dalle ore 10 alle 12. L’altri giorni dobbiamo lavorare”.
Fiori all’occhiello di questa atavica sciatteria, sono le municipalizzate del Comune. Nonostante nella capitale si paghino le tariffe più alte d’Italia, Amu ed Atac fanno a gara per allietare i clienti con facezie del tipo: “Train to Roma-Porta S. Paolo of hours 8:36”, dove train of hours sta per treno delle ore 8:36. Su uno dei parchimetro di via Tiburtina il biglietto per sole moto diventa “Tickets for sun motion” e il cartello delle indicazioni per raggiungere la metropolitana indica una non meglio identificata “linea anderground”. D’altronde “Does not rest” appariva sul display della macchinetta Atac della stazione Eur di Roma quando finivano le monete per dare il resto. Peccato che in inglese la frase significhi «non riposa». Su alcuni autobus è “saltata” la “i” di valigie. E quindi nell’avviso si invita ad appoggiare le “valige” a terra (sospetto che l’estensore del cartello sia lo stesso della targa di Ciampi).
Giovane redattore a “Il Popolo” negli anni ’80 fui testimone di uno scherzo crudele. L’allora direttore politico (ai tempi della Prima Repubblica ogni giornale di partito aveva il suo bravo ‘commissario’ stile Politburo) era una persona colta e paziente. Finite le attività parlamentari amava a tarda sera raggiungere la sede del quotidiano, nella vicina Piazza Cinque Lune, per dare una distratta occhiata alla bozza della prima pagina e soprattutto chiacchierare con chi era di turno. Proto e caporedattore, durante una delle tante accese campagne elettorali di allora, si misero d’accordo per la gigantesca burla: il titolo della prima pagina del giornale in uscita era: “Piccoli, Forlani, Andreotti: i comizi della Dc in piazza concludono la campagna elettorale”. La bozza, buttata lì quasi per caso verso mezzanotte davanti al mite direttore mentre commentava amabilmente alcuni pettegolezzi del momento, recitava: “Piccoli, Forlani, Andreotti: i comici della Dc in piazza concludono la campagna elettorale”. L’urlo: “Fermate le rotative!!!!!!” ancora echeggia in Piazza Cinque Lune nelle notti di luna piena.
Uno scherzo, appunto. Ortografico. Ma soltanto a Roma la farsa può aspirare al diritto di cittadino universale nella realtà.
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