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Apologie Paradossali

UNA NECESSITÀ

COSTANTE PORTATADINO - 11/06/2021

comune-di-varese(O) Inevitabile partire dalla rinuncia di Maroni alla candidatura: cambia qualcosa o addirittura molto?

(C) Direi che dovrebbe cambiare moltissimo. Dovrebbe. C’è ovvio imbarazzo nel centro-destra, meno nella Lega che forse desiderava inconsciamente il cambio di candidato. Ma l’occasione per il centro del centro-destra non dovrebbe essere quello di sognare un candidato non leghista, ma di spostare il confronto dalle persone ai programmi. Anzi, non un’occasione, una necessità. Non vedo altri ‘campioni’ dalla parte del centro-destra, che finirebbe per partire in svantaggio, anche per le inevitabili scorie della scelta sicuramente contrastata. Galimberti offrirebbe agli elettori due certezze: aver amministrato con una certa sicurezza, nonostante la difficoltà di gestione dei rapporti con le liste civiche alleate e aver portato risorse da Roma, grazie ai buoni rapporti col governo nazionale.

(S) E quale colpo di fantasia potrebbe mai inventarsi il centro-destra nel programma, per rilanciare le sorti? Le risorse sono limitate, le competenze anche. Il colpo propagandistico, il treno Varese-Milano in 30 minuti l’ha già giocato Galimberti, per quanto destinato a realizzarsi in un lontano futuro e non certo per merito del Comune. L’incognita che rimane è quella nazionale. Avvenimenti di rilievo potrebbero dare una connotazione politica a queste elezioni, tenendo conto che riguardano le principali metropoli.

(O) Ma noi, che c’entriamo? Che cosa possiamo o vogliamo dire? Neppure votiamo a Varese.

(C) Intanto cogliamo l’occasione per fare gli auguri a Maroni di ristabilirsi presto e bene. Un contributo d’idee alla sua città potrà darlo comunque, pur tenendo conto delle ragioni di salute che sconsigliano un impegno così forte e logorante come l’essere pubblico amministratore. Suggerisco poi di confrontarci con il ventaglio di prospettive e di proposte offerte da un libro di recente pubblicazione: VARESE 2051, scritto e redatto da due ottimi colleghi di RMFonline, Cesare Chiericati e Antonio Martina. Ci propone “Come sarà Varese fra 30 anni. Le riflessioni di alcuni protagonisti sulle previsioni sociali, economiche, politiche, ambientali”.

(S) Futurologia? Mah. Sono scettico. In gioventù ho frequentato futurologi di professione e di gran nome, solo per esempio gli scienziati del Club di Roma, che avevano profetizzato i ‘Limiti dello sviluppo’, ma che la realtà ha clamorosamente smentito. Adesso sono di moda i teorici della ‘decrescita felice’, ma intorno, specie nel mondo più povero e meno connesso con le grandi aree di sviluppo, vedo solo la crescita della povertà e dell’infelicità. Statistiche vere, non impressioni mie.

(C) Fortunatamente non si tratta di questo. I pareri raccolti sono diversi e spaziano dai nessi con i grandi orizzonti mondiali, come le osservazioni di Robi Ronza sulla Nuova Via della Seta, a considerazioni localistiche sulla destinazione di spazi pubblici cittadini, dalla presa in esame dei propositi della Dichiarazione di Roma, grande auspicio di ripresa dello spirito europeo e dalle osservazioni di Sabino Cassese e di Vincenzo Camporini sui mali della burocrazia (problema gigantesco), alla proposta, da noi totalmente condivisa, di città federata, avanzata da Cesare Chiericati.

(O) Anch’io vedo molto bene una riflessione a lungo termine, di grande utilità pubblica, anche se di nessun interesse elettorale. È particolarmente necessaria proprio in tempi di crisi. Trovo particolarmente significativa l’osservazione di Ronza a proposito della crisi dell’agricoltura del nostro territorio che precedette, nella seconda metà dell’Ottocento, il suo imprevisto sviluppo industriale. La povertà significò disponibilità di forza-lavoro e attrasse insediamenti industriali, in buona parte, occorre riconoscerlo, promossi da imprenditori non varesini. Oggi rischiamo di uscire dalla crisi guardando solo ai servizi come a occasione di creazione di posti di lavoro. Non è un caso che anche riferendoci all’ultimo decennio le nuove ‘imprese’ in Varese, principali per creazione di posti di lavoro, siano state l’Università dell’Insubria e le Scuole Manfredini. Dobbiamo allargarci al territorio per trovare imprese di rilievo nell’informatica e nelle telecomunicazioni, che sono stati nel ventennio scorso i due settori di maggiore sviluppo. Il mio sogno è catalizzare intorno a tutti i livelli educativi e scientifici uno sforzo straordinario di investimenti in capitale sia fisico, sia umano. È forse troppo facile dire che la presenza del Centro di Ricerca Comunitario di Ispra non sia stato sfruttato abbastanza, ma sia rimasto come un’isola con pochi legami col territorio. L’università ha fatto molto, ma possiamo sperare che possa fertilizzare ancora di più il mondo dell’industria, che continua a vantare eccellenze in vari campi.

(C) Il primo e più grave errore da evitare è rassegnarsi a considerare Varese quasi come un’appendice residenziale di Milano. Vero che la pandemia e il lavoro a distanza hanno fatto riscoprire i vantaggi del vivere e possibilmente lavorare nelle città medie, che tuttavia Varese non è ancora. A sua volta Milano, anche qualora riuscisse a creare una reale simbiosi con tutta la Lombardia e con quelle parti di Piemonte e di Emilia che vi gravitano, a dispetto dei confini regionali, non avrebbe tuttora le dimensioni e le qualità per entrare nel novero delle ‘città-mondo’, quelle dove prendono forma i grandi cambiamenti epocali e prendono valore le svolte innovative.

La città odierna è ricca delle sue relazioni, delle capacità delle persone che vi abitano, più che delle risorse materiali del territorio, quindi anche più delle infrastrutture materiali che pure facilitano le relazioni. A questo punta conta però la logica con cui esse sono concepite, persino più della loro consistenza materiale. Ad esempio, la struttura dei trasporti pubblici, sia urbani sia interurbani, prendiamo ad esempio quelli ferroviari verso Milano o quelli urbani in Varese, accentuano l’isolamento delle periferie che sono connesse faticosamente verso il centro (faticosamente per la concentrazione del traffico in date ore) e minimamente tra di loro. Dove poi termina l’asse principale, al capolinea periferico, incomincia la periferia della periferia, ulteriormente penalizzata in termini di accessibilità ai servizi e ai luoghi di lavoro e di vita. Conseguenza: diventa indispensabile il mezzo di trasporto privato.

Varese subisce questa logica negativa in modo molto pesante e duplice: è diventata periferia di Milano e alimenta in se stessa una quantità di periferie misconosciute, in fase di progressivo ulteriore degrado. Occorre invertire queste due tendenze prima che sia troppo tardi. Occorre passare da sistemi urbanistici accentratori a sistemi a rete, sfruttando il fatto incontestabile che la nuova centralità è data dai collegamenti informatici e dalla vicinanza dei luoghi di lavoro ai luoghi di vita buona.

(S) Dici bene: il danno è già fatto, da molti anni. In Lombardia si chiama struttura milanocentrica, a Varese progressiva demolizione della sua originaria natura policentrica, con la concentrazione in poche aree congestionate sia dei servizi pubblici, sia degli elementi essenziali della mobilità urbana, sia pubblica, sia privata. Cambiare oggi costerebbe sacrifici enormi, sia alle amministrazioni pubbliche, che dovrebbero come prima cosa inventarsi una circonvallazione, che estirpi dal centro il traffico automobilistico di attraversamento, sia ai cittadini, che dovrebbero rassegnarsi a cambiare abitudini. Senza contare gli interventi sul sistema ferroviario, del tutto estranei alle possibilità istituzionali ed economiche dell’Amministrazione comunale. Non potete immaginare di fare tabula rasa degli interessi esistenti.

(O) Eppure un primo segnale di fattibilità è stato dato: lo spostamento del mercato. Ha ridato una funzione ad uno spazio che, vuoto, si prestava ad ogni genere di scorrerie e ne ha liberato un altro a funzioni più nobili, che diventa la promessa di rivitalizzazione di un intero quartiere. Ovvio che sono richiesti investimenti importanti, che non potranno essere a carico né del Comune né solo dei proprietari e dei gestori delle reti ferroviarie. Ma un investimento dello Stato o della Regione che favorisse il raccordo tra i due sistemi ferroviari, si giustificherebbe pensando alla creazione di un asse funzionale Genova-Milano-Zurigo in cui Varese acquisterebbe una funzione di snodo, analoga a quella che da decenni già svolge Como.

(C) Non abbiamo lo spazio per entrare nei dettagli. Torniamo al punto da cui eravamo partiti: dopo la rinuncia di Maroni alla candidatura per il centro-destra, diventa un obbligo per tutti spostare l’attenzione e la competizione sui programmi. Abbiamo cercato, nella brevità dello spazio concessoci, non di tracciarne un progetto, ma solo di indicare l’unica condizione assolutamente necessaria: concepire Varese non come il forziere degli interessi di pochi proprietari o anche di tanti più o meno felici residenti, ma come una città aperta alla ricerca di nuovi valori, che sappia guardare al di là della crisi presente, valorizzando il ricco passato e immaginando un tuttora imprevisto futuro. Un compito che dovrà essere svolto dai futuri amministratori nell’ambito e con i tempi delle istituzioni, ma che ci riguarda tutti come cittadini.

(O) Onirio Desti (C) Costante (S) Sebastiano Conformi

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