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Ambiente

ERBACCE DA RECORD

CESARE CHIERICATI - 11/06/2021

erbaccePuntuali ritornano ogni anno a cavallo tra primavera ed estate, raggiungono altezze impensabili con radici nelle cunette, alla base degli archetti anti sosta bianchi e rossi, lungo i muri che delimitano i giardini dalle strade e sul sedime dei monumenti, ai bordi e dentro i parcheggi dispersi nei rioni e nelle castellanze. Si tratta delle endemiche erbacce invasive che, tra un’occhiata di sole rovente e ruvidi acquazzoni, esplodono letteralmente veicolando, nelle zone particolarmente afflitte dal fenomeno, un senso di abbandono, di trascuratezza, di accidia manutentiva che Varese non merita.

A titolo d’esempio ho misurato l’altezza delle infestanti verzure in una delle vie più colpite, la piccola via Ariberto, a Casbeno, che salda via Monviso con via Monastero vecchio in fregio al grande e attrezzato Oratorio. È una strada stretta e ombrosa, a senso unico. Scendendo dalla Monastero vecchio verso il mitico “casone liberty” insiste, sulla destra, una siepe vera e propria di erbacce di ogni genere e tipo che in qualche punto raggiungono addirittura un metro e ottanta centimetri di altezza. Un record per un contesto urbano.

Alla luce di questa misurazione si potrebbe indire un concorso tra le città della provincia, quasi tutte afflitte dagli stessi problemi, per stabilire a chi assegnare il “Premio incuria 2021” di cui peraltro caldeggio l’istituzione bipartisan. Chi pensasse a un caso isolato lo invito a visitare altre vie senza tuttavia spostarsi dalla solare Casbeno: via Reginaldo Giuliani che unisce viale Monte Rosa a viale xxv Aprile, via Verdi, lungo la recinzione del parco Baroggi, via Monviso nella seconda parte fin quasi alla confluenza con via Daverio, lo splendido viale S.Antonio che salda la zona della Motta sempre a via Daverio. Quest’ultimo è un segmento stradale dove, sia pure al netto di qualche intervento fuori scala, è ancora possibile apprezzare l’impianto urbano a ville e giardini, consolidatosi tra le due guerre, che è stato un tratto distintivo di “Varese città giardino”.

Altre contrade cittadine soffrono ovviamente della stessa trascuratezza. Per scoprirle basta farsi qualche chilometro a piedi diventando, almeno per qualche ora, viaggiatori urbani curiosi di ciò che si fa e di quello che non si fa. Quello della passività amministrativa di fronte alle erbacce infestanti, è un nodo che arriva al pettine, come si diceva, ogni anno senza che si riesca mai a sapere con esattezza a quale assessorato spetti la responsabilità di diserbare la città a regola d’arte, di darle quel tocco di ordine e pulizia di cui tanti cittadini avvertono la mancanza. Qualcuno sostiene che spetti all’ex Aspem, che fatica peraltro a garantire adeguata e normale pulizia delle strade, anche quelle prossime al centro dove, a volte, per mesi si accumulano cartacce, fazzoletti di carta, mascherine e mozziconi in serie. Forse le segnalazioni di cittadini e media si arenano in qualche cassetto di Palazzo Estense o forse qualcuno le cestina direttamente perché ritiene che i problemi siano altri. Ma il “benaltrismo”, si sa, non porta da nessuna parte. Invece in barba ai “benaltristi”, come afferma la sociologia urbana ma anche il normale buon senso civico, “bello chiama bello e degrado chiama degrado”. Come dire che la qualità urbana di un città sta anche nei dettagli, nella puntuale cura quotidiana delle sue criticità.

Da decenni Varese soffre, in molte zone, di un degrado trasversale alle Giunte che si sono via via succedute a Palazzo Estense, quasi una sorta di miopia condivisa verso il pulito, il bello, il vivibile. Non è mai stata –diciamolo con franchezza – quel “paradiso perduto” di cui alcuni scrivono e vagheggiano, ma ha avuto in anni lontani una sua cifra riconosciuta e apprezzata di ordine e di discreto decoro. Peccato che la giunta Galimberti che sta ben operando sui grandi progetti (stazioni, piazza Repubblica, edilizia scolastica e servizi educativi, sicurezza, servizi sociali, parcheggi, palestre) e che ha rimesso in movimento la città dopo decenni di stallo, abbia anch’essa sottovalutato l’impatto positivo di un impegno più stringente e visibile in tema di manutenzioni ordinarie.

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