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Editoriale

DERBYE

MASSIMO LODI - 11/06/2021

maronigalimbertiJuventus-Milan è la partita. Per quanto fascinose siano altre, trattasi di roba diversa. Immaginificamente: la Juventus è Galimberti. Il Milan, Maroni. Lo stadio, Varese. Il forfait, rossonero. Al sindaco uscente che tenta il bis s’opporrà non l’avversario designato, ma una new entry. Certamente di pregio. Però ciao, arrivederci, addio alla prevista stracittadina. Derbye, che peccato.

Galimberti rappresenta la storia per molti versi positiva del passato recente, Maroni la storia lontana e per alcuni aspetti archiviata della Lega bosina. Galimberti il ‘sinistro’ sui generis, Maroni il ‘padano’ extraterritoriale. Nel senso: il primo un riformista che pesca nell’elettorato popolare, seminandovi l’innata vocazione al moderatismo; il secondo un giacobino mite, la figura meno radicale dei leghisti d’antan, e l’istituzionale riferimento dell’autonomismo verde.

Si sarebbero contesi l’elettorato di centro, incassata la reciproca spartizione delle ali, sugli opposti fronti dell’arco politico. A vantaggio di Galimberti le opere di trecentosessantacinque giorni x cinque, il quinquennio di legislatura che celebra hic et nunc il genetliaco; a vantaggio di Maroni la risacca della superstite onda salviniana, una tendenza alla protesta di pancia mitigata dall’arruolamento nel governo Draghi. A svantaggio di Galimberti la resistenza d’una varesinità di destra da sempre diffidente verso la maglia rossa, per quando tendente al pallido, degli epigoni dell’ex Pci, Pds, Ds eccetera; a svantaggio di Maroni i ventitré anni di modesti risultati, inframmezzati da routinarie inconcludenze, dei borgomastri estensi.

La posta in palio resta eguale, i tic retrospettivi i medesimi, però la disputa sarà di differente impatto. Galimberti-Juve incrocerà un ‘diversamente Milan’, e capiremo quanto il match verrà influenzato da schemi, strategie, cifra dell’alter Maroni. Perché le persone contano. Più dei partiti, e figuriamoci nelle urne amministrative. Resiste il pronostico di fondo: dirimente risulterà l’appannaggio del consenso moderato. C’è sempre stata voglia d’equilibrio, ce n’è ancora di più in conseguenza del draghismo, mutazione culturale che da Palazzo Chigi s’allarga alle periferie del Paese. Significa concretezza, operatività, efficienza, spirito bipartisan: cioè le doti richieste a chi decide (a suo enorme e onorabile rischio) di candidarsi alla guida d’una municipalità, e cerca sostegno in partiti e forze civiche.

Alla fine, nel solco d’una tradizione sperimentata, i nomi faranno aggio sui programmi. Nomi garanti di serietà, competenza, consuetudine col territorio. Nessuno è disposto ad appaltare fiducie in bianco. Esperienze, fatti, titoli di merito: questo conta. Questo va messo in campo. Questo fa la differenza. Per marcarla, necessari i virtuosi compromessi, al netto delle ovvie tutele identitarie. Poi, mano tesa a chi ha perso. Non solo chi vince servirà a far progredire Varese che dal 2016 s’adopera a rinascere, dopo esser quasi morta d’immobilismo.

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