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Attualità

CORNA DI BUE

ROBERTO CECCHI - 04/06/2021

biodinamicaSe c’è una cosa che abbiam capito tutti in questi mesi di pandemia (ma non proprio tutti, come vedremo) è che è stata la scienza a tirarci fuori dai guai. È stata la ricerca scientifica a trovare i modi per individuare la natura del virus, sequenziandone il DNA e trovando le soluzioni per renderlo innocuo. In meno di un anno sono stati formulati diversi vaccini – non uno ma più di uno – quando invece in passato sono stati necessari svariati anni per farne uno soltanto. Per non parlare del lontano passato, quando il solo strumento per cercar di salvarsi dalle pestilenze era rimanere isolati e non bastava neanche quello, se si pensa che in una città come Firenze, la Peste Nera del Trecento dimezzò la popolazione. Morì una persona su due in una città che a quel tempo contava circa 100.000 abitanti. Oggi, col Covid, sarebbe successa la stessa cosa se non ci fossero stati i nostri ricercatori a prenderci per mano e salvarci dal baratro. Non avremmo avuto strumenti se non avessimo un sistema di conoscenza scientifica che pian piano, secolo dopo secolo, ci ha portato a conoscere la realtà come la conosciamo. Ovviamente non basta, perché ci sono ancora tante cose da capire e da risolvere, ma la strada che abbiamo imboccato a partire dalla seconda metà del Cinquecento, con quella che abbiam chiamato la Rivoluzione scientifica, non ci ha deluso, tanto che i progressi fatti si possono osservare addirittura nel lasso di tempo di una generazione. Chiunque di noi, tra quelli un po’ più attempati, ricorda nettamente che quando s’era ragazzi le cose erano molto diverse. Non c’erano le medicine che ci sono adesso e quelle che ora sono delle semplici operazioni chirurgiche, allora erano degli interventi a rischio. Era così per la medicina come per tutto il resto. Basta guardare qualche filmato dell’inizio del secolo scorso per capire com’eravamo messi, per esempio, con l’aviazione. A vedere il decollo di certi trespoli che chiamavano areoplani, sembra di guardare un film di Ridolini, oggi non ci faremmo salire neanche il cane. In poco meno di un secolo siamo arrivati dove siamo arrivati. E tutto questo è merito della scienza e del metodo scientifico. Non ci sono dubbi e dovremmo essere grati a chi lavora per questo.

E invece, proprio in questi giorni, mentre siamo sul punto di festeggiare il trionfo della scienza sul Covid-19, veniamo ricacciati indietro da forme di stregoneria di ritorno che si consumano non in un luogo qualsiasi, ma all’interno di una legge dello Stato. Lo ha detto a chiare lettere la senatrice Elena Cattaneo nel suo intervento al Senato, commentando il testo di un disegno di legge in corso di discussione (ddl. n. 988), che secondo il suo modo di vedere contiene “pratiche antiscientifiche, esoteriche e stregonesche”. Elena Cattaneo non è una senatrice qualsiasi. È una scienziata ed è stata protagonista solitaria, qualche anno fa, della battaglia contro Stamina. Un sistema di cura che di scientifico non aveva proprio nulla e si deve a lei, e solo a lei, il merito di aver messo la parola fine ad una pratica inutile e pericolosa che rischiava di diventare legge. Adesso si tratta di una questione analoga dai contorni non meno inquietanti. Non è facile dirlo in due parole, ma si tratta di questo. Il disegno di legge di cui stiamo parlando è una norma attesa da anni, con cui si prova a mettere ordine, come dice il titolo, in materia di agricoltura biologica “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. È un progetto che disciplina “azioni per la salvaguardia, la promozione e lo sviluppo della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico, compresa la semplificazione amministrativa, e i mezzi finanziari per il sostegno alla ricerca e alle iniziative per lo sviluppo della produzione biologica, la realizzazione di campagne di informazione e di comunicazione istituzionale, nonché la promozione dell’utilizzo di prodotti ottenuti con il metodo biologico da parte degli enti pubblici e delle istituzioni; […] l’uso di un marchio nazionale che contraddistingua i prodotti ottenuti con il metodo biologico, realizzati con materie prime coltivate o allevate in Italia”. Un’iniziativa legislativa meritoria, sembrerebbe.

Dunque, dove sta il problema? Il problema sta nel fatto che il disegno di legge equipara il biologico alla biodinamica. La senatrice chiede che il termine “biodinamica” sia espunto perché la biodinamica, al di là del termine accattivante, è una pratica agricola piuttosto singolare, che nei suoi disciplinari prevede “l’uso di preparati a base di letame infilato nel cavo di un corno di una vacca che abbia partorito almeno una volta. Il corno una volta riempito, viene sotterrato per fermentare durante l’inverno e recuperato nei giorni prossimi alla Pasqua per essere sottoposto alla fondamentale operazione di miscelazione e dinamizzazione con acqua tiepida di sorgente, pozzo o piovana, che ha una durata di circa un’ora e può essere effettuata manualmente, ma anche tramite macchine speciali”. Ecc. ecc.

Il tutto al fine di realizzare una agricoltura che sia in armonia con l’ambiente e proprio da questo rapporto intimo possa trarre tutti i benefici possibili, di cui poi l’essere umano dovrebbe godere, cibandosi dei prodotti di questo tipo di agricoltura.

A favore di Elena Cattaneo si sono schierati in parecchi, una ventina di studiosi hanno firmato un documento di condivisione. Anche Silvio Garattini, il fondatore di dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha scritto in suo favore. Ma si son levate anche le proteste di chi considera tutto questo un’esagerazione perché, dopotutto, si dice, anche l’agricoltura biologica usa i suoi fertilizzanti, non meno dannosi del corno di bue della biodinamica. Immagino che nei mesi prossimi ne vedremo delle belle. Ma il punto non è sapere chi la spunta. Il punto è che oggi il 20% degli italiani non approva l’obbligo vaccinale (Ilvo Diamanti) perché non crede nella scienza e dunque non si vaccina. Sono derive esiziali a cui va messo riparo. Lo deve fare lo Stato, ma anche il mondo della scienza deve fare il suo. Vanno evitate le polemiche e garantita, invece, la correttezza dell’informazione. Non si può pensar di essere solo dei bravi scienziati, magari bravissimi, e scatenarsi in polemiche infinite con disquisizioni così sottili da esser chiare solo a loro, senza pensare che questo non abbia conseguenze sulla sensibilità delle persone. Bisogna imparare a dire alla gente, prima di tutto, che il progresso di cui godiamo non è il frutto del caso, men che meno delle corna di bue, ma la crescita di una collettività che ha saputo dare nei secoli il meglio di sé e di cui stiamo perdendo consapevolezza.

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