Di Yusuf ibn Ayyub Salah ad-Din non molto sappiamo, ma della sua figura, in buona parte leggendaria, possiamo apprezzare, in questi nostri difficili momenti, quanto spirito di tolleranza, anche se non del tipo predicatoci da Locke e Voltaire, abbia motivato certi suoi atteggiamenti e convinzioni. Non per nulla Dante in piena età delle Crociate non osò condannare il Saladino all’Inferno, riservandogli un posto in disparte accanto a Cesare e Virgilio, tra gli spiriti magni del limbo, senza scrupolo di dannarvi invece Maometto. Nel Convivio il Saladino è collocato tra i signori liberali e magnanimi.
I precedenti del momento, in cui il Saladino si affaccia sulla scena della storia, stanno nell’arrivo dal Nord-Est nel corso del secolo XI di una tribù originariamente turkmena, appartenente a un ramo specifico dell’etnia turca, conosciuta come selgiuchide e convertita da pochi decenni all’Islam, per fondare un impero politico-militare esteso dall’Anatolia alla Persia centrale e nella loro battaglia vittoriosa di Manzikert sull’esercito bizantino nel 1071 (fondazione in Anatolia di un sultanato). L’atabag (governatore) turco di Mosul Imad ad-Din Zenqi nel 1128 pone un alt alle conquiste dei crociati ed accoglie l’accorata richiesta di aiuto della gente di Aleppo. Suo figlio Nur ad-Din (Norandino per i crociati) libera nel 1148 Damasco dall’assedio degli occidentali. L’eroe imperituro dell’Islam, il Saladino, nasce però dai curdi, una popolazione di ceppo iranico, parlante una lingua indoeuropea, convertiti all’Islam dal VII secolo. Egli già a 14 anni è servitore devoto del Sultano Norandino ed è allievo a Baalbek dei severi insegnamentidei sufi (mistici e asceti).
Salah ad-Din significa integrità della fede. Statura media, snello, pelle e occhi bruni, barba tagliata corta, all’uso dei curdi, guerriero, ma tollerante e sensibile, a poco più di 25 anni si trova coinvolto nella crisi egiziana, che vede il califfo fatimida imbelle, privo di autorità, lacerato dalla lotta tra gli onnipotenti vizir. Accompagnando lo zio Shirkuh il Saladino si trova a conquistare il Paese del Nilo. Respinge nell’ottobre del 1169 il quinto e ultimo tentativo del re crociato Amalrico di invadere l’Egitto, depone il califfo sciita al-Adidnel 1171, facendo sostituire il suo nome con quello del califfo abbaside di Baghdad ; alla morte di Norandino ne rivendica l’eredità e il 26 novembre 1174 entra trionfalmente a Damasco, facendone la sua capitale: è ormai il padrone di tutto l’Islam nell’Asia anteriore, il restauratore dell’ortodossia sunnita in Egitto, l’unificatore delle forze musulmane. Facendo la spola tra Damasco e Il Cairo, sorveglia da vicino il regno crociato di Gerusalemme. Nel 1183 fa il suo ingresso solenne ad Aleppo.
Ora cominciano a circolare i racconti sulla sua magnanimità illuminata. È descritto nella leggenda più di quanto risulti da fonti documentarie, giusto, benefico, misericordioso, generoso nel donare senza ristrettezze, facilmente mosso a pietà, ma di fronte agli atti di brigantaggio di Rinaldo di Chȃtillon, signore del castello di Kerak, in Transgiordania, sente il santo obbligo del jihad e reagisce con determinazione, muovendo nel 1187 sui principati franchi ; trionfa nello scontro di Hattin, impadronendosi della grande croce si cui era morto il Messia. Accoglie benignamente gli sconfitti quasi tutti come vecchi amici; provocato dall’arrogante risposta di Rinaldo, afferra la spada e gli mozza la testa. Saladino sottomette Galilea e Samaria, bada però a non compromettere mai la vita economica e commerciale delle zone annesse. Salvo Tripoli e Tiro, tutta la costa è sua. Invia a Gerusalemme una scorta per condurre la moglie e i figli di Baliano d’Ibelin, ultimo difensore cristiano, in salvo a Tiro. Venerdì 2 ottobre 1187 (anno 583 dell’egira) i musulmani possono festeggiare il viaggio notturno del Profeta nella città santa. Saladino libera mille dei difensori più poveri, rinunciando al riscatto, tutti gli anziani, i bambini e le donne(compresi i congiunti prigionieri). I pii cristiani della costa non sono altrettanto generosi verso i profughi. Si fa lavare il Tempio per purificarlo. Viene installata nella chiesa di S. Anna la madrasa per insegnare la Shari’a e il diritto canonico. Nel gennaio del 1188 però Saladino, bruciate le macchine d’assedio, è costretto a ritirarsi da Tiro.
L’assedio di S. Giovanni d’Acri e la sua riconquista da parte dei cristiani nel 1191 segnano la continuazione delle ostilità. Da una parte Corrado del Monferrato, presto eliminato dal pugnale degli assassini e il re d’Inghilterra Riccardo, incapace di approfittare con senno politico delle vittorie militari, dall’altra il Saladino, ormai nel suo 55° anno di età, spossato, dopo una vita spesa tra le battaglie e le cure del governo, in spola incessante di viaggio tra Il Cairo e Damasco. Prima s’instaura una tregua con re Riccardo, segue la morte di Saladino il 4 marzo 1193, senza ch’egli mai abbia potuto pregare da pellegrino nel recinto della sacra kaaba. Onde il suo rimpianto. Prima di morire, raccomanda ai figli la pace e la concordia: troppo il sangue versato. Muore povero, avendo tutto destinato ai poveri. Dorme ancor oggi in un piccolo oratorio accanto alla splendida moschea omayyade di Damasco, oggetto di un continuo pellegrinaggio.
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