Magari il nome non vi fa ricordare immediatamente il suo volto: Bernard Blier, l’attore francese che abbiamo visto chissà quante volte. Lo abbiamo sicuramente visto in “Amici miei”, tanto per citare un film in cui ha recitato.
Ricordo che la prima volta che ho conosciuto Gianluigi Miglierina mi aveva richiamato alla memoria appunto Bernard Blier, forse perché la sera prima al cinema Gloria l’avevo visto protagonista di un film “Cinesi a Parigi”, per il quale sarebbe stato meglio risparmiare i soldi del biglietto.
Lavoravo allora al Giornale di Varese, in via Cavour. Era entrato in redazione questo signore con una vestaglia grigia da commesso e aveva chiesto ad alta voce: “Chi è Dedo Rossi?”. Senza troppi giri di parole, restando in piedi davanti alla mia scrivania, aveva commentato un mio articolo uscito quel giorno sul quotidiano, riguardante una questione assolutamente insignificante di Malnate: gli alberi di villa Braghenti. Si era messo a raccontare un fiume di notizie di contorno su Malnate, sugli alberi, sulle ville, su Braghenti, sui democristiani di Malnate, sui socialisti di Malnate e, per concludere, sui comunisti di Malnate. Non ero riuscito a dire una parola. Mi aveva chiesto il numero di telefono e glielo avevo scritto su un foglio.
Gianluigi Miglierina era così. E nel tempo avevo avuto modo di conoscerlo un po’ di più, cercando di capire quando era opportuno, incontrandolo per strada, far finta di non vederlo o quando fermarsi a parlare. Dipendeva dagli impegni. Era un fiume in piena. Sapeva tutto di tutti e mi domandavo dove mai trovasse queste informazioni, se non sottraendo tempo prezioso al suo negozio di elettricista in fondo a via Donizetti.
Aveva la misteriosa capacità di intuire quando all’ora di pranzo stavo per infilare in bocca la prima forchettata di spaghetti. Squillava il telefono e ignorando la formale risposta di mia moglie andava diritto al sodo: “Giornalista Dedo Rossi”: questo era sempre l’inizio. Dava per scontato che lo riconoscessi dalla voce. E cominciava a raccontare cose, a volte assolutamente insignificanti riguardanti fatti minori di persone a me sconosciute, altre volte con interventi interessanti e analisi acute. Era imprevedibile. Non era neppure sfiorato dal dubbio che non avessi tempo di stare a sentirlo.
Raccontato così, potrebbe emergere l’immagine di un uomo buffo, noioso, curioso e inopportuno. E forse a volte lo era. Ma era soprattutto un uomo attento, appassionato e immerso nelle cose. Sandro Frigerio, che al Giornale si occupava della politica varesina, era diventato il suo riferimento preferito. E acutamente Frigerio l’aveva definito “un lettore attivo, nel senso del segnalatore di notizie, del propositore di contatti, di commentatore. Era sicuramente un personaggio particolare, a suo modo un lupo solitario che cercava di relazionarsi, e perdonate l’ossìmoro”.
Nella sua Cittiglio, dove abitava, si era occupato di politica. Era considerato, secondo i casi, un grillo parlante o un rompiscatole. In ogni caso mai banale, mai scontato, mai schierato per alcun interesse che non fosse quello del bene pubblico, secondo il suo giudizio. Della sua vita personale credo che ben pochi avessero notizie. Era un uomo “da strada”, un uomo sempre in giro, curioso e vivace.
Nelle elezioni amministrative a Cittiglio nel 1996 si era presentato come candidato sindaco con una lista di centro sinistra. In quella votazione il candidato “ufficiale” del centro sinistra, Manolo Marzaro, aveva vinto con 1277 voti, seguito da Felice Magnani con 627 voti raccolti dalla sua lista civica, al terzo posto Luca Costantini della Lega nord con 517 voti. Miglierina si era piazzato al quarto posto, con solo 38 voti. Pochi, non sufficienti per entrare a far parte del consiglio comunale, ma significativi come conferma della sua volontà di essere autonomo, non appiattito sulle posizioni ufficiali, pronto a mettere i puntini sulle i.
Quando si affacciava alla porta della redazione del Giornale spesso era accompagnato da personaggi improponibili, strani, curiosi, che Dio solo sa dove poteva essere andato a trovarli. Ricordo un ciclista stralunato che veniva dalla Foresta Nera, con due borse enormi ai lati della ruota posteriore della sua bicicletta, e che transitava da Varese per caso diretto chissà dove. Lo aveva portato, in redazione perché secondo lui era “una notizia”. Un’altra volta si era affacciato con due ragazzi pallidi e magrissimi, con i primi capelli a cresta impomatati e con piercing sulla lingua e sul naso, allora non ancora così diffusi. Anche questa era “una notizia”.
Il suo interlocutore preferito, dicevo, era Sandro Frigerio, proprio per il suo incarico al Giornale. E Frigerio era sicuramente il giornalista che gli dedicava più tempo, vuoi per una sua naturale disponibilità, vuoi perché nel fiume di parole di Miglierina qualcosa di utile si ricavava sempre. Ricorda ancora Frigerio: “I temi non mancavano. Poteva essere il commento sulla riunione di partito (lui conosceva soprattutto gli esponenti della DC, ma non solo), sull’ultima delibera di giunta, sulla viabilità o sullo stato del commercio”.
L’altra passione di Miglierina, oltre al gusto della parola e della notizia, era lo sport. Al Giornale il suo referente in questo settore era ovviamente Enrico Minazzi, responsabile delle pagine sportive. La sua passione erano in particolare l’atletica leggera e il ciclismo. Ricorda Roberto Gervasini, in quegli anni atleta di livello europeo, che Miglierina accompagnava dei giovani che partecipavano a gare di atletica, soprattutto in Svizzera. Lo faceva perché questi ragazzi potessero praticare lo sport preferito senza difficoltà. Era il suo modo per essere utile.
Ecco, essere utile: forse sta proprio qui la sintesi di questo uomo in vestaglia grigia, chiacchierone e gentile, pronto a raccogliere notizie. Ma che era riuscito a far passare sotto silenzio, anni fa, la notizia della sua scomparsa.
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