Le sparatorie purtroppo non si sono mai interrotte durante la pandemia: il 2020 è stato l’anno più mortale della violenza armata degli ultimi decenni in USA.
Fino a due violenze letali su gruppi di persone ogni mese: le sparatorie di massa sono rimaste assenti dai titoli dei giornali durante la pandemia di coronavirus, ma troppe persone stavano morendo per arma da fuoco, a un ritmo da record.
Secondo i dati del “Gun Violence Archive”, nel 2020, la violenza armata ha ucciso quasi 20.000 americani, Altre 24.000 persone sono morte per suicidio con una pistola o un fucile.
La stragrande maggioranza di queste tragedie americane avvengono lontano dal bagliore dei riflettori nazionali: si manifestano invece nelle case o nelle strade cittadine e – come la crisi covid-19 – colpiscono in modo sproporzionato le comunità di colore.
Ne tratta in un articolo allarmato il Washington Post, dopo aver registrato le sparatorie del mese scorso alle terme di Atlanta e quelle in un negozio di alimentari a Boulder, nel Colorado, in cui sono state uccise18 persone. Purtroppo, le stragi di massa, incomprensibili e secondo dinamiche che vengono attribuite a momenti di follia individuale, finiscono col mettere in ombra i casi di violenza quotidiana che sono responsabili della maggior parte delle morti per armi da fuoco, senza salire all’onore della cronaca.
Nel nostro Paese sono invece le armi da taglio, i pugnali, gli oggetti contundenti a caratterizzare la brutalità di gesti che si rivolgono in modo impressionante soprattutto verso le donne e, spesso, i minori.
Sono due tratti mostruosi nella loro dimensione, che danno la misura di febbri diverse in società molto differenti, ma che il turbamento della pandemia ha ulteriormente esacerbato.
Mentre in vaste periferie americane o nei vicoli di alcune nostre città (e non si può dire che ciò riguarda solo il Sud) si ha a che fare con una ormai onnipresente violenza armata che è entrata a far parte di una esperienza quotidiana, quello che stupisce è che l’aumento dell’azione criminale disperata non venga messa in relazione con l’insicurezza che l’emergenza climatica, quella sanitaria o, ancora, quella di una incombente povertà stanno inoculando nel sentire diffuso, proprio quando il fallimento dell’individualismo accarezzato negli ultimi trent’anni rivela tutto il bisogno di fratellanza e solidarietà per affrontare effetti e solitudini mai così dense e durature. Ci siamo rivolti ad “eroi” scordandoci di essere innanzitutto “fratelli” e ci siamo illusi che l’eccezionalità del cambio d’era si potesse affrontare da soli, fino a cedere a sconforto se non a disperazione.
Per stare ai dati americani, le morti per sparatorie nel 2020 hanno superato di oltre 3.600 quelle del 2019. L’aumento assomiglia ad altre tendenze allarmanti: l’anno scorso gli Stati Uniti hanno registrato il più alto aumento di omicidi in un anno da quando hanno iniziato ad essere conteggiati. New York ha subito un picco del 30%. Anche le ferite da arma da fuoco sono aumentate notevolmente, fino a quasi 40.000, oltre 8.000 in più rispetto al 2019.
“Più di 100 americani vengono uccisi ogni giorno dalla violenza armata”, ha detto Ronnie Dunn, professore di studi urbani alla Cleveland State University, utilizzando una cifra che include i suicidi. “La maggior parte risiede nelle comunità “Black” e “Brown” e, come nel caso dei femminicidi e dei ferimenti dei minori da noi, colpisce la continuità e la cronicità di avvenimenti strazianti a cui ci stiamo quasi assuefacendo. Sempre secondo i dati del Gun Violence Archive, quasi 300 bambini sono stati uccisi nel 2020, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Più di 5.100 bambini e adolescenti di 17 anni e più giovani sono stati uccisi o feriti: oltre 1.000 in più rispetto a qualsiasi altro anno dal 2010. L’aumento è particolarmente sorprendente perché si è verificato in un periodo in cui la maggior parte dei bambini non frequentava le lezioni di persona ed è stata risparmiata da micidiali sparatorie a scuola. Gli esperti dicono che a crescere è soprattutto il suicidio e la violenza domestica.
La pandemia probabilmente ha alimentato gli aumenti di cui stiamo trattando. La diffusione del coronavirus ha ostacolato gli sforzi contro la criminalità e le chiusure correlate hanno aggravato la disoccupazione e lo stress in un momento in cui le scuole e altri programmi comunitari erano chiusi o online.
Lo stesso dilagare del Covid-19 con i timori di contagio e le restrizioni imposte, ha indotto un aumento delle vendite di armi da fuoco soprattutto nelle due Americhe e in parte in Europa ed Africa, non riscontrato invece in Asia e in Australia. Si pensi che nel 2020, le persone hanno acquistato circa 97 milioni di armi, con un aumento del 64% rispetto alle vendite del 2019 e per l’88% fuori da Asia e Australia.
Uno studio recente ha definito la violenza armata “una crisi della sanità pubblica in divenire da decenni”. Analizzando i dati dei “Centers for Disease Control and Prevention”, è emerso che i maschi neri di età compresa tra i 15 ei 34 anni rappresentavano il 37% degli omicidi con armi da fuoco, anche se costituivano il 2% della popolazione degli Stati Uniti: un tasso 20 volte superiore a quello dei bianchi maschi della stessa età.
Penso che non riuscire a concentrarsi su ogni forma ormai comune di violenza armata oscuri la gravità della crisi che, tra le molte facce inquietanti, deve invece cominciare a prendere in considerazione anche l’allarmante argomento di questo mio post.
Se pensiamo a quante persone muoiono uccise dalle armi ogni singolo giorno – al di fuori delle guerre in corso – e pensiamo a come sarebbe se accadesse nella nostra famiglia o nella nostra comunità, forse questo ci motiverebbe a intraprendere azioni continue, piuttosto che passeggeri smarrimenti di fronte alle notizie più eclatanti.
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