(S) Non possiamo non cominciare ad occuparci della SUPERRELIGIONE. Non prendere scuse, non dilazionare. Con l’arrivo dell’estate finiremo per occuparci di argomenti più leggeri. Subito dopo le ferie, speriamo di farle, quest’anno, ci saranno le elezioni comunali.
(C) Torno a dire che il tema è di eccezionale importanza. Accetto di introdurlo, sperando che susciti attenzioni ben più competenti delle mie. Cominciamo con una breve notizia sull’autore.
Marco Ventura è Professore ordinario di Diritto canonico ed ecclesiastico nell’Università di Siena e membro del panel di esperti sulla libertà religiosa dell’OSCE. Presiede il gruppo di lavoro su innovazione, scienza e tecnologia del G20 Interfaith Forum. Dirige il Centro per le scienze religiose della Fondazione Bruno Kessler di Trento.
Tra i suoi libri From Your Gods to Our Gods (Cascade Books, 2014) e Creduli e credenti. Il declino di Stato e Chiesa come questione di fede (Einaudi, 2014). Collabora con il Corriere della Sera.
Proprio dal Corriere inizia una presenza assidua sulla stampa più importante, dapprima attraverso il supplemento domenicale “La Lettura”. Il 16 aprile scorso, Marco Rizzi presenta sul Corriere il suo nuovo saggio, pubblicato da Il Mulino: “Nelle mani di Dio”, un titolo volutamente tradizionale, per una tesi, se non rivoluzionaria, almeno paradossale.
Trovo anche difficile esplicitarla chiaramente, perché mi imbarazza persino il genere letterario del libro: non è filosofia, non è diritto, non è sociologia. Si presenta piuttosto come un rendiconto delle tendenze mondiali in questi tre campi e in più in quello della politica degli stati nei confronti delle religioni: essendo diversissimi tra loro gli uni e le altre, ne esce un quadro assai variegato, in cui l’Autore, con grande abilità, riesce a rintracciare linee di tendenza interessanti sia per credenti sia per agnostici. Facendo uno sforzo (spero non una forzatura), proverò ad estrarre le tesi principali, usando quasi esclusivamente sue citazioni letterali. Il punto di partenza esplicito è il ritorno della religione di fronte alle grandi sfide che devono essere affrontate dall’umanità come tale, ben al di là delle divisioni ideologiche, etniche e culturali che sembravano insuperabili nel secolo scorso. La pandemia le ha soltanto certificate, ma secondo Ventura, gli studiosi attenti al fenomeno religioso avevano già colto l’inaspettata reviviscenza delle religioni nei trent’anni trascorsi.
(A) “ Oggi le grandi sfide planetarie interpellano ogni tradizione religiosa, ogni comunità, ogni organizzazione, ogni sistema di fede. L’emergenza ambientale, lo sviluppo sostenibile, la trasformazione digitale interrogano le religioni e queste rispondono, si mobilitano. La mobilitazione, a sua volta, influenza le dinamiche globali. Così il mondo e le religioni si cambiano reciprocamente in un processo che mette in gioco il passato e il futuro. Se l’umanità affronta uno scenario inedito, altrettanto accade per le religioni”.
(O) Mi piace questo approccio. Viviamo in un mondo interconnesso profondamente. Nulla accade senza che tutto il contesto venga influenzato; viviamo nel mondo delle relazioni personali molto di più che nel passato anche recente. Contano di più le convinzioni personali, anche contingenti, è il bello della società ‘liquida’ rispetto alle cristallizzazioni sociali, di classe, di nazione, di ideologie. Guerra o pace non è più l’unico grande problema, ha ragione Ventura a mettere la pace sullo stesso piano della sostenibilità ambientale e della trasformazione informatica, fino all’intelligenza artificiale.
(C) Ma secondo Ventura, per rispondere a questa chiamata, le religioni storiche, così come le nuove e le stesse convinzioni areligiose, devono superarsi. Lo scopo del libro, credo, non è tanto dimostrare questa tesi, ma documentare come la maggior parte di esse lo stia già facendo.
(A)“Perché la religione conti nelle tre dimensioni della pace, dello sviluppo e della programmazione, le religioni devono superarsi. Si mettono in discussione i confini tra loro perché è necessario che i credenti lavorino insieme per obbiettivi più grandi di ogni singola fede. Si mettono parimenti in discussione i confini tra religione e non-religione, perché è anche necessario che quanti si riconoscono in una fede, l’ 85% della popolazione mondiale, lavorino insieme con quanti non hanno una religione, ma altre convinzioni, altre spiritualità”.
(S) Da un lato mi sembra la solita bella utopia, luccicante ma evanescente; dall’altro, se guardo a Gaza e a Gerusalemme, o al Jihad o agli Uiguri in Cina, vedo una forte contraddizione a questo assunto.
(C) Aspetta a giudicare. L’ipotesi di Ventura è molto più alta.
(A) “Il super non si accontenta del religioso delle mappe, quello del Maghreb islamico e dell’America latina cristiana. Vuole superare ogni confine. La super-religione non è soltanto nel cristianesimo e nell’islam, ma anche nella religione del mercato, nella religione dei dati, nella religione dei social, nella religione dei diritti umani. La super-religione è in ogni uso della religione, anche in quell’uso che i credenti ritengono abusivo, anche in quello che mischia religione e non-religione al punto da non distinguerle più. Non sappiamo se la super-religione sia voluta da Dio oppure se sia inventata dall’uomo, o un po’ di tutt’e due. In ogni modo essa è in sintonia con questo tempo di obbiettivi globali, di azione globale, di paure e ambizioni globali. È super, la religione contemporanea, anche in questo senso, giacché è causa ed effetto di un’umanità che ha bisogno di più, in quantità e qualità di risorse, per fronteggiare l’emergenza climatica, la povertà, le ingiustizie. La super-religione è quindi la religione dell’ambiente, del pianeta, dello sviluppo sostenibile, dove, ancora, sono inscindibili da un lato il ridefinirsi delle religioni con il loro capitale morale e materiale in funzione della sostenibilità e dall’altro il contestuale ridefinirsi della sostenibilità come religione”.
“A loro volta i sociologi possono constatare tendenze corrispondenti. Franco Garelli attesta nel 2020 il «desiderio di una religione universale» nel 50% del campione di italiani su cui ha condotto la sua indagine”.
(S) Chiacchiere. Già facciamo fatica a capire la nostra! Figuriamoci se siamo capaci di adeguarci a ad una religione universale. Però quanto dici mi fa capire da dove arrivano sia le giuste aperture del Papa al dialogo con le elités culturali musulmane, ma anche le stranezze del sinodo sull’Amazzonia e le benedizioni delle ‘Pachamama’.
(O) Ventura ha una risposta anche a questa obiezione.
(A) “Nell’ottica dell’opposizione alla super-religione è presumibile che venga contrastato non soltanto il progetto, e dunque la prescrizione della super-religione, ma pure la mera descrizione, se si ritiene che anche soltanto parlarne ne faciliti l’avvento… Dal punto di vista dei credenti si può ritenere che la super-religione non minacci le identità, le tradizioni, le comunità, le teologie, i precetti e gli stili di vita, ma al contrario le rafforzi, secondo uno schema consolidato presso tanti sostenitori del dialogo ecumenico e interreligioso”.
“Il sostegno alla super-religione può poi avere una motivazione politica, in particolare tra gli attori governativi che non credono più nell’interlocuzione con una sola religione e che salutano nella super-religione la condizione per politiche pubbliche multi-religiose e inclusive. Infine la super-religione può essere sostenuta da chi ritiene che lo sviluppo sostenibile non potrà essere efficacemente costruito se esso non diventerà una religione e se le religioni non si fonderanno per la causa”.
(S) Che l’ambientalismo sia diventato una religione, lo sapevo già. Ma continuo a non essere d’accordo, si scambiano i mezzi con il fine. Il risultato è il panteismo, detto in termini astratt; la confusione delle menti in concreto. Non voglio competere con Costante, che ha letto tutto il libro, io solamente gli articoli del Corriere, mi pare di aver capito, però, che accanto alla tesi della necessità per le religioni di ‘superarsi’, che non è nemmeno un’idea nuova, ricordate la ‘ Dea Ragione’ della Rivoluzione francese, Ventura accentui la vicinanza tra religione e politica, fino ad indicare la necessità di superare il regime di separazione, ovviamente a beneficio della politica.
(O) Veramente la sua tesi è un po’ più sottile. Le religioni cambiano. Si scambiano contenuti e orizzonti interpretativi tra di loro e con le convinzioni culturali, tra le quali non ci sono solo le ‘vecchie’ ideologie politiche, ma crescono le logiche ‘nuove’ del mercato, dei social, dei big data, dell’intelligenza artificiale.
(C) Credo che se dovessimo rendere conto di tutte le tesi del libro, ne dovremmo scrivere un altro di pari dimensione. Mi prendo quindi la libertà di saltare molti passaggi ed argomentazioni anche suggestive, per arrivare al tema della libertà religiosa nell’attuale contesto politico.
(A) Mentre aumenta il valore strategico della libertà religiosa ne mutano i caratteri. Come in passato essa resta anzitutto libertà di aderire a un credo, a una tradizione, a una comunità – ovvero libertà di coscienza e di pensiero, di foro interno – e tuttavia, più che in passato, la libertà religiosa deve ora essere garantita come libertà di produrre effetti materiali – libertà di espressione, di foro esterno –, nel linguaggio dei giuristi, «libertà di manifestazione» della propria religione.
Nella prima dinamica si crea un ciclo di mobilitazione per la libertà religiosa e di allarme per la sua negazione. Nella seconda dinamica si producono da un lato l’espansione della libertà religiosa in quanto spinta dalla propria utilità in funzione dello sviluppo sostenibile, e dall’altro la sua relativizzazione per effetto della subordinazione della libertà stessa all’utilità dello sviluppo sostenibile.
Il valore della nuova libertà religiosa sta nella sua finalità: il salvataggio dell’umanità dall’emergenza ambientale e sanitaria, la lotta alla povertà, lo sviluppo sostenibile e la crescita globale. Se le fedi violente innescano il movimento delle armi spirituali per la pace, le fedi economiche complici del sottosviluppo innescano il movimento per una religione dello sviluppo. I credenti contemporanei devono dunque smentire coi fatti l’accusa che violenza e povertà siano colpa del loro Dio. Devono rendersi utili.
L’utilità della libertà religiosa è più importante della libertà religiosa stessa: nella libertà religiosa per lo sviluppo, viene prima lo sviluppo. Finisce così che nel tempo dell’alleanza globale per la libertà religiosa questa si trovi tanto più forte quanto più fragile, tanto più imposta ai governi quanto più esposta alla pretesa di questi che essa vada tutelata solo e soltanto in quanto utile allo scopo”.
(O) AH! Se questa è la tesi finale …
(C) Non c’è, mi pare, una tesi finale dell’autore. Non si pone come un riformatore religioso, un nuovo Martin Lutero. Prende atto degli sviluppi, forse inevitabili, del rapporto tra religione e potere. Formula la previsione fondata che le religioni, quasi tutte, si adegueranno alle necessità della storia e daranno il loro contributo positivo allo sviluppo, aiutando a renderlo sostenibile. C’è una suggestione finale, che voglio riferire, perché ha la forma di una domanda.
(A) Sta cambiando profondamente un mondo che ha tre volte bisogno della super-religione, per la pace, per lo sviluppo e per il futuro. Per ognuno dei tre bisogni siamo nelle mani di Dio. Dalla mano armata dipendono la guerra e la pace, dalla mano invisibile la povertà e la ricchezza, e dalla mano aperta il programma e la realtà.
Nell’agosto 2019 entra in funzione a Kyoto, nel pluricentenario tempio buddhista di Kodaiji, il primo androide cui i monaci affidano la recitazione del sutra del cuore. È passato quasi mezzo secolo da quando a Kyoto è nato Religions for Peace, l’esperimento interreligioso più ambizioso del secolo scorso. Nel nuovo esperimento di Kyoto il robot Mindar, asessuato, impersona la dea Kannon, incarnazione giapponese dell’Avalokitesvara, il Buddha compassionevole dalle mille mani. A differenza delle statue dei templi, Mindar Kannon può muoversi, parlare, registrare ciò che vede; a differenza dei monaci può sopravvivere e accrescere a dismisura il proprio sapere grazie all’intelligenza artificiale. Lo ha accolto così la comunità monastica; lo ha voluto così Ishiguro Hiroshi, l’ingegnere che lo ha creato con due braccia invece delle mille dell’Avalokitesvara, simile all’uomo eppure profondamente diverso. D’altronde, come la super-religione, l’androide dea Kannon deve superare l’esistente. Volto a parte, solo le sue mani in silicone alabastro sono antropomorfe. I fedeli non possono toccarle. Mindar le allarga, poi le avvicina, le unisce. Siamo nelle mani di Dio.
(C) Spero di non avervi scandalizzati, cari Sebastiano e Onirio, e nemmeno annoiati o confusi, nonostante la difficoltà di riferire, anche solo parzialmente le tesi del prof. Ventura, che alla maggior parte dei già pochi lettori di Apologie Paradossali saranno sembrate astruse. Di mio personale vorrei aggiungere una sola considerazione: la religione oggetto dei suoi studi e la superreligione oggetto dei suoi desideri è una religione dell’immanenza: un significato della realtà che, conosciuto e rispettato, farà andare meglio il mondo. Io credo invece di poter desiderare solo una religione della trascendenza: che Dio sia un TU, ben diverso da me e dai miei scopi, ma disponibile a mettersi in rapporto con me, proprio con me, proprio in questo mondo, proprio in questo tempo.
(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti (A) l’Autore
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