Lontano il tempo durante il quale avrei potuto cantare “Ho scritto t’amo sulla sabbia”, ho provveduto a scrivere col pennarello “ Pino ”, in caratteri cubitali, sulla fodera interna della porta d’ingresso di casa mia. Non ho deciso di diventare gay. Mi avevano consigliato di provare a cambiare “ sponda” con una cura di tisane, da sorseggiare tutte le sere. Ho anche voluto provare con tisane di finocchio, senza successo.
“Pino” è il modello: irraggiungibile, ineguagliabile, perfetto, sublime. Per cosa?
Seduto su una panchina ai giardinetti, anche se di cantieri il Sindaco di Varese ne tiene aperti molti, vedevo passare davanti agli occhi scimmie ingobbite con tra le mani cellulari tenuti poco distanti dall’ombelico, col capo chino, la traiettoria incerta, l’appoggio del piede precario. È anche vero che camminare a testa alta e marciare con la schiena dritta è passato di moda, anche politicamente, da un pezzo, tuttavia il problema sanitario conseguente al procedere da scimmia ingobbita è grave e sottovalutato, così come stare seduti, sempre ingobbiti, davanti al pc, litigando magari sui social, o meglio, a-social.
Giuseppe “Pino” Dordoni è stato campione olimpico dei 50 km di marcia a Helsinki nel 1952. Nato nel periodo fascista, nel 1926 a Piacenza, fascistissimo quanto ironico e cordiale, lo conobbi in veste di tecnico nazionale della marcia italiana. Non parlava mai di politica ma noi mezzofondisti azzurri, aggregati ai marciatori nei raduni di allenamento (tra questi Abdon Pamich e Vittorio Visini), sapevamo della sua adesione alla RSI e della detenzione dopo il 1944, con Ezra Pound, Walter Chiari, Raimondo Vianello, Enrico Maria Salerno. La sua marcia era perfetta; filmata e studiata da tecnici di tutto il mondo sportivo fu la più bella tecnica di marcia mai più vista per decenni. Fu Pino Dordoni l’iniziatore di una scuola tutta italiana che vide poi nascere i Damilano, Brugnetti, ed oggi Schwazer.
Esco di casa, leggo “Pino” sulla porta e solo allora mi rimetto dritto, testa alta, sguardo verso il primo piano e m’incammino a passi lunghi, le spalle “scese” e “aperte”, mai contratte, come quando si tengono le mani in tasca. Quando rientro in casa, dopo salutari camminate “Simil Dordoniane”, mi ritrovo comunque sempre radicale, politicamente parlando. “Su bel drizz” ci suggerivano i nostri vecchi che di marce ne avevano fatte, come Balilla, o peggio, in guerra.
La postura errata è la causa principe di moltissimi guai scheletrici e muscolari. La postura condiziona l’equilibrio statico e dinamico del nostro corpo causando, se non corretta, patologie dolorose e invalidanti. La testa è l’organo più pesante: tenere il capo chino in avanti comporta uno spostamento del baricentro che obbliga la muscolatura lombare, non solo quella, ad uno stato di tensione continua, provocando anche cefalee. Testa alta e schiena dritta si dovrebbero mantenere a maggior ragione litigando dentro gli asocial, davanti al pc, seduti.
Ci aspettano generazioni di anziani che deambulano con il bastone, distrutti?
Quindi, in sintesi: scrivete Pino sulla porta.
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