In un precedente numero di RMFonline avevo iniziato un breve racconto su Adriano Olivetti. La narrazione continua e riparte dalla crescita di Ivrea. Quando si pose il problema della costruzione di altri stabilimenti la scelta fu controcorrente, infatti volle portare la fabbrica là dove l’industria aveva latitato utilizzando la forza lavoro dei locali e nacque lo stabilimento di Pozzuoli. Qui finì per gli operai la precarietà, la busta paga settimanale diventò una gioiosa realtà così come l’assistenza per i bambini delle lavoratrici e gli operai resero merito a Olivetti con risultati di produzione quantitativa e qualitativa superiori a quelli di Ivrea. Giusto per ricordare, nel porsi il problema del benessere sociale, alle madri lavoratrici (primo in Italia) concesse nove mesi di assistenza con retribuzione invariata; solo cinquant’anni dopo, diventarono cinque e a paga ridotta. Gli asili furono aperti vicino alla fabbrica e tutti gli altri servizi sociali furono forniti molto prima delle richieste sindacali. Scelte che rimasero senza emulazione nel mondo industriale di allora (e anche di oggi). Libertà in fabbrica, assistenza sociale ai dipendenti, case a riscatto, accoglienza di esuli da altre Aziende, servirono per evitare i conflitti derivanti dal binomio capitale-lavoro. Gli altri imprenditori considerarono Olivetti una scheggia impazzita perché metteva in discussione il loro operato. Non lo fecero per un problema di etica aziendale, un valore ancora oggi ampiamente disatteso e sconosciuto, ma perché i privilegi di cui godettero i dipendenti delle iniziative olivettiane avrebbe potuto acuire il conflitto capitale-lavoro (detto per inciso, i giovani non capiscono, non discutono delle differenze, del dualismo esistente tra questi capisaldi che nelle anche nelle realtà medio-piccole tendono a convergere e poi a elidersi). Prima del “fatto elettronico”, ci fu un una sovrapproduzione a seguito dell’introduzione delle nuove tecnologie per le apparecchiature di ufficio. Adriano Olivetti ebbe un’altra notevole intuizione: non chiuse le fabbriche, come alcuni fecero, ma sviluppò le Filiali commerciali e il numero dei Concessionari. Preparò i venditori in un contesto di accoglienza sobria tra natura ed arte: disse sempre che le persone dovevano vivere a contatto con il bello perché solo così avrebbero dato il meglio di sé e tra le materie d’insegnamento fece inserire l’educazione civica, la letteratura, la storia dell’arte. Nel tempo avrebbe contato su professionisti provenienti dalle più disparate realtà ma accomunati da una nuova dignità professionale. Persino nella selezione dei collaboratori dedicava notevole attenzione, aiutandosi con la grafologia, valutando il portamento. Noto il caso di un laureato in Storia dell’Arte Medioevale assunto per la direzione di una Filiale commerciale.
Diventò per acclamazione Sindaco di Ivrea e nel 1958 partecipò alle Elezioni Politiche da solo. Sognò una Società socialista e cercò di proteggere il mondo del lavoro sia dallo strapotere del denaro e della finanza, (anzi dallo stravolgimento per cui il lavoro esiste per la finanza e non la finanza per il lavoro), sia dallo strapotere di uno Stato monolitico distante dalla vita reale delle persone. D’altronde lo Stato lontano dai cittadini e la rappresentanza Parlamentare che ha rischiato sempre più di distaccarsi dai rappresentati, sono problemi ancora aperti. Una sua strada difficile ed un impegno politico di comunità che non trovò terreno fertile nel nostro Paese e si concluse negativamente. Stravinse nel suo territorio e ottenne due seggi in parlamento. Ma i suoi obiettivi federalisti con l’occhio all’Europa, l’avversione al compromesso, la condanna della corruzione imperante gli crearono il vuoto intorno. Va anche ricordata la determinazione del suo voto per la nascita del primo governo di centro sinistra, il Governo Fanfani. Su suggerimento di Enrico Fermi, l’Università di Pisa avviò un progetto per la realizzazione di un elaboratore scientifico, Adriano si associò e creò nel 1955 un centro autonomo. Da quel progetto nacque l’elaboratore Elea. Fu il primo elaboratore transistorizzato messo sul mercato. Nel 1963 ci fu una crisi finanziaria in seguito alla quale la Olivetti dovette ricorrere a finanziatori esterni tra cui Fiat, Pirelli e grandi banche. Pensiamo che gli imprenditori del tempo non aspettassero che questo al fine di mettere mano ad una situazione oggettivamente innovativa soprattutto per loro. Si ricorda che Valletta disse: “Olivetti è un’azienda solida ma con un neo che va estirpato, l’informatica”.
Grazie alla miopia della classe imprenditoriale che prese quella decisione, all’indifferenza della classe politica per un progetto altamente strategico, all’inerzia del sistema bancario ed al mutismo dei media, nel 1964 la struttura venne ceduta alla General Electric (quattro anni dopo la morte di Adriano). Con la svendita della divisione elettronica finì il sogno della grande elettronica marchiata Olivetti. Ci rimane un grande dispiacere, da buon profeta aveva indicato una via in allora non seguita. Poi il tempo dimostrò quanto valide fossero le sue intuizioni e le sue strategie.
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