Gentile, disponibile, collaborativo, pronto a dare una mano a chi gliela chiedeva. Difficile che Carlo Alessandro Pisoni ti deludesse. Se poteva ti procurava il documento che ti serviva, la testimonianza di cui avevi bisogno. Cercavo la prova, per un certo lavoro in preparazione, che la Valceresio fosse anticamente ricoperta di vigne e che producesse buon vino. Mi rivolsi a lui e tirò fuori dal cilindro, cioè dall’inesauribile archivio di famiglia, la lettera che il 28 settembre 1560 Carlo (non ancora santo) scrisse a Guido Borromeo, suo agente a Milano, pubblicata dal padre Pier Giacomo negli Studia Borromaica IV, 1990, Documenti carliani nell’archivio Borromeo all’Isola Bella.
Il documento prova che Carlo Borromeo, segretario di stato a corte di Pio IV, suo zio, si faceva mandare il vino dal castello di famiglia a Induno: “Con questa lettera haverete la patente per li vini che si hanno da condurre da Milano a Roma. Et perché si è dato ordine a messer Battista Pasqua a Genova di quanto haverà da fare per mandarli ben conditionati per mare, non mancherete di usare ogni diligentia acciò che detti vini siano condotti da Milano a Genova illesi et intatti et presto, come son certo che farete. Questa patente si manda perché li vini passino esenti sotto nome di Sua Santità. Il Papa desidera haver anche una botta di vino de Fraschirolo”.
Per Carlo Alessandro Pisoni, vittima del virus killer a soli 58 anni, non esisteva quella sorta di antagonismo diffidente, spesso rivestito di gelosia per le proprie fonti, che talvolta caratterizza gli studiosi di storia. Metteva volentieri la propria “ricchezza” a disposizione degli altri. Laureato in ingegneria, sposato e padre due figlie, abitava a Germignaga in una villetta di cui aveva adattato il pianoterra a labirintica biblioteca. Dal 1991 al 2016 era stato conservatore dell’archivio dei principi Borromeo-Arese all’Isola Bella raccogliendo l’eredità del padre Pier Giacomo, autore di pregevoli studi storici. Nel 2001 aveva fondato il Magazzeno Storico Verbanese (www.verbanensia.org), una specie di enciclopedia online di studi e ricerche storiche sul lago.
Il Magazzeno ha cento soci, un database di 40 mila schede e sviluppa oltre tre milioni di contatti l’anno. Pubblica libri di storia del lago Maggiore e del ducato di Milano, organizza conferenze e convegni (qualche titolo del passato: i giardini verbanesi, la zecca di Maccagno, la monetazione nel ‘600, i fenomeni devozionali delle Vie Crucis in Piemonte, Lombardia e nel Canton Ticino). Carlo Alessandro, autore di decine di articoli e di una ventina di libri, ha curato il Liber Tabuli, libro-mastro di cassa della tesoreria milanese nel 1427, l’edizione delle pergamene borromaiche dell’abbazia dei SS Felino e Gratiniano ad Arona in collaborazione con P. Margaroli e il commento archivistico alle carte del cardinal Federico all’Isola Bella.
Carlo Borromeo è tra i personaggi cui ha dedicato particolari studi. Nel 2010 organizzò il convegno internazionale “L’opera riformatrice di san Carlo tra centro e periferia della diocesi di Milano” che si tenne a Milano e ad Angera in collaborazione con l’archivio storico diocesano, il vicariato per la cultura dell’arcidiocesi, la famiglia Borromeo-Arese e le amministrazioni regionali piemontese, lombarda e del Canton Ticino. Fu un’approfondita sessione di studi da cui emerse che, quand’era arcivescovo a Milano, Carlo Borromeo gestiva il patrimonio edilizio col piglio del moderno amministratore, attento ai conti, all’ambiente e alla qualità tecnologica dei materiali.
Laureato in utroque jure, diritto canonico e civile, il Borromeo pensava che l’autorevolezza della Chiesa richiedesse solidi principi giuridici ed economici e fu uno rigoroso committente di opere. Chiedeva ai suoi architetti i rilievi in scala, pretendeva che prima di iniziare i lavori ci fosse la copertura finanziaria, era attento alla distanza di sicurezza dai corsi d’acqua e alle opere di canalizzazione contro le “piene” di fiumi e torrenti. “L’opera di san Carlo è ancora attualissima – commentava Pisoni – Fu un pastore d’anime duro e intransigente, capace di provocare forti polemiche ma le riforme che introdusse incisero profondamente sulla cultura e l’edilizia diocesana”.
Figlio d’arte, si diceva. Non si può non riconoscere in Carlo Alessandro il segno della passione per il lago che già caratterizzò il padre Pier Giacomo, cofondatore nel 1979 della rivista Verbanus (organo ufficiale della Società dei Verbanisti) insieme all’editore Carlo Alberti di Intra, Franco Vercellotti, don Claudio Mariani e Pierangelo Frigerio. Proprio con Frigerio e Alessandro Mazza propose all’editore Alberti, nel 1975, di ripubblicare Verbani Lacus del Macaneo. Non una semplice ristampa anastatica, ma un’opera tradotta dal latino che metteva insieme i testi dell’antica Corografia, la revisione del Cotta e le osservazioni del Molli da un raro manoscritto conservato nella biblioteca Marazza a Borgomanero.
Il volume vinse il Premio Lago Maggiore, istituto un paio d’anni prima per iniziativa anche di Piero Chiara. A proposito del padre Pier Giacomo, scomparso nel 1991, Carlo Alessandro Pisoni ricordava un simpatico episodio che si svolse in occasione della visita di papa Woytila al Sacro Monte di Varese e al colosso di Arona nel 1984. “Mio padre organizzò su richiesta della principessa Bona Borromeo una mostra sul santo nella Rocca di Angera. Egli sperava che il pontefice trovasse il tempo per visitarla, ma non fu possibile. Furono eccezionalmente esposti documenti, libri, lettere, quadri, medaglie e per la prima volta gli abiti cardinalizi di san Carlo”.
“Quando, alla presenza del vicario vescovile di Novara, i bauli sigillati all’Isola Bella furono spiombati, si dovette trovare il modo di acconciare sul manichino la cappa del santo ed essendo l’unica persona tanto esile da poterlo fare, mio padre provò a indossarla per prendere le misure. Papà era alto 1,75 e dovette salire su uno sgabello per indossare il mantello perché il Borromeo aveva una statura imponente, era alto più di un metro e ottanta ed era di una straordinaria magrezza. A ricordo di quel giorno, e di quel défilé, la principessa Bona donò alla mia famiglia alcuni fili dell’imbottitura di un giustacuore del santo, una reliquia che ci è molto cara”.
Stregati dal fascino dal lago Maggiore. Accade a molti. È una magia che accomuna Carlo Alessandro e Pier Giacomo Pisoni a grandi personaggi come Alessandro Manzoni e l’abate Antonio Rosmini, il pittore Bernardino Luini e il poeta Vittorio Sereni, il cantante Beniamino Gigli e il direttore d’orchestra Arturo Toscanini, l’illustratore garibaldino Quinto Cenni e la benefattrice Laura Solera Mantegazza, il letterato Ruggero Bonghi e l’industriale Ezio Granelli che donò il padiglione di clinica medica all’ospedale Maggiore di Milano e fu presidente dell’ospedale di Luino. Padre e figlio Pisoni sono ora nel famedio di chi ha il Verbano nel cuore.
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